Mondo

Niente business con chi chiude la porta

Da Bruxelles. Intervista esclusiva a Franco Frattini

di Paolo Manzo

Da oltre un anno Franco Frattini è vicepresidente della Commissione europea e commissario responsabile per la giustizia e la sicurezza. Nell?agosto scorso Vita lo aveva intervistato in merito alla bozza di raccomandazione che associava le associazioni non profit al terrorismo. Da quell?intervista sono maturati una serie di incontri con il terzo settore italiano ed europeo che, di fatto, hanno bloccato la bozza. Oggi abbiamo scelto il vice di Barroso per fare il punto su un altro tema scottante, quello della sempre maggior difficoltà delle ong a operare liberamente in gran parte del Sud del mondo. Vita: Sul finire del 2005 Corea del Nord e Russia hanno ?chiuso? alle ong straniere. Che ne pensa? Frattini: Conosciamo bene la situazione di totale mancanza delle libertà fondamentali in Corea del Nord, mentre la chiusura della Russia è stata francamente inaspettata. Vita: E grave soprattutto perché, con l?allargamento a Est, l?Unione europea oggi confina con Mosca. Come prevede si concluderà questa vicenda? Frattini: Solo attraverso un dialogo positivo noi europei possiamo lavorare con i russi, per convincerli ad attenuare questa diffidenza nei confronti delle ong internazionali. A merito della Russia bisogna dire che Mosca sta facendo passi avanti importanti verso l?Europa, e credo che in questo spirito noi potremo esercitare un?azione positiva verso i russi, testimoniando loro che la nostra esperienza con le ong è positiva. Vita: Il futuro delle ong sembra sempre più difficile a causa di vincoli esogeni. Cosa si dovrebbe fare a suo avviso? Frattini: Innanzitutto, da parte di tutte le istituzioni europee ci dev?essere uno sforzo maggiore per ridurre la burocrazia. Questo deve essere oggetto di una riflessione seria. Ne ho parlato direttamente con Kallas, il commissario europeo responsabile per gli affari amministrativi, l?audit e la lotta antifrode, per quanto riguarda tutta la materia relativa ai controlli dell?Olaf, e con il commissario Michel, il quale è sulla mia lunghezza d?onda essendo lui stesso spesso vittima dell?eccesso di burocrazia che rende difficile a una ong operare sul campo. D?altronde questi supercontrolli rischiano di avere il solo risultato di mettere le ong nell?impossibilità di operare. La prima precondizione, quindi, è ridurre la burocrazia e sveltire le procedure, cosa non facile per l?Europa ma indispensabile oltre a essere una delle linee d?azione della Commissione Barroso. Vita: Ma ci sarà anche un?azione politico-diplomatica verso i paesi che chiudono alle ong? Frattini: Certo, e deve andare in due direzioni. La prima azione è diplomatica e dovrà far capire a questi governi che del sistema delle ong ci si può fidare. La seconda azione, più politica, consiste nel far capire ai paesi in cui il deficit di libertà è grande che noi riteniamo la crescita democratica condizione indispensabile per intensificare il dialogo. Sintetizzo il concetto con uno slogan: aumentare i diritti fa aumentare le relazioni. Non possiamo permetterci di dare i soldi dell?Europa per finanziare i dittatori. è un?affermazione brutale, ma il contributo delle ong serve a portare sul terreno i diritti dell?uomo scritti nella Carta di Nizza. Vita: Benissimo, ma resta il fatto che la ?globalizzazione umanitaria?, a differenza di quella economica, è sempre più in difficoltà, non crede? Frattini: è preoccupante, ma il passo verso Nizza è irrinunciabile. Credo che se c?è un terreno in cui l?Europa possa essere un attore globale è proprio quello della diffusione dei diritti fondamentali e della democrazia. Pensiamo agli sforzi per convincere un Paese come lo Zimbabwe a dare libertà di accesso a operatori umanitari. Vita: Come giudica la presenza e l?azione sempre più importante delle ong di impronta religiosa nel panorama internazionale? Non c?è il rischio che l?umanitario si leghi a un?appartenenza confessionale? Frattini: Da cattolico penso che l?azione del volontariato e delle organizzazioni umanitarie cattoliche abbia dato un contributo talmente straordinario che, al di là dell?evangelizzazione, si è trattato comunque di un valore aggiunto per tutti i paesi in cui è arrivata. Il problema è capire come si opera sul terreno: se lo si fa solo per fare proselitismo il pericolo è evidente, ma se si opera per aiutare e anche per spiegare che ci sono alcuni principi assoluti (i diritti della persona, la pari dignità di uomini e donne, ecc.) in nome dei quali ci si può ritrovare, credo che quest?azione sia positiva. Comunque bisogna fare una distinzione forte, perché usando il concetto di ?religioso? c?è il rischio di fare di tutte le erbe un fascio? Vita: Ma va da sé che alcune ong islamiche abbiano attirato l?attenzione di Bruxelles? Frattini: Certo, perché chi recluta e indottrina i giovani a diventare terroristi ?in nome dell?islam?, opera in nome di una deviazione, come molti riformisti islamici cominciano per fortuna a dire pubblicamente. Vita: Può spiegare la scelta dell?Ue d?interrompere i finanziamenti alle ong in Palestina? Frattini: Si tratta di un quadro ampio di revisione delle politiche di cooperazione dell?Europa e di una necessità di approfondire i criteri di trasparenza. Perché, com?è noto proprio con riferimento ad alcune azioni sul terreno palestinese, c?erano stati in passato degli accertamenti su collusioni e avvicinamenti di ong a organizzazioni come Hamas. Oggi l?Europa sta dando un contributo attivo per far avanzare il percorso di pace tra palestinesi e israeliani, e non c?è nessunissima preclusione a considerare le organizzazioni che operano in Palestina in collegamento con il governo legittimo di Abu Mazen e Abu Ala? Vita: A fine 2005 Libération ha tracciato tre identikit del cooperante: l?idealista, l?opportunista e l?avventuriero. Poi su Libero è apparsa un?intervista del sottosegretario Boniver che ha aggiunto due categorie: gli estremisti di sinistra e gli psicolabili. Che ne pensa? Frattini: Personalmente io non amo le categorie. Soprattutto per un mondo come quello delle ong, formato da milioni di uomini e donne. Credo che il giudizio debba variare sempre, a seconda dell?uomo e della donna, perché noi valiamo come individui e non come massa? Inoltre se all?interno del mondo del bene come quello delle ong c?è una minima percentuale di uomini e donne che lavorano male, quelli rappresentano la deviazione e non la regola.


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