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No global: da Seattle a Calgary, com’è cambiato il movimento

In Canada non cortei di non piu' di 2.000 persone che hanno evitato confronti con la polizia. "Piccolo è bello" dicono gli attivisti

di Paul Ricard

A Seattle nel 1999 erano piu’ di 50 mila, a Genova lo scorso anno erano quattro volte tanto. Poi e’ morto Carlo Giuliani, il mondo e’ piombato nell’ incubo dell’11 settembre e ora, dal G8 invisibile tra i monti del Canada, spunta un nuovo popolo no-global, costretto a fare i conti con il restringimento delle proprie truppe, ma contento di esserci e di far sentire la propria voce in modo pacifico. Il sipario cala sul breve vertice dei ‘grandi’ a Kananaskis e per il movimento che da Calgary ha cercato di far sentire la propria voce ai leader e al resto del mondo, e’ gia’ tempo di bilanci. In strada, nei giorni precedenti il vertice e durante i lavori del G8, non sono mai scese piu’ di 2.000 persone. Gli attivisti non sono riusciti ad avvicinarsi a piu’ di 20 km dai leader, ma hanno evitato confronti con la polizia – se si eccettua qualche tensione nella manifestazione a Ottawa, a 2.500 km da dove erano riuniti Bush e colleghi. ”Non volevamo grandi numeri e non siamo per niente delusi”, spiega Maude Barlow, presidente del Council of Canadians, una delle sigle dell’arcipelago anti-G8. ”Anzi, siamo contenti, perche’ questo e’ esattamente il tono che volevamo dare alla nostra protesta. Dopo Genova, abbiamo capito che dovevamo prendere seriamente in considerazione il problema della violenza. Le piccole dimensioni rendono piu’ rilassata l’ atmosfera e ci permettono di far arrivare meglio il nostro messaggio alla gente”. Gli gnomi di Calgary, gli attivisti che riescono a portare in piazza solo l’1% dei manifestanti riuniti un anno fa a Genova dal Social Forum, propongono la loro ricetta al resto del mondo: pochi, pacifici, fantasiosi e rispettosi delle leggi. Una scelta che e’ anche il frutto di una necessita’. Dopo il G8 canadese, e’ evidente che il movimento no-global e’ in una profonda fase di ripensamento e in crisi di consenso. La storia degli ultimi tre anni documenta da sola i cambiamenti avvenuti. La prima data significativa e’ il dicembre 1999, quando a Seattle i lavori del Wto sfociano in una battaglia cittadina e in quattro giorni di coprifuoco, che condizionano l’esito del vertice e si concludono con 500 arresti. Da Seattle in poi, la lotta no-global e’ accompagnata da tappe che assomigliano sempre di piu’ a bollettini di guerra. I manifestanti invadono Davos nel 2000, poi le strade di Washington nell’aprile dello stesso anno, dove gli scontri legati alla riunione del Fmi portano a oltre 1.000 arresti. A Praga, nel settembre 2000, le proteste ancora contro il Fondo Monetario provocano 150 feriti e 500 arresti e i lavori si chiudono con un giorno di anticipo per motivi di sicurezza. Alla fine dell’anno, 50 mila manifestanti convergono su Nizza per il vertice del Consiglio europeo, poi il 2001 vede la nascita del Forum di Porto Alegre, il punto di riflessione del movimento. Nuovi scontri si verificano a Davos, poi a Quebec City (20 aprile 2001), con 100 feriti ai margini del Vertice delle Americhe. Goteborg e Barcellona sono altre due tappe della protesta, prima di arrivare agli eventi di Genova. L’11 settembre segna un punto di svolta anche nell’ arcipelago degli antiglobalizzatori, soprattutto in Nord America. Le misure di sicurezza diventano piu’ rigide, in chiave antiterrorismo e in strada si vede sempre meno gente. A febbraio, quando il Forum di Davos si trasferisce in una New York ancora ferita dalle 2.800 vittime del World Trade Center, la protesta e’ di dimensioni ridotte e blindata dentro le transenne. Ad aprile, a Washington, il Fondo Monetario non attira piu’ di 1.500 manifestanti no-global, anche se le strade della capitale si riempiono di 50.000 palestinesi, che pero’ sono arrivati per protestare contro la politica della Casa Bianca in Medio Oriente. Anche in Italia, la riunione della Fao non riesce ad attirare a Roma folle paragonabili a quelle di Genova. La settimana scorsa a Siviglia, per il vertice Ue, scendono in piazza alcune decine di migliaia di persone, ma la protesta resta sotto tono. Un lungo cammino di progressivo restringimento, al termine del quale e’ rimasto il popolo in formato ridotto di Calgary, con i suoi canti pacifici in mezzo alle montagne.


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