Volontariato

Nestlé e soci, un marketing sotto accusa

Le multinazionali sommergono di biberon il Terzo mondo. Ma i rischi sanitari sono molti

di Redazione

Durante gli Anni 70 scoppiò la moda di nutrire i neonati con i sostituti artificiali del latte materno. Nel 1981 intervenne quindi un Codice di regolamentazione internazionale che impediva la pubblicizzazione di questi prodotti (dal minore apporto produttivo). Ma l?avanzata delle multinazionali – dalla Nestlé alla Milco alla Gerber – non si è fermata, come denuncia uno studio condotto dall?Ibfan (The International Baby Food Action Network). L?angolo di tiro si è solo spostato verso i Paesi in via di sviluppo, dove leggi meno rigide ed emergenze sanitarie – come nel caso della trasmissione dell?Aids – inducono mamme inconsapevoli a scegliere i nutrimenti artificiali.
«Il timore è che questa pratica si diffonda sempre di più», osserva Marzio Sambruni, della rivista Boycott, bollettino sulle politiche commerciali illegali. «Questa uscita dell?Oms sulla necessità di bloccare la trasmissione del virus dell?Hiv tramite il latte materno è molto pericolosa, perché potrebbe portare al definitivo rilancio di questi prodotti nei Paesi poveri, sulla scia di una nuova giustificazione sanitaria». Un rilancio dalle possibili conseguenze drammatiche. Se, infatti, nei Paesi del Nord del mondo l?uso di latte in polvere per i bambini nati da mamme sieropositive è normale, spesso nei Paesi poveri non esistono le condizioni igieniche ed economiche necessarie. «La fornitura di latte in polvere per nutrire il neonato spesso costa alle famiglie più di quanto possano permettersi», esemplifica Marzio Sambruni, «per cui il prodotto viene annacquato più del dovuto, per risparmiare, perdendo così il necessario nutrimento per il neonato».
Considerazioni a cui vanno aggiunti gli atti di malafede, come l?invio di prodotti già scaduti (e le cui etichette sono spesso scritte in una lingua sconosciuta) in ospedali sperduti dell?Africa o del Sud-est asiatico. «Qui stiamo parlando di industrie che puntano solo ad aumentare il proprio fatturato», conclude Sambruni. «In alcuni latti artificiali, infatti, sono presenti additivi che li rendono più appetibili al neonato, il quale non solo non accetterà più il latte materno, ma neanche un prodotto di marca diversa».

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