Circa
30 milioni di persone nel mondo vivono come schiavi, stando a un nuovo
Indice che ha classificato
162 Paesi.
L’Organizzazione per i diritti umani
Walk Free Foundation, con sede in
Australia, ha pubblicato a Londra il
Global Slavery 2013, che fa il punto sugli
"schiavi moderni”: servitù per
debiti,
matrimoni forzati e
traffico di persone.
Dall’indagine risulta che l’India svetta nella classifica con 14 milioni di persone ridotte in schiavitù. « Intere comunità nei villaggi del nord ridotte a questa condizione, costrette a fabbricare mattoni o a lavorare nelle cave. I bambini devono lavorare sui telai per fare i tappeti che vengono venduti nei nostri negozi», sottolinea Nick Grono, direttore generale di WFF .
Tre schiavi su quattro vivono in Asia, ma nessun continente si salva da questa piaga.
Gli autori del report auspicano che la pubblicazione di questi dati possa aiutare i governi a fronteggiare questo “crimine sommerso”, in buona parte ancora da scoprire.
Ecco i primi classificati:
1.India – 13,956,010
2.Cina – 2,949,243
3.Pakistan – 2,127,132
4.Nigeria – 701,032
5.Etiopia – 651,110
6.Russia – 516,217
7.Thailandia – 472,811
8.Repubblica Democratica del Congo – 462,327
9.Birmania – 384,037
10.Bangladesh – 343,192
«A molti governi secca dover sentire ciò che abbiamo da dire» è il commento rilasciato da Grono all’agenzia di stampa francese
Agence France-Presse.
«Siamo pronti a collaborare con tutti quei Paesi che desiderassero darci una mano per la realizzazione del nostro obiettivo: misurare in maniera più precisa la portata delle nuove schiavitù».
Tenendo conto del numero di schiavi in rapporto agli abitanti, la Mauritania è al primo posto col 4% della popolazione.
1.Mauritania
2.Haiti
3.Pakistan
4.India
5.Nepal
6.Moldavia
7.Benin
8.Costa d'Avorio
9.Gambia
10.Gabon
In Mauritania la schiavitù è ereditaria, i bambini nascono in questa condizione e sono costretti a svolgere lavori domestici o nei campi.
Questa ricerca ha ricevuto il sostegno di personalità importanti come il Segretario di Stato USA
Hillary Clinton e l’ex Primo Ministro britannico
Tony Blair.
Per la Clinton «è un buon punto di partenza. Sollecito I leader del mondo a interpretare questi dati come una chiamata all’azione per tutti, nessuno escluso»
Dal Rapporto emergeva che circa 10.5 milioni di bambini sono impiegati come lavoratori domestici. Di questi, 6.5 milioni hanno un’età compresa tra i cinque e i quattordici anni e circa il 71% sono ragazze.
Mandati a lavorare per integrare il reddito della famiglia o per pagare i debiti. Spesso gli viene negata l’istruzione primaria.
Molti di loro vengono sottoposti a violenza fisica e sessuale.
Constance Thomas, direttrice di
ILO, sintetizza la questione: «Il bambino lavora, ma non ha gli stessi diritti di uno che lavora;
sebbene viva in un contesto familiare, non viene trattato come un componente della famiglia. C’è bisogno di un quadro giuridico più chiaro per identificare, prevenire ed eliminare il lavoro domestico e fornire condizioni di lavoro dignitose ai minorenni».
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