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Nel Donbass la violenza è senza tregua

Mentre in Europa si parla ormai esclusivamente di migranti e caldo tra russi e ucraini continua la guerra fratricida. Il russista Eliseo Bertolasi fa il punto della situazione, a partire dalla situazione della cittadina di Gorlovka, nella Repubblica Popolare di Donetsk

di Redazione

Il mainstream nostrano troppo impegnato a incensare le prodezze governative, o a seguire le audaci uscite estive delle veline o dei calciatori di turno, ha smesso di parlare del Donbass. Non significa però che su questa terra, martoriata dalla guerra da oltre un anno, non si continui a combattere a soffrire e a morire. Delle vittime civili del Donbass se ne parla pochissimo o non se ne parla affatto.

D’altro canto dall’inizio della guerra, la vulgata di Kiev racconta che su queste terre l’esercito ucraino sta combattendo contro “terroristi” filorussi se non addirittura russi. Non a caso il governo di Kiev definisce le sue operazioni militari nel Donbass come ATO (operazione anti-terrorismo), la realtà tragica è che, invece, si combatte una sanguinosa, quanto assurda, guerra civile “fratricida” tra due popoli storicamente e culturalmente fraterni: gli ucraini e i russi, che da secoli vivono sui medesimi territori del Donbass.

La situazione nella cittadina di Gorlovka (Repubblica Popolare di Donetsk) è drammatica. Come sostiene il suo sindaco Roman Khramenkov, solo nel mese di luglio, a causa dei bombardamenti delle forze armate ucraine sulla sua città, sono già morti 7 civili, oltre a 19 feriti, tra cui tre bambini.

Il sindaco ritiene che la cittadina di Gorlovka, attualmente, rappresenti il punto più “caldo” sulla linea di contatto nel Donbass. Secondo l’ufficio del sindaco, da gennaio a luglio 2015, sotto i bombardamenti delle forze ucraine 164 civili sono stati uccisi, 501 sono rimasti feriti. Secondo le statistiche la città, purtroppo, ha il primato del maggior numero di bambini uccisi sotto i colpi ucraini: 16 solo nella prima metà del 2015.

Sempre a Gorlovka nella notte fra il 29 e il 30 luglio, in seguito alla caduta di un ordigno su un’abitazione civile è stata distrutta un’intera famiglia: la mamma di 29 anni è morta sul colpo, il figlio Vlad di 7 anni e suo padre, con gravi ferite sono stati trasportati in ospedale. Si teme in modo particolare per la vita del figlioletto colpito da una scheggia alla testa e agli occhi.

A causa dei continui bombardamenti l’Amministrazione del distretto, a decorrere dal 3 agosto, su Gorlovka, ha decretato il coprifuoco dalle 22.00 alle 05.00.

Non dobbiamo dimenticare che l’anno scorso, sempre a Gorlovka, il 27 luglio, sono state trucidate Kristina, una giovane mamma, con la figlioletta di dieci mesi che teneva tra le braccia, entrambe dilaniate dalle bombe ucraine. La loro foto, agghiacciante, è diventata un’icona dell’immane tragedia umana che sta patendo la popolazione del Donbass.

A distanza di un anno, i civili continuano a morire. Questo è il risultato degli accordi di Minsk, mai completamente applicati. Il ministero della Difesa della Repubblica Popolare di Donetsk, secondo una dichiarazione del vice ministro Eduard Basurin, ha registrato, nel mese di luglio, quasi 1.300 violazioni del cessate il fuoco da parte delle forze ucraine.

Non si capiscono le ragioni di tanto accanimento su obiettivi civili da parte dell’esercito ucraino. Kiev continua a ritenere il Donbass una parte integrante dell’Ucraina. Perché quindi continuare a colpire con tanto furore il proprio popolo il proprio paese! Rimane lo sgomento davanti a tante vittime soprattutto tra i civili: donne, bambini.. probabilmente anche loro “terroristi” (secondo Kiev), colpevoli solo d’essere di origine russa e d’essere nati su una terra, il Donbass, che ha “osato” sfidare con una richiesta di maggior autonomia, il nuovo potere instauratosi a Kiev. Un nuovo ordine nato aggressivamente dalla protesta di Maidan, che ha rapidamente seppellito, sotto le ceneri dei bombardamenti, la benevola Ucraina dei due popoli fraterni.

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