Cultura
Niente assistenza a chi non guarisce
Dimissioni forzate (il 36%), trattamento autoritario, cure inadeguate e perfino violenze. È lodissea dei lungodegenti in Italia che devono pure pagare il ticket.
Costante difficoltà nell?accesso ai servizi e alle prestazioni ospedaliere, incremento degli ostacoli di natura economica e finanziaria, problemi di orientamento e informazioni: le politiche nazionali per i malati cronici fanno acqua da tutte le parti. Lo rivela il primo ?Rapporto sulle politiche della cronicità? elaborato dal Coordinamento nazionale delle Associazioni dei malati cronici sulla base delle segnalazioni pervenute alla sala operativa del Pit Salute, presso il Tribunale dei Diritti del malato, e alle singole associazioni sparse sul territorio.
Dimessi e abbandonati in casa
«Emerge l?incapacità delle politiche della salute del nostro Paese di guardare alle esigenze dei malati cronici in maniera integrata con un punto di vista unitario», sottolinea Stefano Inglese, segretario del Coordinamento. «In particolare non registriamo alcuna attenzione alla questione legata alla perdita dell?autosufficienza: le cure domiciliari sono sempre più care e l?onere economico continua a gravare sulle spalle dei familiari». Il 36% delle richieste di intervento, infatti, fa riferimento a dimissioni forzate che colpiscono cittadini che in realtà non sono in grado di gestire e risolvere autonomamente la propria situazione sanitaria, una volta tornati al proprio domicilio. Altra nota dolente del ?Pianeta sanità? riguarda le condizioni di vita all?interno di alcune strutture per lungodegenti. Richiesta di pagamento in nero da parte del personale infermieristico per assistenza ordinaria al paziente. Maltrattamenti da parte del personale, condizioni di abbandono, gestione autoritaria del paziente, minaccia di dimissioni e inadeguatezze nelle condizioni igieniche: sono solo alcune delle segnalazioni di ordinario disagio, all?interno di strutture che dovrebbero prendersi cura degli ammalati anziché creare ulteriori difficoltà. E non è tutto.
Alle problematiche sul fronte dell?assistenza si associa la difficoltà di trovare risposta adeguata nelle strutture sanitarie, in termini di prestazioni, percorsi terapeutici e riabilitativi ed anche disponibilità di informazioni. «Si tratta di una realtà quotidiana per moltissime famiglie, che non si cimentano solo con la malattia, anche con il suo peso economico e finanziario», spiega Inglese. «Non vanno dimenticate poi, le questioni relative alla difficoltà di accedere al riconoscimento di invalidità al di là dei casi da codice penale che a cadenza vengono riferiti dai mezzi di comunicazione». Un mancato riconoscimento che si traduce nell?impossibilità di accedere ai benefici previsti dalla legge. «Tutto questo a causa della difficoltà o della incapacità delle commissioni di riconoscere una patologia cronica o rara», accusano i curatori del Rapporto.
Troppe patologie fuori dai rimborsi
Quanto alle esenzioni dal pagamento del ticket, il Coordinamento registra positivamente l?ingresso tra le patologie che ne hanno diritto di malattie dall?impatto sociale significativo, come il morbo di Alzheimer e l?anoressia, ma evidenzia un limite: «per altre patologie, altrettanto rilevanti non è scattato lo stesso tipo di riconoscimento, nonostante le richieste pressanti e costanti da parte delle associazioni». Qualche esempio? La cefalea, l?osteoporosi, malattie metaboliche ereditarie, distonia, neurofibromatosi e porfiria non danno diritto all?esenzione dal pagamento del ticket.
«Il quadro che emerge da questo rapporto conferma il persistere di evidenti ed estese aree di inadeguatezza nel nostro Paese», conclude il segretario del Coordinamento delle associazioni di malati cronici. «L?appesantimento burocratico delle procedure per ottenere indennizzi, risarcimenti e il riconoscimento di invalidità limita la fruibilità di questi benefici. Altrettanto rilevanti sono gli ostacoli all?accesso ai farmaci o a talune prestazioni ospedaliere. Il risultato è che la rete assistenziale delle malattie croniche appare al di sotto delle aspettative degli utenti e oltretutto si continua a non tener conto delle associazioni che si preoccupano di tutelarli».
La carta dei morenti
Diritti da rispettare fino all’ ultimo
Pochi immaginano di morire di vecchiaia, la maggior parte degli italiani pensa a una malattia o un incidente stradale per avere una ?buona ragione? per morire. Tra le cause di morte immaginate, infatti, si trovano il cancro (47%), gli incidenti (19%), l?infarto (16%) Aids e guerre (5%), alla vecchiaia non rimane che un 8%. Non è che uno dei risultati che si possono trarre dalla ricerca effettuata dall?Ipsos Explorer per la Fondazione Floriani sugli atteggiamenti nei confronti della morte degli italiani. Dai risultati emerge che solo il 13% dichiara di voler conoscere la verità, mentre l?8% dichiara di essere disposto a sopportare sofferenze fisiche pur di prolungare la vita. Dai dati dell?indagine si può dire che esce confermata un?importante iniziativa del Comitato etico della Fondazione Floriani, realtà nata per diffondere in Italia una maggiore coscienza della cure palliative per i malati di cancro in fase avanzata. Si tratta della ?Carta dei diritti dei morenti?, presentata in ambiente accademico un paio di anni fa e ora pronta per la divulgazione. Dodici punti che sono altrettanti diritti: dal primo : ?essere considerato come persona sino alla morte?, all?ultimo che è quello di ?morire in pace e con dignità?. Il ?morente? deve avere il diritto di essere informato sulle sue condizione se lo vuole, di non essere ingannato e sapere la verità.Tutti diritti che devono ora essere sottoscritti e applicati e non rimanere solo sulla carta.
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