Non profit

No global e informazione: intervista a Giulietto Chiesa

Raccolta da Mario Pesce dell'Arci di Genova, Giulietto Chiesa: "Qualunque futura manifestazione di massa sarà caratterizzata da un 'estesa diffusione di strumenti di comunicazione"

di Mario Pesce

D: Il G8 è stato un momento di “shock informativo” per molti. Non solo attraverso i canali tradizionali (televisioni e giornali) venivano diffuse notizie che riguardavano le manifestazioni e gli scontri, ma erano anche investiti da una massa di comunicazioni che provenivano da molteplici canali. Le “giornate di Genova” hanno visto un utilizzo massiccio di strumenti quali macchine fotografiche, videocamere, ma anche cellulari usati per registrare, documentare, comunicare, trasmettere. Questo è stato alla base del successivo proliferare di pubblicazioni, video, mostre, testimonianze. Ritieni che uno scenario simile costituisca un episodio isolato, o sia indice di una tendenza che andrà a crescere nel tempo? Chiesa: Come dico anche nel mio libro, si tratta certamente di un’evoluzione inesorabile, che caratterizzerà sempre più le prossime grandi manifestazioni. Anzi, una manifestazione con le caratteristiche di quella che c’è stata durante i giorni del G8 a Genova sarebbe stata impossibile se non ci fosse stato un uso delle ICT (Information and Communication Tecnologies) così diffuso. Oramai le attrezzature che siamo abituati a collegare alla produzione di comunicazione e documentazione (macchine fotografiche, videocamere etc) sono diventate un gadget a disposizione di chiunque. Qualunque futura manifestazione di massa sarà caratterizzata da un ‘estesa diffusione di strumenti di comunicazione e sarà sempre più difficile, o impossibile, che accadano eventi che non vengano in qualche modo captati. Questo d’altra parte non significa che sarà più facile arrivare ad una ricostruzione degli eventi, che presuppone sempre un qualche lavoro d’ indagine, di interpretazione dei dati. Possiamo immaginare gruppi di persone che si attrezzano per la raccolta dell’informazione, ma questo dovrebbe far parte di una più vasta iniziativa democratica: tutto il movimento democratico si deve attrezzare per raccogliere la propria memoria. Siamo investiti da una valanga di informazione e diventa sempre più importante dotarsi degli strumenti per gestirla. D: Di fronte a questa, come tu la definisci, “valanga” che criteri di valutazione può darsi un “consumatore dell’informazione”? Chiesa: Non può esserci un criterio generale, o meglio ce n’è solo uno generalissimo. Tutto dipende alla fine dal livello critico del “consumatore” , come lo chiami tu con un’espressione che non mi piace ma che è in un certo senso corretta, perché anche l’informazione viene vista come mercato, parte del mercato. In passato era tutto più delimitato e chiaro, le informazioni erano poche e provenivano da poche sorgenti distinguibili e identificabili. Ora ci muoviamo invece immersi in un rumore di fondo continuo che sarebbe più giusto definire frastuono, che impedisce di isolare le notizie. E l’ unico modo per difendersi è avere, costruirsi un elevato senso critico, una autonoma capacità di selezione. È una situazione nuova: dovremmo pensare ad una sorta di organizzazione del controllo democratico dell’informazione. L’individuo da solo non ce la fa. Ha bisogno di essere alfabetizzato sulla comunicazione moderna, e questo è un elemento fondante della democrazia altrimenti avremo milioni di persone che sono incapaci di difendersi. Insegnare l’ABC della comunicazione renderà le persone in grado di SMONTARE LA MACCHINA: nel nostro mondo, nel nostro sistema non è possibile una democrazia se non si è in grado di conoscere, “guidare” la televisione come si fa con una qualunque automobile. Quello che voglio dire è che la società del futuro o sarà composta di persone che sanno leggere la televisione e gli altri strumenti di comunicazione o sarà una democrazia apparente, che arretra. D: In questo “frastuono di fondo” sta anche l’utilizzo che viene fatto di notizie usate per coprirne altre? Voglio dire: il modo solito per difendersi dalle notizie indesiderate era quello di soffocarle: ora sembra invece che si ritenga sempre più efficace sfruttare il “rumore”. Viene da ricordare il caso, ormai un archetipo, di Coppi e Togliatti. Chiesa: Infatti è un caso classico. questo metodo si è sempre utilizzato, semmai adesso sta diventando sempre più un sistema, una norma. Tanto più pericoloso in un momento in cui pochissime persone premendo un solo tasto possono modificare il comportamento di milioni di persone, trasmettere emozioni. Vi sono film che rappresentano molto bene questo meccanismo, penso per esempio alla “Seconda Guerra Civile Americana”, a “Sesso e Potere”. le persone rischiano di essere trascinate su un’onda emotiva che non sono più in grado di comprendere. Ma anche gli stessi operatori dell’informazione non sono immuni da questo, spesso sono loro per primi incapaci di selezionare la notizia. Si generano feedback che portano al paradosso per il quale i manipolatori sono i primi ad essere manipolati. Pensiamo ad esempio all’immagine di Eltsin sul carro armato, durante il tentativo di colpo di stato a Mosca. Era niente, un episodio che non esisteva, di fronte ad un pubblico che non esisteva. Ma tutto il mondo, compreso il presidente degli Stati Uniti, l’Europa etc. creò e credette in quest’immagine di Eltsin come “l’uomo, l’eroe che era salito sul carro armato”. D: Durante un tuo intervento a Genova hai parlato di controllo democratico dell’informazione distinto dalla controinformazione. Infatti c’è una grande differenza. La controinformazione occupa quegli spazi marginali che vengono ancora tenuti liberi, costituisce la via d’uscita perl’espressione della minoranza. Ha però il difetto di finire per toccare, riguardare soltanto la minoranza stessa. Si creano delle nicchie, specialistiche, settoriali senza andare a toccare la massa delle persone comunque dipendenti dall’informazione “ufficiale”. Un vero controllo democratico non può limitarsi alla controinformazione. Deve essere attuato, riguardare tutti i media. E deve organizzarsi, non può nascere spontaneamente, in momenti particolari. Deve essere il movimento democratico nel suo insieme a organizzarsi per agire sui media generalisti, e non solo per produrre la “sua” informazione, sui “suoi” organi d’ informazione, per il “suo” pubblico. Il controllo dovrebbe essere innanzitutto analitico dell’informazione offerta, e in secondo luogo farsi proposta-protesta. Facciamo l’esempio di una recente trasmissione di Porta a Porta: quel farabutto di Bruno Vespa ha portato una persona che parlava di pace, Jovanotti, in mezzo a sei esponenti del “partito della guerra” insieme ai quali c’era certamente anche lui stesso. Si è creata una trasmissione televisiva in cui l’unico sostenitore di una posizione diversa da quella del governo veniva attirato in una trappola, pura e semplice. Se ci fosse stata una organizzazione per il controllo democratico dell’informazione sarebbe nata una protesta in tutte le città d’Italia, assieme alla richiesta di RIFARE LA TRASMISSIONE. Io penso a comunicati, volantini che esprimessero: “chiediamo di avere un’altra trasmissione, con un contraddittorio REALE”. è difficile, ma non impossibile, se questo viene ritenuto un elemento fondamentale, se diventa un bisogno diffuso. Questa organizzazione diventerebbe, come dire, l’ equivalente delle vecchie sezioni di partito, dove ci si vedeva per commentare e discutere delle notizie pubblicate sui giornali. Ma è importante che questo controllo venga attuato con l’apporto di un centro che coordini, che organizzi le forme di pressione sulle redazioni, portando manifestazioni sotto le sedi delle redazioni stesse, per esempio. Il tutto in nome di quel diritto all’autodifesa collettiva che deve essere esercitato soprattutto nei riguardi dell’informazione, perché vi sono cose che hanno comunque e sempre una rilevanza, un’influenza PUBBLICA ed è per questo che la conoscenza non può essere vista come una merce privatizzabile, non può essere proprietà privata. D: Quale potrebbe essere la “forma” di questo “centro di controllo democratico”? Esistono all’estero esperienze simili, associazioni o ONG che operano con questo obiettivo? Chiesa: Penso che la forma che potrebbe assumere è appunto quella di una ONG. Non sarebbe certo un esempio isolato, nel mondo vi sono molte altre esperienze del genere. Proprio negli Stati Uniti vi sono organizzazioni molto attive, ad esempio sul controllo delle trasmissioni sui bambini. Ma l’impegno di tutte queste iniziative è settoriale, nessuno appare affrontare il problema, il vero problema centrale: la comunicazione in sé è il punto focale per la società moderna, per la democrazia, per il potere. Tutto questo non può essere affrontato e gestito da un gruppo o da un altro singolarmente. I singoli (individui o collettivi) possono fare certamente controinformazione, ma sono condannati a rimanere marginali. Io penso che su questo tema vi possano essere larghissime possibilità di alleanze. Penso alle associazioni di consumatori, che non si occupano del consumo televisivo. Il “consumatore” televisivo in sé non è tutelato. Il Forum ad esempio potrebbe darsi uno strumento di pressione, che potrebbe contribuire a cambiare il clima del paese, e diventare anche molto fastidioso, perché al momento non esiste alcuna sorveglianza sul prodotto dei media generalisti, non sono mai stati davvero toccati. Potrebbero anche crearsi nuove associazioni di consumatori. La sinistra in questo campo ha dimostrato la sua pochezza, quando ha avuto gli strumenti in mano ha mostrato di usarli peggio di come aveva fatto ai suoi tempi la DC. È un percorso, per questa sinistra, totalmente da fare, e urgentemente. Anche perché io vedo, durante gli incontri che ho in giro per l’Italia, che c’è comprensione di questo problema: la gente ha capito ma non ha gli strumenti per agire. D: L’ultima domanda è quella che non si può non fare. i tuoi prossimi impegni? Tornerai anche a Genova? Chiesa: Ho ricevuto alcune richieste di partecipazione a iniziative, anche per venire a Genova. ma tutto gennaio sarò impegnato a scrivere un nuovo libro e a febbraio sarò a Porto Alegre. Ho ricevuto molti inviti dal Sud, e di questo sono molto contento: finora ho partecipato a iniziative svoltesi soltanto nel centronord e mi sembra un segnale molto positivo dell’interesse che sta nascendo, soprattutto in realtà come i social forum che stanno nascendo un po’ dappertutto (quello di Caserta per dirne uno), realtà nelle quali troviamo organizzazioni cattoliche, RC, pezzi di DS, associazioni che lavorano nel sociale. Indizi, vedo, di una non corrispondenza di questo ceto politico al paese reale: c’è tutta una parte del paese che non ha MANGIATO LA FOGLIA ma che non ha strumenti per agire, e che occorre rendere visibile. E qui ritorniamo quindi al tema dell’informazione e della conoscenza, al feedback tra notizia e “consumatore”. quella che ci viene presentata è un’ immagine falsa e falsata del paese. Ulteriori informazioni: Arci Genova


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