Non profit

«Nel Regno Unito rendono 2,5 miliardi. In Italia dovete imparare a chiedere»

Richard Radcliffe, guru mondiale del legacy fundraising

di Ottavia Spaggiari

È una delle forme di fundraising più redditizia. Le stime europee dicono che per ogni euro investito in una campagna lasciti, si produce un ritorno di 38 euro». Ad affermarlo è Richard Radcliffe, guru britannico del legacy fundraising, la raccolta fondi tramite lasciti. Attivo nel non profit da oltre 25 anni, Radcliffe ha cominciato ad occuparsi di legacy fundraising 15 anni fa, diventando executive ceo della Smee & Ford, la più grande società britannica specializzata nelle campagne lasciti. Da allora ha incontrato, dice, «più di 9mila grandi donatori», è stato tesoriere dell’Institute of Fundraising del Regno Unito e svolge attività di consulenza in Asia, in America e in Europa. Italia compresa, dove insegna al master in Fundraising di Forlì.
Dove il “legacy fundraising” è più diffuso?
Nel Regno Unito grazie ai lasciti vengono raccolti ogni anno circa 2,5 miliardi di euro, circa il 15% delle donazioni annue. La maggior parte dei soggetti che operano nel non profit hanno attivato delle campagne mirate ai lasciti, e anche i musei, le università e molte associazioni culturali utilizzano questo strumento.
C’è un’organizzazione che ha sviluppato una campagna lasciti particolarmente redditizia?
In Gran Bretagna l’organizzazione più forte sul fronte lasciti è il Royal National Lifeboat Institute, che si occupa del salvataggio delle persone in mare: ogni anno raccolgono circa 120 milioni di euro. E anche le campagne attivate dagli enti che gestiscono gli ospedali minori ottengono ottimi risultati. Un caso interessante che ho potuto osservare da vicino nel vostro Paese è quello di Unicef Italia: in soli sei anni la loro campagna ha portato ad aumentare i fondi raccolti da un milione di euro all’anno a oltre 5 milioni. Una bella progressione.
Quanto incidono le facilitazioni fiscali, esistenti o eventualmente attivabili attraverso ulteriori sviluppi legislativi, sulla decisione di effettuare un lascito?
La mia esperienza mi dice solo in minima parte. Dopotutto quando non ci sei più, non hai molti motivi per preoccuparti delle tasse… Scherzi a parte, a meno che non si parli di patrimoni molto vasti, non è per ragioni fiscali che le persone decidono di effettuare un lascito.
Quali sono dunque le motivazioni?
La gratitudine è un motore decisionale molto forte. Molti lasciti vengono fatti perché le persone vogliono ringraziare le associazioni di cui hanno avuto esperienza diretta, o per un servizio di cui hanno usufruito. In Italia per esempio un socio del Fai potrebbe decidere di fare un lascito perché grazie a questa associazione ha scoperto l’esistenza di luoghi meravigliosi. Ma tanti, ultimamente, vanno anche al di là dell’esperienza diretta: con un lascito all’Unicef una persona non esprime solo la fiducia in quell’associazione, ma ne sposa la causa.
Ci descrive il lasciatario-tipo?
Di solito fanno questo tipo di testamenti persone che hanno superato la soglia dei sessant’anni. E questo è abbastanza scontato. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, invece, mediamente non sono persone ricche. La maggior parte dei lasciti proviene da gente il cui patrimonio non supera i 500mila euro. Il profilo di una persona che fa un lascito è molto simile a quello di una persona che effettua regolarmente donazioni. A volte però si tratta di qualcuno che non si è potuto permettere di sostenere una non profit durante la vita, e decide di “rimediare” in questo modo. La percentuale dei lasciti femminili supera comunque quella maschile.
Perché in Italia questa forma di fundraising non è così diffusa?
Il quadro legislativo non gioca a favore dell’Italia. In Italia, fin dal Codice napoleonico, in assenza di testamento è la legge che definisce quali sono le persone ? familiari ed eredi ? a cui va l’eredità, tutelati anche a prescindere dal testamento. In Gran Bretagna questa tutela non c’è. Poi, in Gran Bretagna i notai che seguono le pratiche testamentarie sono abituati a chiedere ai loro clienti se hanno intenzione di fare un lascito al non profit. In Italia ciò non accade quasi mai.
Che consiglio darebbe alle non profit italiane per incrementare i lasciti?
Bisogna essere chiari e costanti nella comunicazione, ricordare sul proprio sito web e nelle newsletter che esiste questa opzione. E soprattutto bisogna avere molto chiara una cosa: è importante chiedere. Per avere un lascito, bisogna chiederlo.


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