Sostenibilità

Nestlé mira alla leadership nel caffé equo-solidale

L’incremento di prodotti “corretti” è stato, tra il 2003 e il 2004, del 40 per cento

di Redazione

Nestlé è divenuto ieri il primo gigante del caffé interessato ad un commercio equo e solidale. Una delle quattro compagnie che dominano il mercato globale del caffé si è fatta promotrice dell?etichetta ?fair trade?, cambiando decisamente rotta rispetto ad un passato in cui le accuse di sfruttamento e commercio sleale erano all’ordine del giorno. ?La mossa? sottolinea il Financial Times ?rientra appunto in questa strategia di attenzione nei confronti del commercio equo e solidale, sempre più richiesto dai consumatori ma finora ben lontano dalle politiche aziendali dei colossi del settore?. Nestlé ha ammesso che la domanda dei clienti di creare un caffé attento alle fasi di produzione nei paesi d?origine ha dato vita all?etichetta ?Partner?s Blend?, caffé istantaneo. Ora? ha aggiunto il portavoce del colosso, ?seguiamo con attenzione i processi di realizzazione del prodotto sul luogo, monitorando soprattutto le condizioni dei lavoratori di paesi quali Etiopia ed El Salvador, principali coltivatori della qualità arabica?. L?etichetta del commercio equo e solidale inaugurata dal gruppo è controllata e certificata dalla Fondazione Indipendente del Commercio Equo e Solidale, che fissa i criteri mondiali per la realizzazione di prodotti di questo tipo. Kraft, seconda azienda leader nella produzione di caffè istantaneo, sta muovendo i medesimi passi verso un commercio attento ai diritti dei coltivatori: ha da poco lanciato un?etichetta i cui proventi andranno a favore del fondo per lo Sviluppo Sostenibile delle foreste pluviali. Ma in questo caso – sottolinea il quotidiano britannico ? l?azienda garantisce una cifra da destinare alle organizzazioni attive in questo ambito ma non un corretto pagamento base dei semi di caffé coltivati in quelle zone. Il Financial Times informa inoltre che l’Organizzazione Internazionale per il Commercio Equo e Solidale ha membri in 20 paesi, inclusi Italia, Francia, Canada, Germania, Svizzera, Giappone, Gran Bretagna e Stati Uniti. L?incremento di prodotti ?corretti? è stato, tra il 2003 e il 2004, del 40 per cento e questo fenomeno sta contribuendo ad una migliore qualità di vita per 5 milioni di persone – coltivatori, lavoratori e relative famiglie – in 58 paesi in via di sviluppo.

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