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Nel dopo Fidel scoppia la voglia di volontariato

Incontro con Aleida Guevara: le nuove generazioni pronte alla svolta. La sorprendente testimonianza dell’erede del medico argentino che vive a L’Avana

di Daniele Biella

La rivoluzione cubana ha le ossa rotte, ma avrà un futuro grazie ai giovani e al volontariato. Ha le idee chiare Aleida, che oggi ha 46 anni, vive a L?Avana ed è madre di due figli. Capelli corti, castani, e uno sguardo penetrante, passerebbe come una delle tante dinamiche donne latinoamericane, non fosse per il suo cognome: Guevara. Aleida è la seconda figlia di Ernesto Che Guevara. Dal padre ha ereditato la professione di medico e l?amore per il lavoro volontario, che l?ha portata a vivere due anni in Angola e uno in Nicaragua. Di recente è passata in Italia, su invito dell?associazione Italia-Cuba in occasione del cinquantesimo anniversario dell?inizio della Rivoluzione. Tanti incontri, molte domande, una su tutte. «Ovunque mi chiedono: ?Ora che succederà a Cuba??», dice Aleida. Fidel Castro è sparito dalla scena pubblica, il fratello Raul ha preso ad interim i poteri aprendo spiragli per una distensione con gli Stati Uniti. Sono sempre più insistenti intanto le voci di chi crede in una transizione dell?isola verso la democrazia, dopo decenni di governo comunista.

Il rischio, comunque vada, è di una crisi di identità. Per evitarla, Aleida Guevara, che oggi lavora nella capitale in una scuola per bambini disabili, un rimedio l?ha già: «Diamo il futuro in mano alle nuove generazioni». In un Paese di quasi 12 milioni di abitanti e un?età media che oscilla attorno ai 30 anni, saranno i giovani a dare l?impulso una volta uscito di scena Castro. «Lo stanno già facendo, tramite la riscoperta del volontariato». Un?arma potente che smuove le coscienze senza l?uso della violenza. «È il modo più corretto per non smarrire», continua la Guevara, «una pratica che si sta diffondendo e sta restituendo voce a una generazione che sembrava perduta».

Centinaia di ragazzi che si mobilitano dopo ogni catastrofe naturale internazionale, altrettanti che vanno nei villaggi a insegnare la lingua spagnola e a recuperare le parlate indigene, per non dimenticare il passato. La Revolución passa da qui, dallo spirito giovanile. Che sta facendo miracoli. «Sempre più ragazzi stringono rapporti con coetanei statunitensi, entrambi accettano le proprie diversità e si rispettano», dice Aleida. La loro apertura serve molto anche agli adulti: «Noi genitori dobbiamo perfezionarci di continuo», aggiunge la donna, «per formare i nostri figli e trasmettere loro quei valori che, al di là delle ideologie, mantengano salda l?identità del nostro popolo».

Un?identità messa a dura prova, oggi più che mai: Cuba soffre per i 47 anni di bloqueo, il blocco totale degli scambi commerciali con l?estero. Le risorse interne scarseggiano. Solo grazie agli accordi di fine 2004 con il Venezuela antimperialista di Chavez, la situazione non è ancora esplosa. All?Onu, lo scorso 8 novembre, la risoluzione contro l?embargo a Cuba ha raggiunto il record di adesioni: 183 Stati a favore, solo quattro contro (Usa, Israele, Palau, Isole Marshall) a cui si aggiunge l?astensione della Micronesia.

L?appoggio internazionale, per quanto simbolico, rimane per i cubani un grande stimolo. «Se siamo ancora in piedi e ci sono alcune cose che funzionano, vuol dire che non tutto è da buttare». Pur ritenendoli «necessari, vista la situazione», Aleida ammette i limiti del regime, «soprattutto la pena di morte ancora attiva e la difficoltà dell?esprimere liberamente il proprio dissenso».

Guevara esalta i traguardi raggiunti in campo educativo (tasso di analfabetismo quasi nullo e 45 università pubbliche, mentre prima del 56 erano tre) e medico, con 43mila dottori cubani che lavorano in tutto il mondo, la metà dei quali nel solo Venezuela. «Questo non per merito di Fidel Castro, ma grazie alla volontà di un popolo», dice Aleida, nel tentativo di togliere i riflettori da quello che considera un leader carismatico, ma non una presenza insostituibile. «Il giorno dopo la notizia della malattia di Fidel, io e altri milioni di miei concittadini cubani siamo andati al lavoro. Come ogni giorno», conclude la figlia di Che Guevara.

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