Sostenibilità

no problemIn motorino a caccia di gitanti maleducati

di Redazione

All’inizio, dell’Oasi dell’Angitola, non c’erano che un decreto e una cartina. Per il resto nulla, né cartelli, né sorveglianza, niente, e gli unici, assidui “visitatori”, più che un’Oasi di protezione della fauna, continuavano a considerarla una riserva di caccia. Del resto, che ci siano leggi più importanti di altre, lo capii perfettamente quella domenica di settembre dell’82 quando il tutore dell’ordine, “disturbato” in caserma per l’ennesima segnalazione di brutti ceffi armati sulle rive del lago, mi invitò a sbrigarmela da solo.
Già, gli uccelli: erano loro l’oggetto della mia stravagante passione, da chiarire ogni volta agli automobilisti di passaggio che, incuriositi per quella strana dotazione di binocolone russo da un chilo e mezzo, di fronte alle macchie di moriglioni e morette che popolavano il lago, mi chiedevano il motivo di tanto estetico interesse, abituati com’erano a vedere in circolazione ben altri strumenti, misurabili in calibri piuttosto che in ingrandimenti. Per anni, nei giorni immediatamente precedenti la Pasquetta, ho improvvisato danze della pioggia e rivolto preghiere a Giove Pluvio perché scatenasse le cateratte del cielo, per non essere costretto, in caso di bel tempo, ad inseguire conil mio indistruttibile motorino le famiglie di gitanti pronte a disperdersi per rive e boschi, invitandole a non lasciare i ricordi indelebili delle loro rinomate abbuffate.
Ed era già un successo passare a ritirare i sacchi neri della spazzatura, colmi all’inverosimile e persino recuperare le bottiglie vuote infilate tra i rami, per non parlare dei più educati che, per decoro, occultavano piatti, bottiglie e lattine tra le siepi o appendevano i sacchetti ai rami. Davvero un segno di civiltà rispetto a chi, invece, abbandonava tutto direttamente sull’erba. Quando si dice che, piano piano, la gente progredisce. Adesso per andare all’Oasi non uso più il motorino eppure, tra un gruppo di scolaretti e un altro, mi concedo una sosta sotto il vecchio salice e aspetto, immobile, che un’altra biscia mi scivoli tranquilla tra i piedi o che una donnola, balzellando, mi salti quasi addosso, mentre una coppia di svassi innamorati rinnova sull’acqua la magia dell’Angitola. Allora, è come se trent’anni non fossero mai passati.


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