Ddl Sicurezza

Niente sim senza permesso di soggiorno

All'articolo 32, il Ddl Sicurezza prevede che un cittadino di un paese extra Unione europea sprovvisto di permesso di soggiorno non possa stipulare un contratto di telefonia mobile. Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione Arci nazionale: «Non poter utilizzare uno smartphone significa non poter dire alla propria famiglia che si è vivi dopo un viaggio lungo e difficile»

di Daria Capitani

Nessuna sim senza permesso di soggiorno. È uno dei divieti introdotti dal Ddl Sicurezza che più potrebbe impattare sulla vita dei migranti in condizione di irregolarità. Il testo, dopo aver incassato il primo sì alla Camera dei deputati il 18 settembre, passa ora al Senato, con una lunga scia di timori e voci molto critiche da parte delle organizzazioni civili. Tra le associazioni che mercoledì 25 settembre sono scese in piazza a Roma davanti a Palazzo Madama per un presidio contro il disegno di legge, c’è anche Arci. Abbiamo chiesto a Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione Arci nazionale, come la misura si traduca in concreto per i cittadini extra Unione Europea e in particolare per i migranti in condizione di irregolarità.

Avere accesso a uno smartphone significa poter comunicare con la propria famiglia, poter dire che si è vivi dopo un viaggio difficile e pericoloso. Significa poter ricevere notizie su come stanno i propri cari

Filippo Miraglia, responsabile Immigrazione Arci nazionale

L’articolo 32 del Ddl Sicurezza introduce nuove norme nel codice delle comunicazioni elettroniche. In sintesi, prevede che un esercizio autorizzato alla vendita di schede sim da parte degli operatori telefonici, di fronte a un cliente cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea, richieda, oltre al documento di identità, copia del titolo di soggiorno. Il titolare del negozio che non rispetti l’obbligo rischia una sanzione amministrativa accessoria che consiste nella chiusura dell’attività per un periodo da cinque a 30 giorni.

Non poter acquistare una sim significa non poter utilizzare uno smartphone, con tutto il bagaglio di relazioni che, per una persona che si trova lontano da casa, si porta dentro.

C’è un aspetto in più. Se arrivo in Italia e chiedo asilo, a seconda dei tempi di attesa nel luogo in cui mi trovo, potrebbero trascorrere dei mesi prima di avere un appuntamento allo Sportello dell’Ufficio Immigrazione della Questura per fare la richiesta di permesso di soggiorno. Secondo quanto previsto dal ddl, non potrei acquistare una scheda telefonica per tutto il periodo in cui non ho ancora in mano il titolo di soggiorno, anche nel caso in cui ci fossero tutti i requisiti e fossero già concluse le relative procedure.

Per un migrante uno smartphone non è soltanto uno smartphone.

Avere accesso a una sim significa poter comunicare con la propria famiglia, poter dire che si è vivi dopo un viaggio difficile e pericoloso, che in certi casi arriva a durare anni. Significa poter ricevere notizie su come stanno i propri cari. Una misura propagandistica, che avrà l’effetto di alimentare la discriminazione e la disumanizzazione.

Filippo Miraglia [Foto di Giulio Di Meo per Arci].

Il disegno di legge inserisce all’articolo 27 il rafforzamento della sicurezza delle strutture di trattenimento e accoglienza per i migranti: contro atti di violenza e atti di resistenza passiva si prevedono aumenti di pena, con la reclusione da uno a quattro anni.

Stiamo parlando di luoghi su cui più volte si è evidenziata una situazione critica di degrado. In questo caso, si punisce chi si ribella all’inumanità. Si va a colpire una fascia di popolazione che spesso non ha mezzi economici e che è già oggetto di discriminazione. Ci saranno tante manifestazioni in molte città italiane perché l’associazionismo non accetta una legge che penalizza chi si oppone, che punisce chi manifesta anche in maniera pacifica e non violenta. Il dissenso è il sale della democrazia.

L’immagine in apertura è di Claudio Furlan/LaPresse.

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