Non profit

Neostatalisti. Bilancio di un governo poco liberale/2

Fondazioni bamcarie. E il famelico Tremonti legò le mani al non profit. Un anno fa il colpo di mano sulle fondazioni. E Il ministro, nonostante le sconfitte, medita l’assalto finale

di Francesco Maggio

Stavolta niente blitz. La Finanziaria del governo lascia fuori le fondazioni di origine bancaria. Certo, manca ancora il passaggio parlamentare. Ed è lì che l?anno scorso Tremonti intervenne a ?gamba tesa?. Ma, per il momento, sembra che il patrimonio degli 89 enti (nel complesso, circa 40 miliardi di euro) non verrà toccato per tentare di ripianare l?enorme buco del bilancio dello Stato. Il colpaccio di Giulio E sì che nove mesi fa c?è mancato poco perché il colpaccio riuscisse. A pochi giorni dall?approvazione definitiva della legge, il ministro dell?Economia apportò un emendamento al testo che, se fosse andato in porto così come congegnato, gli avrebbe risolto un bel po? di problemi. Tre i punti salienti di quel provvedimento: nuovo lungo elenco dei settori di intervento delle fondazioni (la ?legge Ciampi? ne prevede 6) compresa la prevenzione della criminalità e la sicurezza pubblica e l?obbligo di investire il 10% del loro portafoglio nello sviluppo del territorio (ossia, in obbligazioni degli enti locali o destinate alla realizzazione di infrastrutture); nuovi criteri di composizione degli organi di indirizzo degli enti con assegnazione prevalente dei posti a rappresentanti degli enti locali (si ipotizza subito addirittura il 75%); separazione netta dell?attività della fondazione da quella bancaria e ?parcheggio?, in attesa di dismissione, delle partecipazioni creditizie in apposite società di gestione del risparmio di nuova costituzione (su cui via XX Settembre eserciterebbe una super vigilanza). Insomma, in un sol colpo, con l?articolo 11 della legge 448/2001, Tremonti cerca di portare a casa più risultati: controllo politico degli enti; risorse preziose per finanziare la realizzazione delle infrastrutture; un rinnovato ruolo da protagonista nel sistema bancario nazionale. Peccato che tutto questo non c?entri nulla con il non profit: «è stata trascurata la questione centrale di quale sia la funzione effettiva delle fondazioni, una funzione che si collega al Terzo settore», afferma un giurista di vaglia come Giuseppe Guarino, avanzando dubbi di costituzionalità sulla riforma. Peccato che il parere consultivo del Consiglio di Stato sul regolamento attuativo della stessa lo bocci inesorabilmente su punti chiave come la quota dei consiglieri che il governo vorrebbe assegnare agli enti locali e sulla destinazione delle risorse: «si tratta», sostengono i giudici, «di limiti incompatibili con il regime privatistico e speciale delle fondazioni bancarie e quindi, tra l?altro, con la disciplina costituzionale dell?autonomia privata». Peccato che a un anno di distanza l?incertezza continui a regnare sovrana e tutto ciò abbia finito per bloccare la quasi totalità delle erogazioni pluriennali degli enti, quelle cioè che più riflettono la loro strategia d?intervento. Stile anni 30? Peccato che tutto questo non c?entri nulla con una concezione liberale del governo dell?economia cui Berlusconi a ogni pie? sospinto dichiari di ispirarsi. Hanno scritto Marcello Clarich e Andrea Pisaneschi, due giuristi autori di un importante volume Fondazioni bancarie (il Mulino): «Fino a pochi anni fa la cultura istituzionale dominante in Italia guardava con diffidenza alle istituzioni non lucrative sorte in modo spontaneo dalla società civile. Esse si ponevano in contrasto con la concezione panpubblicistica, laica, statalista e negli anni 30, corporativa, dell?intervento nel sociale». Dopo la parentesi di Ciampi al Tesoro, che tanto si battè affinché le fondazioni bancarie diventassero a tutti gli effetti protagoniste della società civile, oggi è diffusa l?impressione che si sia tornati ai tempi di cui parlano i due autori citati. E, francamente, non è un bel vedere.


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