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Nicaragua: dura repressione

La situazione in Nicaragua si va facendo sempre più complicata e confusa. Le proteste, che da metà aprile scuotono il più grande paese del Centro America contro il presidente Daniel Ortega e sua moglie Rosaria Murillo, che ricopre la carica di vice-presidente, nelle ultime ore hanno subito una violenta repressione da parte delle forze governative. Ecco il punto della situazione

di Marco Marcocci

La situazione in Nicaragua si va facendo sempre più complicata e confusa. Le proteste, che da metà aprile scuotono il più grande paese del Centro America, contro il presidente Daniel Ortega e sua moglie Rosaria Murillo, che ricopre la carica di vice-presidente, nelle ultime ore hanno subito una violenta repressione da parte delle forze governative.

Scenario degli scontri è stata la città di Masaya, la città simbolo della resistenza a Ortega, ed in particolare il quartiere di Monimbò, roccaforte dell’opposizione.

Secondo quanto riportato da “El nuevo diario” ieri mattina decine di blindati dell’esercito e molti uomini armati ed incappucciati (parapolicías) hanno fatto irruzione nel quartiere provenendo da più punti della città e mettendolo a ferro e fuoco.

Dopo oltre sette ore di aspri combattimenti, gli uomini di Ortega hanno preso il sopravvento sulle oramai stremate forze ribelli, riprendendo così il controllo della città.

Il bilancio, provvisorio, destinato a crescere, parla di almeno tre morti (un poliziotto, un quindicenne ed una donna) e di diverse decine di feriti; pare che ci sia una quarta vittima non ancora identificata.

Tuttavia il Centro Nicaraguense de Derechos Humanos(CENIDH), nel condannare questo atto di violenza contro un popolo che lotta per la propria libertà, sottolinea che il bilancio è puramente provvisorio.

Dall’inizio delle proteste, innescate dall’entrate in vigore di nuove tasse, si contano almeno trecento morti e quasi duemila feriti. Le vittime sono per la maggior parte studenti o cittadini che sono stati bersaglio della polizia o delle bande paramilitari fedeli al partito di governo, il Frente sandinista de liberación nacional(Fsln) che di fatto è l’unico partito del paese.

Adesso si temono rappresaglie ed arresti che, per ora, fonti locali quantificano in una quarantina; il tutto avviene in clima di violenza nel quale militari e paramilitari rastrellano casa per casa i ribelli.

Nei mesi passati ci sono stati da parte delle truppe di Ortega oltre quindici tentativi di riconquistare Monimbò, tutti respinti dalla resistenza antigovernativa che niente ha potuto contro le forze messe in campo questa volta dal governo.

Il colpo inferto agli oppositori salva, per ora, il regime instaurato da Ortega che per ricoprire il suo attuale mandato presidenziale, il terzo consecutivo, aveva modificato la Costituzione che ne fissava a due il limite massimo.

Quella di Ortega e signora è per molti una vera e propria dinastia con interessi ovunque, dalle televisioni al petrolio, dalle infrastrutture ad altri settori nevralgici.

Niente e nessuno, Chiesa compresa, al momento sembra in grado di poter porre un freno a quella che si sta giorno dopo giorno trasformando nell’ennesima dittatura caratterizzata da un mare di sangue.

La comunità internazionale è avvisata: Monimbó pide auxilio!

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