Politica

Nessuno è felice da solo

È la parola d’ordine per la società civile nei prossimi anni. Perché ci può essere un’interdipendenza regolata dal terrore.

di Sandro Calvani

Il servizio per le Nazioni Unite e per le ong internazionali mi ha portato, nei passati 25 anni, in 132 Paesi del mondo in cinque continenti. Nelle sofferenze più disumane e nelle guerre più sanguinose, ho vissuto ascoltando sempre lo stesso grido dei bambini, delle donne, degli uomini toccati dalla disgrazia e dall?ingiustizia: «Datemi una mano». Ma insieme a quella richiesta di aiuto, oggi sento messaggi nuovi, nuovi per tono e contenuto. Atteggiamenti che cambiano perché sono cambiate le caratteristiche dell?interdipendenza tra i popoli.

In-sicurezza globale
Le cronache dei decenni dopo gli anni 60 -quando molti popoli poveri dichiararono la loro indipendenza – hanno dimostrato che la dipendenza economica reciproca tra le nazioni è cresciuta. Le cronache del dopo 11 settembre hanno dimostrato che è cresciuta anche la dipendenza, in termini di sicurezza umana, dei popoli ricchi da popoli o gruppi in via di trasformazione sociale e culturale.
I fatti di New York, di Madrid, di Jakarta, di Beslan sono simili pur essendo accaduti in angoli del mondo lontani tra loro. Sono i fatti che dimostrano che all?affermazione di Raoul Follereau («Nessuno nel mondo moderno potrà essere felice da solo») oggi si può aggiungere che nessuno può essere sicuro da solo. I cittadini del mondo globalizzato hanno paura. Per superare questa paura, il mondo, quello della vita di tutti i giorni, va visto come è davvero. Il mondo, quello vero, è una pallina nell?universo, un globo senza confini, con molte nuvole attorno, con sempre meno acqua ed energia e con sempre più malattie globali, sempre più popolazione povera e conflitti di natura complessa. Nessuno può davvero governare un punto, una casa, una città senza dipendere da risorse e decisioni quotidiane, compresi gli errori, fatte da altre persone in un?altra parte del mondo. Nessuno, neanche chi ha armi nucleari, si può difendere da disperati che si suicidano imbottiti di esplosivi. Dichiarare l?interdipendenza della razza umana significa credere che i popoli che hanno già fatto più cammino di uguaglianza e di libertà, hanno doveri più grandi di solidarietà per gli altri.
La grande maggioranza delle nazioni del mondo ha firmato, oltre allo Statuto delle Nazioni Unite, decine di leggi e trattati internazionali che sanciscono l?interdipendenza globale in temi di diritti umani, di ambiente, di criminalità organizzata, di salute pubblica e Aids. Tutte quelle leggi globali che il mondo si è dato vanno rispettate e i trasgressori vanno puniti.

Una sola opportunità
Le lotte antiche per l?indipendenza di un popolo potevano riuscire o fallire, ma si poteva sempre riprovarci più tardi. La nostra lotta di oggi per riconoscere, rispettare e regolare l?interdipendenza dei popoli non avrà una seconda opportunità. Con la potenza delle armi di oggi, con la scienza moderna, con la nuova finanza globale dobbiamo conquistare un cuore e un cervello capaci sì di dare una mano al pezzo di umanità che non ha cibo e a quella che non ha capito; ma dobbiamo farlo sapendo che in realtà stiamo salvando noi stessi e dando speranza ai nostri figli.
Il genere umano è l?unica razza che uccide per le idee e non per fame: deve diventare la generazione che trova le idee giuste perché possa sopravvivere. Se l?umanità non cambierà pacificamente le regole di governo dell?interdipendenza sarà inevitabile farlo con una guerra. Voglia Dio che il movimento della società civile che vuole l?interdipendenza riconosciuta, rispettata e regolata, ce la faccia in pace.
We shall overcome. Con l?Onu ce la faremo anche nei posti peggiori al mondo, perché è vero che dal letame può nascere un fiore.

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