Salute

Niente sesso, noi mangiamo. L’impotenza degli edonisti

L’amore per il cibo nasconde l’impotenza? Forse sì, ma solo per quelli che non sanno che il cibo serve per mettersi in relazione con gli altri. Di Paolo Massobrio

di Redazione

Il peggiore degli insulti è sceso come una mannaia: chi si appassiona di cibo e di vino è scarsissimo a letto. Tavola e letto non vanno d?accordo, secondo fini pensatori come Claudio Risè, citato su Panorama da Camillo Langone: «Spesso l?interesse per la buona tavola non è segno di vitalità, ma al contrario il tentativo di coprire la vitalità esaurita o in via di esaurimento». Col Salone del Gusto, è inevitabile, il cibo è stato lanciato nell?atmosfera mediatica che i suoi stessi organizzatori spesso rifiutano. E temi come l?alimentazione, l?ambiente e la coltivazione sostenibile passano in secondo piano rispetto al lardo di Colonnata e al foie gras. E al sesso. Quale sia l?approccio col cibo e col vino, questo rimane una questione meramente personale, che vale per il mangiare come per la scelta di un libro o di film e come ogni altra azione che riguardi la vita. Siamo al confine tra l?edonismo fine a stesso e il cibo come espressione di un?arte, che apre altri orizzonti, perseguibili senza supponenza, se si vuole. Del resto ciò che infastidisce, certe volte, è che l?impallinato di cibi e di vini che siede di fianco a te, ovvero l?edonista impenitente, non capisce che quel bicchiere di vino è anche un tramite per stare insieme, per stare meglio con una persona. E questo vale per un locale con le luci giuste anziché uno scantinato e per tutto ciò che ha a che fare con il senso del bello e dell?ordine. Questa è la differenza tra l?edonismo che non racconta nulla e un vino che può essere parte del tutto: della vita. Allora su questo aspetto siamo concordi con Claudio Risè: gli impallinati rimangono degli impotenti dal punto di vista umano (e forse anche da quello sessuale). I secondi sono esattamente l?opposto, ma soprattutto hanno nella misura il godimento del gusto. Voglio ricordare con questa riflessione un grande come Rinaldo Bertolin, mancato il 20 ottobre a soli 49 anni, che ad Arnad aveva sublimato la tradizione del lardo di quella valle. Si assaggiava col pane nero e un velo di miele, mentre lui nel retrobottega preparava i boudin e le fresse. Ci mancherà molto, anche se ciò che lui ha iniziato prosegue grazie alla tenacia della moglie Marilena.


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