Non profit

Nel Sudafrica che aspetta i mondiali

Grande attesa anche nelle township

di Emanuela Citterio

CAPE TOWN (Sudafrica) – L’ex presidente Thabo Mbeki lo aveva predetto: i Mondiali di calcio del 2010 avrebbero rappresentato il punto di svolta dopo secoli di povertà e conflitti. Non sembrano però crederci in molti qui a Cape Town. Qui, dove il 20% sono bianchi e il 50% “coloured”, dove si fatica a sconfiggere la miseria delle townships, sobborghi come quello di Khayelitsha dove vivono un milione di persone. In mezzo il nuovo stadio da 68 mila posti, costruito per ospitare le semifinali, che campeggia sul Green point, l’area verde del lungomare della città. La visuale è coperta. File di transenne, il personale di guardia chiede il pass a chi cerca di spingersi oltre per vedere la struttura più da vicino. Sembra un pacco regalo che, però, verrà aperto presto: l’11 di giugno si giocherà la prima partita dei primi mondiali in Africa. Il 14 toccherà all’Italia.

Ma per chi abita Città del Capo tutto l’anno per ora esistono solo le transenne, gli ultimi lavori stradali e i divieti. E i disagi ovviamente non mancano. Di fatto, ad esempio, è impedito il commercio informale nell’area di un chilometro attorno agli stadi. Sono le regole. Imposte dalla Fifa a cui il governo sudafricano si è adeguato. Nemmeno chi possiede negozi attorno agli stadi può vendere la merce, a meno che decida di pagare una tassa apposita. Niente venditori di frutta e verdura, di cibo e tessere telefoniche, di magliette e scarpe, come invece accade tutto l’anno sulle strade di Johannesburg o Cape Town. Nelle stesse aree avranno accesso solo i venditori autorizzati e ovviamente gli sponsor dei Mondiali, Mc Donald in primis con le sue insegne tirate a lucido a ridosso dello stadio.

“Il governo ha fatto piazza pulita delle persone che lavorano sulla strada perché vuole presentare un Sudafrica ordinato” afferma Steve, l’autista di una compagnia di taxi che ha già cominciato ad accompagnare a Green Point i primi fan delle squadre di calcio, e che per ora si accontentano di fotografarsi a vicenda davanti allo stadio impacchettato.

I ‘venditori formali’ protestano da mesi. E anche gli editoriali dei quotidiani locali sono durissimi: “Tutte queste restrizioni – ci hanno detto – hanno l’obiettivo di proteggere la Fifa e la sua super-zelante protezione degli sponsor contro la concorrenza sleale, ma da quand’è che pap e shisha nyama (i piatti base dell’alimentazione in Sudafrica) infrangono i marchi e i copyright?” si chiede sulle colonne del quotidiano sudafricano “Sunday Times” l’editorialista Pinky Kobane. Ancora più duro il commento di un altro noto editorialista, Shipho Hilongwe: “La Coppa del mondo è un evento della Fifa, che ha preso in affitto il Paese dal governo”. Punto e a capo.

Nel frattempo Waterfront, l’area commerciale con ristoranti e negozi per turisti sulla costa poco distante è presidiata da guardie e poliziotti. Il governo ha investito 100 milioni di dollari per la sicurezza di chi verrà a vedere le partite. Sulla strada che si allontana dalla costa e dallo stadio incontriamo Rose. Si è incammina per prendere l’ultimo autobus prima del tramonto. Ha 43 anni e vive in una città vicina. E’ qui a Cape Town per fare la volontaria ai Mondiali: “Lo sport e il calcio mi appassionano da sempre” – spiega – “E poi non potevo lasciarmi scappare l’occasione di vedere il mio Paese affrontare questa sfida”. Rose torna a casa dopo una giornata di preparativi, trascorsa all’interno dell’area riservata al personale dello stadio. Non vede l’ora, dice, che il campionato inizi.

In copertina il Green Point Stadium di Cape Town

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