Mondo

Neutralità della rete, Barack non tradirci

Una grande partita aperta

di Riccardo Bagnato

I grandi fornitori di servizi internet premono per avere una legge che permetta controllo (e profitti) sui contenuti.
Il presidente ha parlato chiaro. Resisterà? Cosa pensereste se un giorno chi vi fornisce elettricità decidesse che la vostra marca di lavatrici non è autorizzata a utilizzare la loro corrente e, quindi, il vostro elettrodomestico smettesse di funzionare? Non può essere? È solo un esempio. Che spiega, però, quel che potrebbe succedere a Internet molto presto.
La chiamano «neutralità della Rete». Secondo i suoi sostenitori chi fornisce la connessione a Internet – in Italia aziende come Telecom, Tiscali o Infostrada, per fare qualche esempio – non può decidere cosa trasmettere, ma deve semplicemente trasmettere. Punto e a capo. Però contro la neutralità della Rete da tempo si stanno agitando giganti mondiali delle telecomunicazioni del calibro di AT&T, ma anche importanti fornitori di servizi internet come Verizon, BellSouth e Comcast. I quali, invece, vorrebbero maggiore controllo (e profitti) sul servizio che di fatto erogano. A difesa del principio di neutralità, dall’altra parte, oltre ad alcune personalità note al mondo di Internet, ci sono pesi massimi come Google, Microsoft, eBay, Amazon e intere comunità di utenti che si sono riuniti intorno a siti come savetheinternet.com o wearetheweb.org (in Italia alcuni esempi sono amointernet.it o http://nnsquad.it).
Le prime scosse di terremoto si erano registrate all’indomani delle elezioni presidenziali, ma è solo nel maggio del 2009 che Obama decide di dare una risposta alle ripetute pressioni di una e dell’altra parte. Prende carta e penna e presenta i suoi «Commenti per garantire la sicurezza della infrastruttura Internet della nazione». «Rimango fermamente impegnato per la neutralità della rete in modo che possiamo mantenere Internet come dovrebbe essere – aperta e libera».
Ma bisogna trovare un modo per non pestare i piedi a importanti attori economici come Verizon o Comcast. Obama, d’altra parte, lo aveva promesso in campagna elettorale e non può tornare indietro. Il 21 settembre successivo Julius Genachowski, numero uno della Fcc, la Commissione federale delle comunicazioni, longa manus del presidente, pubblica un entusiastico documento su come dovrebbe essere Internet, e cioè, ça va sans dire: «aperta e libera». Passa un mese e la Commissione licenzia il testo «Open Internet NPRM» un disegno di legge su Internet che il Congresso dovrà votare. Dove, però, si definiscono i diritti dei consumatori, senza rispondere direttamente alla domanda: di chi sarà la Rete? Come a dire: finché questi diritti verranno garantiti non è essenziale disciplinare la proprietà di Internet. Ma di quali diritti si parla nel documento? I consumatori avranno il diritto ad accedere ai contenuti Internet legittimi di loro scelta, avranno diritto ad utilizzare le applicazioni e i servizi di loro scelta, purché ciò non impedisca un eventuale perseguimento penale; potranno collegare alla rete apparecchi terminali di loro scelta, a condizione che la rete non venga danneggiata, e avranno diritto alla concorrenza tra gli esercenti di rete e i fornitori di applicazioni, servizi o contenuti. Ma ora la palla passa al Congresso. E la partita è ancora aperta.


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