Non profit

No global o new global?

Un lettore che non condivide la distinzione tra no global e new global

di Riccardo Bonacina

Caro Bonacina, vorrei innazitutto congratularmi con lei per per la qualità e il livello informativo ed editoriale espresso da Vita. Ho conosciuto la testata lo scorso anno e visto il mio interesse per il Terzo settore devo molto al vostro lavoro in termini di aggiornamento e approfondimento delle varie tematiche. Detto questo, vorrei muovere un appunto in riferimento all?editoriale relativo agli intenti del nuovo progetto editoriale: «…vogliamo essere la testata di quel popolo che è stato definito dei new global, che supera cioè i paletti ideologici dei no global. Vita, infatti, vuole essere un giornale plurale, in cui tanti, venendo da strade diverse, possono riconoscersi, incontrarsi, trovare interessi comuni lontani da ogni pregiudizio ideologico e aperti a qualunque esperienza culturale». Faccio parte, come individuo, di quell?area che ha portato una moltitudine di persone a Genova e che crede che un altro mondo sia non solo possibile ma necessario. L?etichetta no global è un?invenzione giornalistica che ho sempre respinto. La globalizzazione è un fatto ineluttabile e incontrovertibile. Negarlo sarebbe da scemi del villaggio globale… e qualcuno ne sarebbe più che contento. Il fatto è che questo è perfettamente chiaro a tutti gli appartenenti al movimento da Lilliput agli anarchici (quelli veri!). Purtroppo dopo Genova il tema, a livello mediatico, è stato enfatizzato come aspetto riguardante l?ordine pubblico. Il silenzio è calato sui contenuti e sui disastri di una certa conduzione dell?economia. Questo ha prodotto l?uscita di alcune organizzazioni, forse più preoccupate di non apparire al fianco di presunti teppisti che di aprire un confronto serio sulla legittima differenza di posizioni. La vostra iniziativa di fare di Vita un giornale plurale è lodevole. Si dice che la diversità sia ricchezza, è vero. Ma se vogliamo che questo non rimanga uno slogan, occorre essere in grado di misurarsi con tutto ciò che deriva dalla differenza, cioè le discussioni non sempre idilliache. Per queste ragioni trovo l?idea di distinguere new global da no global non in linea con quanto da voi auspicato. Sono stati i contenuti, i bisogni condivisi dal basso e non le etichette a portare la gente a Genova e a Porto Alegre. Complimenti per il suo lavoro.
Stefano Baffetti (email)

Caro Stefano, gli slogan e le semplificazioni giornalistiche hanno mille limiti però, spesso, aiutano a rendere l?idea che si ha in testa. Lanciando lo slogan del ?settimanale new global? intendavamo esattamente trasmettere l?idea di un giornale plurale, capace di parlare a tutti coloro che sono in movimento per la costruzione di un mondo diverso e di rappresentarne le molteplici e diverse ragioni. Anche, come dici tu, negli aspetti e nelle discussioni meno ?idilliache?. Non intendiamo proporre uno slogan, new global, in opposizione a un altro, no global. Ma proporre un punto di vista più aperto, meno da scemi del villaggio globale, come hai scritto, partecipabile anche da chi, e per fortuna sono la stragrande maggioranza, giudica una pazzia la confluenza politica in un partito, si chiami Rifondazione o altro. Insomma, nella nostra testa new global indicava un di più di ragioni e di percorsi.

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