Quattro cristiani sono stati uccisi ieri nel nord della Nigeria, durante scontri provocati da giovani musulmani. A scatenare la violenza un malinteso, ovvero un frase pronunciata male e scambiata per un’offesa al Profeta Mohammed. È accaduto a Bichi, una città non lontana da Kano, la principale metropoli della Nigeria settentrionale. Si è trattato dunque di un fatale equivoco che ha scatenato la rabbia della locale comunità islamica. Sta di fatto che numerosi giovani musulmani sono poi andati a caccia di Igbo, l’etnia originaria del sud a prevalenza cristiana. Negli scontri sono morte almeno quattro persone, pare uccise a colpi di machete, mentre una chiesa e un negozio sono stati dati alle fiamme. Il bollettino di questi scontri, acuiti da una propaganda jihadista con l’intento di destabilizzare lo stato di diritto, parla di almeno 10 morti, decine di feriti e migliaia di sfollati. Nei giorni scorsi, l’esercito nigeriano ha arrestato nella zona una cinquantina di persone coinvolte a vario titolo nelle violenze, ma è ormai sempre più chiaro che vi è una regia di menti occulte che strumentalizzano la religione per fini eversivi. L’intento del movimento estremista dei Boko Haram, quello di seminare zizzania, sta davvero facendo disastri e cresce l’esasperazione. Il problema di fondo è che l’applicazione della Sharia, la legge islamica, nel Nord della Nigeria, avvenuta ben 12 anni fa, in un Paese con una costituzione federale e laica, è stato un gravissimo errore. Sì, una debolezza dell’allora presidente Olusegun Obasanjo (cristiano), il quale ha la responsabilità storica di aver ceduto alle pressioni dei poteri forti, più o meno occulti, che intendevano (e intendono tutt’oggi) indebolire il governo centrale di Abuja. Chi scrive ricorda bene che i vescovi cattolici criticarono la decisione di Obasanjo, ma nessuno diede loro credito. Giusto, dunque, combattere ogni forma di violenza, ma attenzione perché la cultura jihadista risponde al diktat dell’interesse. L’estremismo e le divisioni in Nigeria convengono a tutti coloro che, per ragioni politiche ed economiche, mirano ad accaparrarsi le immense ricchezze di un Paese in cui la stragrande maggioranza della popolazione chiede solo di vivere in pace.
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