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Nel mio palio ha vinto il dialogo

I segreti del "drappellone" dipinto dall'artista Ali Hassoun

di Carmen Morrone

L’evocazione di una battaglia. Un San Giorgio
in kefiah, una Madonna
con un richiamo al Corano.
Il racconto pennellata per pennellata di un’opera che ha fatto discutere. Ma solo lontano dalle contrade
Il bozzetto è stato approvato “a dritto”, come dicono i senesi, ovvero alla prima versione. Scritte arabe comprese. «È stato cambiato solo l’ordine degli stemmi delle contrade, cose senesi, in cui io non mi ci metto proprio», rivela il pittore Ali Hassoun che racconta a Vita come è nato il drappellone, che quest’anno, come non mai, ha portato all’onore dell cronache il Palio di Siena del 2 luglio. Ali Hassoun è infatti di origini libanesi ed è stato incaricato di dipingere la seta, premio della contrada vincitrice della corsa di cavalli.
Un arabo che firma il quadro, il palio appunto, di una delle più antiche tradizioni italiane è stata una notizia che ha fatto gridare allo scandalo a qualcuno (i soliti leghisti), ma non di certo ai senesi, che hanno accolto il dipinto con grandi consensi. Ali Hassoun, che a Siena ha vissuto per 15 anni, si è fatto aiutare dallo storico senese Giovanni Mancini. «Quest’anno è il 750esimo anniversario della battaglia di Montaperti e nel quadro ci sono molti riferimenti storici. Anche se non è compito dell’arte fare ricostruzioni scientifiche, ma piuttosto fare comunicazione. Quel che ho voluto comunicare è l’idea dell’incontro».Con uno scontro, una battaglia. «Ogni giorno dobbiamo combattere con noi stessi per domare i nostri istinti egoistici. Viviamo in una società sempre più egoista. Dobbiamo invece far prevalere i valori di solidarietà, di dialogo, di amore verso il prossimo. Nella nostra quotidianità il dualismo bene-male è sempre presente. Per lo sfondo del Palio ho usato gli intrecci tipici dell’arte musulmana che simboleggiano proprio questo. E dalla Madonna, dove sono appena percettibili perché nel divino c’è pace e non c’è scontro, scendono verso la terra con tutto il loro peso». Qui troviamo un drago morente e un fiero guerriero. Con una kefiah – con i colori dello stemma di Siena – al posto dell’elmo. E con l’arco anziché la spada. «La battaglia di Montaperti cominciò con l’invocazione a san Giorgio, venerato dai senesi. Il soldato è san Giorgio, ma rivisitato. La kefiah rimanda al dato storico della presenza di armigeri saraceni al fianco dei senesi. Questi erano degli arcieri, ecco perché l’arco e il drago infilzato da un paio di frecce». In questa esplorazione del dipinto non sfugge la firma, a sinistra, in arabo e in caratteri latini.
Lo sguardo torna in alto, alla Madonna. Un viso dai tratti moderni. Con pure l’orecchino. Sulla corona i tre simboli delle religioni monoteiste – la mezzaluna, la croce e la stella- e in arabo “surat Maryam” per ricordare che il Corano in un versetto parla di Maria. Dialogo, anche e soprattutto in questi tempi, fra le religioni. Infine una confessione: «I visi dei personaggi sono quelli di persone che incontriamo per strada. Per quelli del guerriero e del drago mi sono ispirato al mio volto. Perché dentro di me c’è il demone del male e del bene e mio compito è combattere il primo. Ce la farò, ho su di me lo sguardo d’amore della Madonna».


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