La polemica
Nicoletti: «La mototerapia per i ragazzi autistici? Una barzelletta»
Gianluca Nicoletti, popolare commentatore su Melog a Radio 24, ha un figlio autistico e si ribella all'idea che una legge in approvazione al Parlamento preveda la mototerapia per i ragazzi autistici: non scherziamo, sono ben altri i nostri bisogni
Incontro Gianluca Nicoletti nella sede della Onlus che ha creato a Roma, “Cervelli ribelli” (qui trovate il sito) dove suo figlio Tommy, insieme ad altri giovani ragazzi autistici, può esercitarsi in attività come laboratori creativi, producendo oggetti e opere d’arte. «Ho messo in piedi tutto questo con i risparmi di una vita, per dare un futuro a mio figlio», spiega mostrando i locali in zona viale Mazzini, non distante dalla Rai. Qui Nicoletti ha anche organizzato il suo studio radiofonico, da dove trasmette tutti i giorni per Radio24 la sua popolare trasmissione “Melog”. Siamo venuti da lui per parlare della polemica sulla “mototerapia” che è stata assurta a dignità di legge come cura degli autistici dopo il via libera alla legge alla Camera: «Avendo un figlio autistico, seguo quelli che sono gli sviluppi di tutte le attività istituzionali riguardo l’autismo e soprattutto riguardo anche la clinica, le cure scientifiche. L’autismo non è una malattia ma va trattato con le terapie giuste e il personale specializzato. Che poi sono neuropsichiatri e psicologi clinici».
Che cosa significa?
Che si lavora sul comportamento. Questo è stato un grande passo avanti perché l’autismo è sempre stato oggetto di un grande tabù. Pregiudizi che molte volte costringevano le madri a sentirsi in colpa, perché avevano avuto dei figli autistici o spingevano a seguire terapie che nulla avevano di terapeutico.
Roba da stregoni o da truffatori alla Wanna Marchi…
Negli anni ho visto trattare gli autistici con la candeggina, con le camere iperbariche, con la chelazione, ahimè anche con gli esorcismi… Purtroppo con tutti i vari tipi di cure farlocche e improbabili. Questo ha sempre creato una grande frustrazione nelle famiglie e soprattutto nessun vantaggio per i ragazzi.
Poi è arrivata la proposta di legge sulla mototerapia…
Quando ho visto che la Camera approvava come terapia per l’autismo la mototerapia, chiaramente mi sono abbastanza indignato. Al mio articolo sulla Stampa del 22 febbraio hanno seguito anche alcune dichiarazioni esplicite dei clinici che si occupano di autistici, come quella del dottor Luigi Mazzone, Neuropsichiatra a Tor Vergata. Mazzone ha detto che per lui non esiste la mototerapia come terapia dell’autistico. A me apre il cuore di gioia pensare che ci sono dei signori che con delle moto facciano vivere meglio dei bambini oncologici con problemi appunto, di tumore. Perché l’unica ricerca fatta in ambito di Mototerapia riguarda un campione di 50 persone nell’ambito di alcuni pazienti oncologici e le loro famiglie che logicamente provano un grande sollievo. E un grande vantaggio dal punto di vista emotivo. Servono. Come servono i medici con il naso da clown. Non sono una terapia, ma contribuiscono al benessere del paziente. Ma che questo sia applicabile all’autismo sembra quasi una barzelletta. Io capisco che nell’euforia generale dire facciamo qualcosa anche per gli autistici. Vedere dei volti sorridenti di bambini oncologici fa pensare che anche per gli autistici possa valere la stessa cosa.
Però può essere che magari alcuni bambini autistici, se montano in sella una moto, stanno meglio, si divertono…
Ma non è una cura, non è una terapia e questo è molto importante perché le famiglie con figli autistici già devono ingaggiare una sorta di quotidiana e lancinante battaglia con le istituzioni per vedere riconosciute le poche terapie efficaci per i propri figli. Le terapie di tipo comportamentale spesso non sono pagate dalle Asl, se le devono pagare da soli e sono costi molto elevati. E di fronte a questo già persistente problema dire: facciamo una legge che i vostri figli possono essere portati in motocicletta e quindi guariranno, beh fa arrabbiare.
Questa è la sintesi…
Questo è il messaggio che arriva alle famiglie. È totalmente sbagliato secondo me.
Qual è secondo te l’urgenza massima che hanno oggi i genitori di bambini autistici dal punto di vista del rapporto con lo Stato e col sistema sanitario?
Oggi si stanno facendo dei grossi passi indietro rispetto alla definizione in termini diciamo scientifici dello stato autistico. L’autismo è un problema del neurosviluppo: si nasce autistici. Non sappiamo esattamente perché si nasca autistici ma sappiamo che ci sono circostanze che possono anche in qualche maniera allargare le possibilità che si scateni questo in una persona. Quindi bisogna partire da questo principio. Il grande problema è per le famiglie: riconoscere, accettare di avere un figlio autistico, quindi diagnosi precoce. Prima si accerta lo stato autistico di un figlio, prima si possono iniziare le terapie comportamentali e quindi lavorare per riuscire a compensare i problemi di relazione con il resto del mondo e anche di tipo cognitivo.
È facile rivolgersi alle persone giuste?
Le persone giuste in Italia si trovano a pelle di leopardo. In alcune regioni funziona meglio, in alcune regioni funziona peggio. Ci sono delle liste di attesa lunghissime, anche soltanto per avere una terapia. E qui è il primo grande problema. Il secondo problema è la scuola. Recentemente abbiamo vari casi di inclusione scolastica per ragazzi, diciamo nell’ambito della neuro divergenza, con grandi difficoltà. Un preside caccia dalla scuola un bambino iperattivo perché non ha gli strumenti per gestirlo. Indubbiamente un autistico può essere fastidioso da gestire e bisogna trovare le persone adatte. Quindi a scuola ci vorrebbe una sorta di sostegno specializzato in problemi del neurosviluppo. Non basta più un sostegno generico, persone che faranno il sostegno per una fase della loro vita per poi passare a fare altre cose. È una battaglia che i sindacati non hanno mai accettato. L’insegnante di sostegno deve essere un insegnante specializzato allo stesso livello e alla stessa stregua con la stessa e magari superiore dignità agli altri insegnanti. Se un bambino autistico non ha un insegnante di sostegno con gli strumenti giusti, l’inclusione sarà nulla per lui. La legge non varrà, varrà per gli altri e non varrà per lui.
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Il “dopo di noi” è un problema irrisolto. Io ho settant’anni, nonostante da anni mi occupi di questo problema non ho ancora trovato uno spiraglio. Potrò andarmene con la speranza che mio figlio faccia una vita dignitosa, felice come gliela faccio fare adesso io? E io sono riuscito a investire tutto quello che ho guadagnato in una vita, in un centro in cui c’è mio figlio e altri ragazzi, ma lo faccio autonomamente, spontaneamente. Mi sostituisco allo Stato e non ho nessun segnale di quello che sarà. Penso che mio figlio avrà nel suo futuro tutto quello che riuscirò in questi anni di ancora superstite lucidità ad assicurargli per il resto della vita.
Foto: archivio VITA dal docufilm “Se ti abbraccio non avere paura”
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