Cooperazione

Nel 2022 quasi 270mila persone uccise da guerre e disastri climatici

Presentato il bilancio sociale dell'organizzazione Coopi - Cooperazione internazionale. L'ong è attiva in 33 Paesi con oltre 250 progetti, nell’ultimo anno ha supportato quasi 7 milioni di persone: «Mai così tante emergenze, la cooperazione è chiamata a reagire»

di Redazione

Sempre più emergenze tra il 2022 e il 2023, con disastri climatici, calamità naturali e guerre che hanno messo in ginocchio decine di Paesi nel mondo, non risparmiando l’Italia. Solo nello scorso anno, 387 disastri climatici e guerre nuove o croniche hanno ucciso complessivamente 270mila persone. Una cifra record che rischia di essere confermata, se non di peggiorare, nell’anno in corso.

Il drammatico scenario è stato descritto in occasione della presentazione, a Milano, del Bilancio sociale della storica organizzazione umanitaria Coopi Cooperazione internazionale. «Stiamo affrontando un periodo storico molto difficile per la cooperazione, con emergenze improvvise e “croniche” che si sommano e sovrappongono, spesso colpendo Paesi già in grave difficoltà. Coopi ha dovuto così concentrare maggiormente i propri interventi sulle emergenze», ha detto Ennio Miccoli, direttore della ong. Le Nazioni unite stimano che nel 2023 le persone bisognose di assistenza umanitaria saranno 339 milioni: un ulteriore balzo rispetto al 2022, quando erano state 274 milioni, mai così tante da trent’anni. Coopi, per rispondere alle nuove esigenze, è sempre più impegnata sulle emergenze con 191 progetti su un totale di 252. Nel 2022 ha sostenuto, nel complesso, 6,8 milioni di persone in 33 Paesi tra Africa, Medioriente, America Latina e Caraibi, Italia. 

Nel 2022 le catastrofi ambientali sono state 387, colpendo 185 milioni di persone e causando oltre 30mila morti, per oltre la metà (16mila) legate alle ondate di caldo in Europa, tre volte peggiori del 2021. I disastri hanno spinto più di 32 milioni di persone a fuggire, mai così tante da un decennio e il 41% in più rispetto alla media dei dieci anni precedenti. In prospettiva, tra 1970 e 2021 i disastri climatici sono stati quasi 12mila: 2 milioni i morti, al 90% nei Paesi in via di sviluppo. L’aumento del numero e della violenza dei disastri climatici fa inoltre prevedere che 1,2 miliardi di persone potrebbero essere sfollate nei prossimi 30 anni.

Il 2022 ha registrato anche il maggior numero di morti legati a guerre (oltre 237mila) dal 1994, anno del genocidio in Rwanda, a causa soprattutto dell’aumento delle violenze in Etiopia e Ucraina; i conflitti armati attivi tra Stati erano 55 in 38 Paesi, oltre agli 82 di altro tipo. Già nell’anno precedente all’invasione russa dell’Ucraina, il numero di morti nei conflitti armati era aumentato del 45% dal 2020 (più di 100mila), ribaltando la tendenza al calo che proseguiva da cinque anni, dopo il record di vittime legato alla guerra civile in Siria nel 2014. Il mondo, negli ultimi 15 anni, è diventato meno pacifico: dei 163 Paesi considerati dal Global Peace Index, in ben 95 la situazione è peggiorata. 

Le emergenze spingono alla fuga, in cerca di luoghi dove poter vivere, anziché sopravvivere. Considerando gli almeno 280 milioni di migranti internazionali, la stragrande maggioranza (75%) trova rifugio nei Paesi a basso e medio reddito, solo il 24% in quelli ad alto reddito, e il 70% si stabilisce nelle nazioni confinanti a quella di partenza. Nel 2022 sono state oltre 108 milioni le persone costrette ad abbandonare le proprie case nel mondo, 19 milioni in più in un anno, un dato record.  

I rifugiati e richiedenti asilo, il cui numero è cresciuto del 35%, con il record di 8,9 milioni che ha spinto il totale a 35 milioni. La Turchia è la nazione che ne ospita il maggior numero (3,6 milioni), seguita da Iran (3,4 milioni), Colombia (2,5 milioni), Germania (2,1 milioni) e Pakistan (1,7 milioni). L’Europa (Turchia inclusa) ospita 12,4 milioni di rifugiati, l’Asia-Pacifico quasi 7 milioni, quasi tutti in Iran, Pakistan e Bangladesh, le Americhe 6 milioni. In Africa Sub-Sahariana sono 7 milioni, in Medioriente e Nordafrica 2,4 milioni. Nel 2022 in Italia sono arrivate quasi 304mila persone, di cui meno di 174mila dall’Ucraina. Anche il numero degli sfollati interni ha segnato un record nel 2022: oltre 71 milioni di persone, il 20% più dell’anno precedente e un dato mai raggiunto prima. Il numero di persone in fuga per conflitti e violenze è raddoppiato a oltre 28 milioni, toccando i 62 milioni,mentre quelle fuggite per disastri erano quasi 9 milioni. Quasi due terzi del totale si trova in 10 Paesi di Medioriente, Africa e Sudamerica, con unica eccezione europea in Ucraina.

La risposta di Coopi alle emergenze

Coopi è attualmente impegnata nelle maggiori emergenze umanitarie al mondo: la crisi siriana, quella venezuelana, in Africa occidentale, in Corno d’Africa e Sudan, in Africa centrale. In Italia è attivo un progetto per contrastare la crescente povertà.

Medioriente e NordAfrica. Coopi interviene in Siria, Iraq, Libano, Giordania, Libia e Tunisia, paesi in cui si affrontano complesse emergenze, con 35 progetti a sostegno di 286mila persone. L’organizzazione opera in particolare in Siria e nei paesi coinvolti dalla crisi siriana, la più grave al mondo per numero di persone in fuga (13 milioni di sfollati nel Paese o fuori dai confini). A causa del terremoto del febbraio 2023, l’ong ha diversificato prontamente la sua azione aiutando oltre 40.000 persone nelle zone più colpite (Aleppo e Hama).

America Latina e Caraibi. Nel 2022, Coopi ha incrementato il suo intervento in Venezuela, colpito da una complessa crisi che ha spinto 7 milioni di persone a lasciare il Paese e fatto cadere in povertà il 65% delle famiglie rimaste. La crisi venezuelana è la più grave crisi umanitaria ad esodo interno della storia latinoamericana moderna ed ha coinvolto i paesi vicini, tra cui il Perù e l’Ecuador dove l’organizzazione lavora da anni. In complesso, contando anche la presenza in Bolivia, Guatemala, Haiti, Paraguay e Colombia, Coopi ha realizzato 40 progetti nell’area, aiutando 337mila persone.

Africa Occidentale. Coopi è attiva in Niger, Nigeria, Mali, Burkina Faso, Mauritania, Senegal, Sierra Leone e Gambia. In particolare, nei paesi del Sahel, l’instabilità e le violenze fanno sì che oltre 30 milioni di persone abbiano bisogno di assistenza umanitaria. Qui l’organizzazione risponde con 57 progetti realizzati nel 2022, per 2,8 milioni di persone, con un approccio multisettoriale (salute, sicurezza alimentare, nutrizione, acqua e igiene, protezione, educazione). 

Africa orientale ed australe. Nella regione, l’organizzazione interviene con 68 progetti, a sostegno di 2,4 milioni di persone, in Etiopia, Malawi, Somalia, Sudan e Uganda. Nel Corno d’Africa, 36 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria, a causa di conflitti, instabilità politica, effetti di cambiamenti climatici e fenomeni naturali estremi. L’area è precipitata in una crescente emergenza, dopo l’esplosione del conflitto ad aprile 2023 in Sudan. Qui Coopi è presente dal 2004 e oggi presta aiuto a 35mila sfollati al confine con l’Etiopia e ad altrettanti rifugiati in Ciad, al confine con il Darfur.

Africa Centrale. Sono 36 milioni le persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria e 8 milioni gli sfollati-rifugiati, in una crisi complessa alimentata da instabilità politica, gruppi armati e criminalità, povertà, fame ed epidemie, disastri naturali. Coopi, presente dal 1974 in Repubblica Centrafricana e dal 1977 in Repubblica Democratica del Congo, opera con 51 progetti a sostegno di un milione di persone.

Italia. Prosegue anche l’impegno contro la povertà in Italia: ad agosto 2022 sono state aiutate 450 famiglie, quasi il 20% in più rispetto all’anno precedente. È cresciuto anche il quantitativo di aiuti alimentari distribuito, perché ad agosto 2022 era già stato raggiunto il dato di tutto l’anno precedente. Complessivamente nel corso dello scorso anno sono state distribuite circa 45 tonnellate di cibo.

Credi Foto: RepCentrafricanaCOOPI_ph.Silvano Pupella

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