Non profit

Nessuno ferma la repressione

Dopo il massacro dello stadio di Conackry, la mediazione non convince

di Redazione

La Comunità economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest (Cedeao) organizzerà, entro la settimana, un vertice straordinario dedicato alla crisi che si è venuta a creare in Guinea Conakry. Il 28 settembre più di 150 persone sono state uccise dall’esercito allo stadio di Conakry, dove si stava svolgendo una manifestazione dell’opposizione e da associazioni della società civile. A seguito della repressione, la Francia ha rotto con la giunta al potere in Guinea. Le violenze, ha denunciato nei giorni scorsi il ministro degli Esteri di Parigi, Bernard Kouchner, sono «inaccettabili». E’ invece polemica sulla Cina, dopo che il ministro guineano delle miniere Mahmoud Thiam ha annunciato che un’azienda cinese investirà 7 miliardi di dollari in infrastrutture nel Paese africano.

Ecco i retroscena della crisi in Guinea scritto per Vita da Abdoulaye Bah, guineano e membro del comitato scientifico del progetto Afro, che edita il sito www.afronline.org.

di Abdoulaye Bah

Il massacro perpetrato dalle forze speciali dell’esercito guineano allo stadio del 28 settembre durante il meeting dell’Alleanza delle forze vive della nazione, ha fatto molte vittime innocenti. Ma mai sapremo il numero esatto di persone uccise. Il potere ha parlato di 57 morti, mentre le Nazioni Unite e numerose organizzazioni non governative sostegono che i morti superano i 150. Il presidente dell’Organizzazione guineana dei diritti umani e dei cittadini che ho contattato su Skype il giorno stesso della tragedia, mi ha detto che i soldati utilizzati non potevano fare molte vittime. Detto questo, le autorità hanno fatto di tutto per minimizzare il loro numero. Non a caso, alcuni corpi sono spariti dalle camere mortuarie, caricati su dei furgoni per una destinazione ignota. I familiari dei dispersi non avevano notizie dei loro cari e non sono riusciti a identificare tra i corpi esposti nel recinto della moschea del Roi Fayçal di Donka, dov’erano stati invitati per l’identificazione e il ritiro dei loro defunti.

Nell’impossibilità di ritrovare i corpi e con la presenza delle forze dell’ordine, i giovani si sono ribellati. Se la sono presa con i poliziotti e gli imam subissati da lanci di pietre. In minoranza, le forze della polizia non sono più riuscite a tenere la situazione sotto controllo. Il Segretario della Lega islamica ha rischiato il linciaggio, mentre tra minacce e vestiti strappati, gli altri imam se la sono vista brutta. Con il calore e l’umidità, elevate a Conakry in questo periodo dell’anno, i corpi in decomposizione sono stati sepolti in fretta e furia, al punto che venerdì la moschea ha sospeso le preghiere.

In realtà, in questo paese islamico all’80%, la fiducia tra fedeli e i capi religiosi musulmani è sempre stata molto limitata. La strumentalizzazione politica della religione e la paura ha spinto i religiosi ha servire con un eccesso di zelo i ditattori che hanno diretto il pease dall’indipendenza. Immolando buoi come sacrificio, organizzano letture collettive del Corano per il mantenimento del potere.

La decisione della CEDEAO (Communità economica degli Stati dell’Africa Occidentale) di nominare il presidente del Burkina Faso, Blaise Campaoré, alla carica di facilitatore per ricucire il dialogo tra la giunta militare (del presidente Dadis Camara, ndrl) e l’opposizione è stata accolta molto male dalla società civile. Le ragioni sono molteplici. Avendo preso il potere 22 anni fa in Burkina attraverso un golpe militare, Campaoré incarna tutto ciò che i guineani non vogliono vedere alla guida del loro paese. Il presidente burkinabé, si sa, è sospettato dei peggior mali in termine di violazione dei diritti umani e di ingerenza nelle numerosi crisi che hanno destabilizzato la sotto-regione. Sul piano interno, la sua responsabilità nella morte di Thomas Sankara (ex-presidente del Burkina ucciso in un colpo di Stato nel 1987, ndrl), di Bernard Zongo (giornalista) e altre personalità burkinabé non è mai stata accertata. E’ stato altresì sospettato di avere intrattenuto relazioni compromettenti con Charles Taylor della Liberia. Il loro tandem, spalleggiato dal colonnello Gheddafi, avrebbe attivamente sostenuto i ribelli sia della Sierra Leone che della Costa d’Avorio.

L’altro motivo di diffidenza è rappresentato dal ruolo della CEDEAO. E’ un club di capi di Stato tra i quali molti non sono stati eletti nella trasparenza (Senegal, Nigeria, Togo, Niger, Gambia…), rispettando poco la volontà dei loro popoli. Non appena l’attenzione dell’opinione pubblica calerà, troveranno il modo di accogliere nei loro ranghi il capitano Moussa Dadis Camara.

Infine, il modo in cui Campaoré è stato nominato non convince. La CEDEAO non ha ritenuto necessario consultare la società civile, né i partiti di opposizione guineani. Sarebbe stato più opportuno nominare una personalità di livello internazionale come Alpha Oumar Konaré, Kofi Annan o monsignor Robert Sarah, arcivescovo emerito di Conakry.

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