Economia
NextGenerationEU? Prigionieri della logica della schedina del totocalcio
Le scelte annunciate dalla Politica sembrano non seguire alcuna logica. Decenni di programmazione comunitaria dimostrano che non è la quantità delle risorse a fare la differenza, bensì la capacità di abilitare dei processi la cui sostenibilità vada oltre l’effetto subitaneo prodotto dall’immissione finanziaria. L'analisi di Federico Mento, direttore di Ashoka Italia
La schedina ha riempito per anni le nostre domeniche. Al tardo pomeriggio, dopo aver ascoltato “Tutto il calcio minuto per minuto”, ci si spostava su “Novantesimo minuto” per “vedere” ciò che si era ascoltato alla radio. Impensabile nell’epoca del calcio “spezzatino”, nell'immediatezza delle pay-tv, con i social network che rilanciano le azioni.
Eppure, sino a pochi anni fa, la religione laica veniva celebrata esclusivamente la domenica, tranne le rare eccezioni delle coppe europee. La lettura della schedina chiudeva la "liturgia pallonara", sempre con il disappunto di non aver indovinato i risultati.
Semmai, al lunedì si poteva discutere degli errori fatti, di quella partita dove in luogo del risultato secco sarebbe stato più prudente un 1-X oppure 1-X-2. I più raffinati disquisivano di sistemi, di modelli, a loro modo di vedere, infallibili per ottenere l'agognato 13, sostenevano si trattava solo di portare pazienza, il modello non può sbagliare.
Sulle partite di serie A, una certa dose di conoscenza poteva aiutare, per quelle di B era necessaria una maggiore capacità analitica, poi c’erano gli incontri imponderabili: “Nocerina-Castel di Sangro”, “Lucchese-Montevarchi”, “Licata-Canicattì”. Per queste partite, non vi erano fonti alle quali attingere per avere conforto, magari una classifica sbirciata sulla Gazzetta dello Sport al bar, oppure si poteva consultare l’album Panini, lì forse tra le squadre di C, a cui era dedicata un’unica figurina, un qualche appiglio per determinare il possibile risultato.
Per saziare i più accaniti, nacquero trasmissioni mitiche come “A tutta B” oppure “C siamo”, imperdibili per gli appassionati del calcio di categoria, dove magari galleggiava tristemente qualche nobile decaduta del campionato maggiore.
Provando a seguire il dibattito di queste settimane su NextGenerationEU, ho ritrovato lo spirito con il quale ci avvicinavamo alla compilazione della schedina. Le scelte annunciate dalla Politica sembrano non seguire alcuna logica: 1-X-2 sull’innovazione, X-2 sulla scuola, 1-2 sulla coesione territoriale. In effetti, i miliardi promessi dall’Europa rappresentano un inaspettato 13 per il nostro Paese, eppure l’impressione è che queste risorse, senza un disegno chiaro, una visione di lungo periodo, possano risultare inefficaci.
Decenni di programmazione comunitaria dimostrano che non è la quantità delle risorse a fare la differenza, bensì la capacità di abilitare dei processi la cui sostenibilità vada oltre l’effetto subitaneo prodotto dall’immissione finanziaria. Sobbalzo all'evocazione continua di fantomatici Stati Generali, ridotti ad inutili momenti performativi che mimano il dialogo sociale, tra parti sociali spogliate di autorevolezza.
Nelle sale affrescate, scenari stantii da ancien régimenei quali hanno luogo questi eventi, quasi mai appare la comunità, consumata dalle pulsioni autoreferenziali della Politica. Se il NextGenerationEU rimarrà imprigionato in queste dinamiche, ho poca fiducia sull'effettiva capacità di creare quelle discontinuità radicali di cui abbiamo bisogno per ritrovare un’idea di futuro.
Credo non possiamo esimerci da mettere in campo un’azione collettiva, spogliandoci degli interessi legittimi che ciascuno di noi rappresenta, per lanciare nel Paese un grande momento di partecipazione che restituisca voce ai territori e alle comunità. Al soliloquio della vecchia Politica, rispondere con la polifonia delle nostre storie, delle pratiche che abbiamo animano, del cambiamento che rappresentiamo, della passione che ci anima. In questi mesi, una straordinaria intelligenza collettiva ha prodotto migliaia di ore di riflessione sull’innovazione, un gigantesco caleidoscopio di pezzi di futuro che possono rappresentare un’alternativa all’aridità delle liste di progetti, tolti dal cassetto polveroso della PA.
Cosa accadrebbe se le nostre piattaforme fossero sempre più interconnesse e lavorassero insieme per hackerare NextGenerationEU? 1-x-2…
*Federico Mento, direttore Ashoka Italia
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.