Immigrazione
Nel 2023 solo il 23,5% di chi è entrato in Italia per lavorare ha ottenuto un contratto regolare
Nel 2023 le domande di ingresso per lavoro sono sei volte di più rispetto alle quote fissate dal Governo: 462.422 istanze inviate a fronte di 82.705 posti disponibili. Al 31 gennaio 2024, rispetto ai 74.105 ingressi previsti per l’anno 2023, risultavano 57.967 visti rilasciati e 10.718 visti rifiutati
di Redazione
Nel 2023 le domande di ingresso per lavoro sono 6 volte di più rispetto alle quote fissate dal governo e solo il 23,52% delle quote si è trasformato in permessi di soggiorno e impieghi stabili e regolari. Nel 2022, il tasso è stato del 35,32%, ma rispetto a un numero di quote inferiore.
È la fotografia degli anni 2023 e 2022 fatta dal dossier “I veri numeri del decreto flussi: un sistema che continua a creare irregolarità” della campagna Ero Straniero, che prosegue il suo monitoraggio del sistema per l’ingresso di lavoratori e lavoratrici dall’estero. Un sistema che, nonostante siano state introdotte procedure semplificate, si rivela ancora chiaramente rigido e farraginoso, che non solo continua a essere insufficiente rispetto alle richieste del mondo produttivo, ma conserva storture e criticità profonde che finiscono per creare irregolarità e precarietà.
L’analisi è condotta sui dati – ottenuti tramite accesso civico ai ministeri dell’interno, degli affari esteri e del lavoro e politiche sociali – sugli esiti dei decreti flussi relativi agli anni 2022 (decreto flussi del dicembre 2021) e 2023 (decreto flussi del dicembre 2022): il report è disponibile e scaricabile dal sito della campagna ed è stato presentato oggi al Senato da Giulia Gori (Fcei), Fabrizio Coresi (ActionAid) e Francesco Mason (Asgi), per la campagna Ero straniero, insieme a Paola Bonizzoni e Fabio De Blasis, Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Statale di Milano, Claudio Cappellini, CNA Artigiani e Imprenditori d’Italia, e da Laura Hardeep Kaur, Flai Cgil Frosinone Latina. Ero straniero. L’umanità che fa bene è promossa da A Buon Diritto, ActionAid, ASGI, Federazione Chiese Evangeliche Italiane (Fcei), Oxfam, Arci, CNCA, CILD, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, Radicali Italiani, con il sostegno di decine di organizzazioni.
I numeri reali di chi riesce ad entrare in Italia
Nel 2023 le domande pervenute nei click day sono 6 volte più numerose delle quote di ingressi stabilite: 462.422 istanze inviate a fronte di 82.705 posti disponibili. Per l’anno 2022 le domande invece erano state 209.839, più del triplo delle quote messe a disposizione (69.700). Le decine di migliaia di domande extra-quota corrispondono ad altrettante lavoratrici e lavoratori che sarebbero entrati in Italia regolarmente, in sicurezza, e che non hanno nessun altro modo per venire a lavorare nel nostro Paese.
Nel passaggio successivo alla domanda, il rilascio del nulla osta all’ingresso, si evince dai dati che migliaia di quote non vengono utilizzate. Nel 2022 i nulla osta rilasciati sono solo 55.084 a fronte di 69.700 quote disponibili (il 79,03%).
Il terzo passaggio è il rilascio dei visti per l’ingresso da parte delle rappresentanze italiane nei paesi di origine. Dai dati del ministero degli affari esteri emerge che al 31 gennaio 2024, rispetto ai 74.105 ingressi previsti per l’anno 2023, risultavano 57.967 visti rilasciati e 10.718 visti rifiutati. Sappiamo, inoltre, che delle 57.967 persone che hanno ottenuto il visto, a quella stessa data, 38.926 (e cioè il 67,15%) risultavano ancora nello step “attesa convocazione”: il meccanismo qui, chiaramente, si inceppa. Tra l’altro, rispetto alle quote 2022 (stabilite dal decreto flussi 2021) ci sono ancora oltre 2.300 visti pendenti, a confermare una pesante dilatazione dei tempi – ben oltre i limiti di legge – per questo passaggio della procedura.
Ma il vero dato allarmante che la campagna svela, si registra nel passaggio successivo e riguarda la finalizzazione della procedura, con l’assunzione e il rilascio dei documenti: se guardiamo al rapporto tra le quote fissate nei click day del marzo 2023 e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti, a fronte di 74.105 posti disponibili (su 82.705 quote complessive, che includono le conversioni), solo 17.435 sono state le domande finalizzate con la sottoscrizione del contratto e la richiesta di permesso di soggiorno per lavoro, il 23,5%. Rispetto alla procedura per l’ingresso per il 2022, il tasso è un po’ più alto ed è del 35,2% ma rispetto a un numero di quote inferiore: su 42.000 posti per il canale stagionale, il tasso di successo è poco sopra al 36% (15.215 contratti sottoscritti), mentre, a fronte di 20.000 ingressi non stagionali, il tasso di successo del relativo canale è del 33,4% (6.688 contratti sottoscritti). Solo una piccola parte di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia con il decreto flussi riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e giuridica, ottenendo lavoro e documenti. Che fine fa il resto delle persone? è destinato a scivolare in una condizione di irregolarità e quindi di estrema precarietà e ricattabilità. Un paradosso drammatico per un sistema che dovrebbe garantire l’ingresso legale di manodopera e contribuire alla crescita al paese.
Di fronte a questo quadro estremamente preoccupante, uno strumento per evitare che un numero consistente di persone diventi irregolare c’è già, visto che la legge prevede che, in caso di indisponibilità all’assunzione da parte del datore di lavoro, al lavoratore venga concesso un permesso di soggiorno per attesa occupazione. Tuttavia, dai dati emerge che solo 146 permessi per attesa occupazione siano stati rilasciati rispetto agli ingressi stabiliti per il 2022, mentre per il 2023, ne risultano 84 (fino a gennaio 2024): sono interventi del tutto insufficienti rispetto alle decine di migliaia di persone che avrebbero necessità di poter rimanere legalmente in Italia e cercare un nuovo lavoro. Perché tanta rigidità nel ricorso a uno strumento che ridurrebbe significativamente irregolarità, precarietà e lavoro nero?
Due gli elementi positivi, che riguardano alcune novità introdotte negli ultimi anni: innanzitutto emerge che il coinvolgimento delle associazioni datoriali nella procedura rappresenta un elemento di semplificazione e determina un incremento (anche se minimo) dell’efficacia. Nel decreto flussi 2022, poi, sono state ben 6.702 le domande fatte da chi ha partecipato a programmi di formazione nel paese d’origine a fronte dei mille posti inizialmente a disposizione: un dato significativo che dimostra l’interesse del mondo produttivo e indica che la strada della formazione nei paesi di origine da parte di aziende ed enti italiani può rivelarsi proficua in termini di incontro tra domanda e offerta di lavoro, come da tempo sostiene la campagna Ero straniero.
Nel dossier, infine, sono state inserite testimonianze di persone coinvolte nella procedura – lavoratrici e lavoratori, datori di lavoro, patronati e associazioni di categoria – raccolte presso il patronato CNA e nell’ambito del progetto di ricerca “Aspire” finanziato dall’Unione Europea, curato da Paola Bonizzoni e Fabio De Blasis, del Dipartimento di Scienze Sociali e Politiche dell’Università Statale di Milano.
In conclusione, la campagna Ero straniero ha nuovamente avanzato la richiesta al ministro dell’interno di intervenire con urgenza e prevedere il ricorso al permesso di soggiorno per attesa occupazione in tutti quei casi a rischio irregolarità, quando la procedura di assunzione non va a buon fine per motivi che non dipendono da lavoratrici e lavoratori. Più a lungo termine, la campagna ha ribadito “la necessità di una più generale riforma del sistema di ingresso per lavoro, a partire dalle proposte di Ero straniero: canali diversificati e flessibili, con l’introduzione della figura dello sponsor o di un permesso per ricerca lavoro, e un meccanismo di emersione su base individuale – sempre accessibile, senza bisogno di sanatorie – che dia la possibilità a chi rimane senza documenti di mettersi in regola a fronte della disponibilità di un contratto di lavoro o di un effettivo radicamento nel territorio”.
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