Neurodivergenze

No, non è stato decifrato il codice genetico dell’autismo

Nei giorni scorsi si è parlato di una scoperta rivoluzionaria, che avrebbe portato a identificare i geni legati allo spettro autistico. La realtà, tuttavia, è diversa. Informazioni di questo tipo possono fuorviare e illudere le famiglie, che si aspettano molto dalla ricerca

di Veronica Rossi

Negli scorsi giorni è circolata una notizia secondo la quale sarebbe stato decifrato il codice genetico dell’autismo; un gruppo di lavoro guidato da Gustavo Rohde, professore di ingegneria presso l’università della Virginia, ci sarebbe riuscita grazie all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Ma è davvero così? «Si tratta di un paper sicuramente importante, pubblicato su Science, una rivista prestigiosa da ricercatori di altissimo profilo», dice Luigi Mazzone, direttore della Scuola di Specializzazione in Neuropsichiatria Infantile dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e della Uosd di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico Tor Vergata, «ma i toni sensazionalistici che sono stati utilizzati sono assolutamente fuorvianti. L’autismo è una condizione molto eterogenea: non si può trattare come se fosse monogenica». Del resto, decifrare il “codice genetico dell’autismo” non era nemmeno lo scopo della ricerca, che mirava invece a identificare specifiche mutazioni associandole a tecniche di imaging cerebrale. La vera svolta sta nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale per analizzare un’enorme quantità di dati.

Tra l’altro le mutazioni analizzate sono presenti solo in una frazione delle persone autistiche (circa il 20%) e chi le ha tra i propri geni non è sempre autistico. Anzi, più frequentemente non lo è. «Da parte della stampa bisogna avere coscienza e contezza degli argomenti trattati», continua l’esperto, «perché mettere un titolo solo per attirare l’attenzione, sulla pelle di tante persone che ci sperano veramente, è mistificatorio».

Sono tanti, infatti, i genitori che ci hanno creduto. «Ho ricevuto messaggi da famiglie che credevano che ci fosse stata una svolta epocale», confida Mazzone. Dello stesso parere del neuropsichiatra di Tor Vergata anche Anffas, che scrive in una nota per dire che «Anffas accoglie con favore lo studio che evidenzia una sempre più crescente attenzione, a livello internazionale, verso l’autismo e verso l’importanza della diagnosi precoce, anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie, come l’intelligenza artificiale. Tuttavia, non possiamo non condividere le perplessità da molti esternate sull’argomento poiché le notizie riportate sembrano eccessivamente ottimistiche in mancanza di un reale approfondimento su tale nuovo approccio: riteniamo quindi necessaria prudenza e una attenta analisi soprattutto per evitare di creare false aspettative nelle famiglie e diffondere informazioni non complete».

Il rispetto delle persone e dei loro parenti, dovrebbe essere di primaria importanza su temi così delicati. «I genitori di bambini, ragazzi e adulti autistici con alto bisogno assistenziale nutrono molte aspettative nei confronti della scienza», afferma Cristiana Mazzoni, presidente del Forum italiano diritti autismo – Fida, «sul fatto che ci possa essere una soluzione ai problemi con cui si scontrano nel quotidiano. Il fatto è che l’informazione sull’autismo è ancora troppo variegata e poco puntuale. Il problema di questi articoli è che rischiano di essere illusori perché raccontano solo una minima parte della realtà e rischiano di essere degli specchietti per le allodole». I familiari chiedono di porre di più l’accento sulla cause epigenetiche – cioè legate al rapporto tra genetica e ambiente – dell’autismo. «In tutti i Paesi industrializzati, dalla Cina agli Stati Uniti, c’è una crescita esponenziale delle persone con autismo», dice Elena Bulfone, presidente della fondazione Progetto Autismo, «probabilmente bisogna fare un ragionamento sul cambiamento degli stili di vita e sullo sfruttamento del Pianeta».

Immagine in apertura da Unsplash

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