Non profit
niente bonus al disabile che mette su famiglia
L'aiuto economico ai nuclei con un componente in difficoltà è valido solo se è l'handicap è di un figlio. La denuncia delle associazioni
di Redazione
«Stavo scaricando il modulo per richiedere il bonus famiglia e, per curiosità, ho deciso di leggermi un po’ le regole. Con mia sorpresa trovo che la famiglia ha diritto all’assegno soltanto se il disabile è un figlio. Chiamo l’Agenzia delle Entrate e mi dicono che mi sbaglio, che anche nel mio caso, in cui l’invalido sono io, un genitore, è possibile fare richiesta. Ma quando chiedo alla signorina di controllare la normativa, questa sembra cadere dalle nuvole e ammette che, effettivamente, avevo ragione io».
Milva Pedretti abita in provincia di Sondrio, ha 45 anni e da tre è disabile al 100% per via di un brutto incidente sul lavoro e di varie complicanze. Non può più lavorare, vive con la pensione sociale da 440 euro e qualche assegno familiare, dato che ha due figli, uno all’università e uno di 12 anni. Pensava di poter usufruire del tanto pubblicizzato bonus straordinario per le famiglie, visto che il suo reddito non supera i 35mila euro. Ma così non è. Secondo le indicazioni dell’Agenzia, il caso di genitori disabili non è contemplato.
Questa è solo una delle decisioni anti crisi del governo che fanno discutere. Il 12 settembre 2008 il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali ha dato parere positivo alla possibilità di sospensione degli obblighi occupazionali per i diversamente abili anche per le banche che ricorrono al Fondo di solidarietà di settore. In poche parole, gli istituti di credito che diranno di essere in cattive acque potranno evitare di assumere portatori di handicap. «Le banche non hanno fatto ricorso al fondo a causa di effettive crisi aziendali, ma piuttosto per scelte strategiche», ha denunciato la Falcri, il sindacato autonomo dei bancari. «È impensabile accomunare aziende realmente in crisi con banche che negli ultimi anni hanno registrato utili stratosferici». E poco importa se, come assicura Tremonti, nessun istituto ha richiesto di partecipare al fondo; non è certo questa la “solidarietà di settore” che chi ha problemi si aspettava.
La risposta delle associazioni non si è fatta attendere. Il Forum italiano sulla disabilità ha subito espresso la propria preoccupazione per la scelta del ministero: «Abbiamo paura che sia un precedente pericoloso per i disabili italiani», ha commentato il presidente Tommaso Daniele. Ci va giù duro Alberto Fontana, presidente dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare: «La scelta del governo sul fondo è discutibile a prescindere dalla questione delle banche. Lo Stato viene incontro alle imprese che hanno problemi e queste si dimenticano dei più deboli». E non risparmia critiche neppure al bonus: «Non si valuta la possibilità che un disabile possa essere padre o madre, che possa avere anche lui una famiglia». Intanto la Fish – Federazione italiana per il superamento dell’handicap, che ha definito una «disequità» la norma sui figli diversamente abili, ha chiesto all’esecutivo di ritornare sui propri passi e di ripensare alle decisioni prese. Prima che sia troppo tardi.
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