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Neet, i progetti fanno bene ai maschi del nord. Non alle donne, né ai giovani del sud

Scende il numero dei giovani Neet (-7%, ma in Italia il problema è comunque enorme). Chi è riuscito a trovare lavoro grazie ai progetti? Soprattutto i ragazzi (maschi) del nord, quelli più istruiti. Pochi i benefici per i giovani del sud e per le donne (che continuano a rappresentare il 59% dei Neet). L'Italia rischia anche di dover rinunciare a 1 milione di euro di fondi Ue. L'analisi di ActionAid e Cgil

di Sabina Pignataro

Parliamo di Neet: giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano, non lavorano, non cercano un’occupazione. L’Italia ha un problema enorme: è il secondo paese (tra i Ventisette dell’Unione Europea) con il più alto tasso di Neet (16,1%). Fa peggio solo la Romania (19,8%). Negli ultimi anni qualcosa è leggermente migliorato, ma non a sufficienza.
Nel 2013, l’Unione europea ha promosso il primo grande progetto: si chiamava “Iniziativa occupazione Giovani (IOG)”. L’Italia si è portata a casa 2,7 miliardi di euro da spendere tra il 2014 e il 2021 per provare a risolvere questo problema: cioè trovare un lavoro ai giovani Neet.

Come è andata? «Il programma in Italia non ha funzionato», spiega Rossella Silvestre, policy expert di Actionaid.
Due i motivi: i giovani che hanno trovato lavoro sono pochi, ma soprattutto sono solamente i maschi con un titolo di studio alto, e che vivono al nord. «Ai giovani in condizioni di disagio, e alle donne il programma non ha dato alcun beneficio. In poche parole: il progetto è stato inefficace». Ma c’è poi un secondo problema: «L’Italia ha speso solo il 62% dei fondi messi a disposizione e quindi rischia di dover restituire circa 1 miliardo dei 2,7 stanziati».

ActionAid e CGIL hanno dedicato al tema il report  NEET: GIOVANI IN PAUSA. Superare gli stereotipi per costruire politiche pubbliche efficaci”,

«I dati di questo report confermano che ad aggravarsi sono le condizioni delle giovani donne e di chi vive al Sud», sintetizza la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione.

Procediamo con ordine e analizziamo il primo problema.

Perché non ha funzionato?

Dall’analisi di ActionAid e Cgil risulta che Garanzia Giovani ha coinvolto circa l’82% della popolazione giovanile residente in Italia in condizione Neet. Ad accedere al programma sono stati soprattutto uomini (52%) di età compresa tra i 19 e i 24 anni (56,2%) residenti nel Sud Italia e nelle Isole (43,4%).  A sei mesi dalla fine del programma, risulta che Garanzia Giovani ha contribuito a reintrodurre nel mercato del lavoro solo il 26% della popolazione Neet del nostro Paese. Quasi uno su quattro.

Ma guardiamo l’identikit di queste persone: «Si tratta  prevalentemente giovani in una condizione di maggiore privilegio. Infatti – specifica Silvestre – il 58,8% sono di uomini del Nord ovest e in possesso di un titolo di laurea (61%). Sono stati scarsi gli effetti residenti nei territori del Sud o del Centro e con bassi livelli di istruzione». 


Però è proprio al sud che i Neet sono più presenti: la regione Sicilia ha il tasso di incidenza più alto (32,2%), seguita dalla Campania (31,2%) e dalla Calabria (30,3%). 

Quindi: bene, ma non benissimo. Il bersaglio è stato mancato.

Fondi non spesi

Dicevamo che erano  circa 2,7 miliardi di euro i fondi europei messi a disposizione dell’Italia nel periodo 2014-2020 per reintegrare nel mondo del lavoro i giovani Neet. Secondo la Ragioneria generale dello Stato a febbraio 2024, i pagamenti certificati ammontavano a 1,6 miliardi, ovvero il 62% dei fondi stanziati.
La regola comunitaria, in soldoni, prevede che se non impieghi o non spendi i fondi li devi restituire. «Se al termine della rendicontazione questo dato sarà confermato, Bruxelles , richiederà all’Italia di restituire circa 1 miliardo di euro», spiega Silvestre.

Risorse quindi sprecate. Attenzione: non è una novità, né una specificità di questo problema. L’Italia fatica spesso a spendere tutti i soldi che arrivano dall’Unione Europea. Sta accadendo la stessa cosa anche con i fondi Pnrr,  e accade da anni con i progetti comunitari in generale.
«Certo, ma il fenomeno dei Neet non è cosa di poco conto o marginale: si stima costi allo Stato italiano circa 25 miliardi l’anno, l’1,4% del PIL italiano».

Le donne sempre più svantaggiate

Diciamo “i Neet”, ma dovremmo dire “le Neet”: a non studiare e non cercare lavoro sono soprattutto le persone di sesso femminile. E’ una tendenza costante. Negli anni, la quota di donne Neet è rimasta sempre molto alta rispetto a quella degli uomini:  è aumentata di circa l’1% rispetto all’anno precedente arrivando a toccare il 59%, che aumenta nel caso delle giovani di origine straniera (73%). Man mano che avanza l’età per le donne italiane l’ingresso nel mondo del lavoro si fa una chimera: dai 30 ai 34 anni le “Neet” sono il 40%, a fronte di un 27% dei coetanei maschi  (ISTAT 2023).

Su VITA ne abbiamo scritto qui: Gender Gap anche tra i Neet: 1 ragazza su 4 non studia e non cerca lavoro

Come mai? «Ad incidere su questi numeri – spiega Silvestre –  contribuisce da sempre il lavoro di cura familiare che ricade soprattutto sulle loro spalle. Le ragazze rappresentano infatti la quota maggiore (65%) di Neet definiti inattivi, ma tra loro il 30% delle giovani dichiara di non essere alla ricerca di lavoro perché impegnata nella gestione dei carichi di cura familiari di minorenni o persone non autosufficienti e il 21% per altri motivi familiari (es. è casalinga). 

Neet Caregiver

La disparità di genere si vede anche in questo. Come rileva anche il report InDifesa di Terre des Hommes si tratta di una «situazione determinata, da un lato, da convenzioni o pressioni sociali che tendono a dare una maggiore importanza al ruolo delle donne all’interno della famiglia; dall’altro da un mercato del lavoro che privilegia l’assunzione di giovani uomini rispetto alle giovani donne, che rende difficile conciliare l’attività lavorativa con la cura dei figli».

L’Osservatorio di Intesa Sanpaolo ha individuato nelle giovani mamme (dette anche “Neet Caregiver”) una delle cinque tipologie di Neet. Giovani donne appartenenti ad una classe d’età compresa tra i 25 e i 29 anni che hanno responsabilità familiari. Sotto il profilo professionale risultano inattive, non cercano e non sono disponibili al lavoro. Per la posizione ricoperta in famiglia assumono la caratteristica prevalente di “Neet Caregiver”.

Su VITA ne abbiamo scritto qui: Neet d’Italia: giovani mamme, ventenni dei lavoretti, figli del lockdown, troppo preparati

In prospettiva

Secondo un’analisi di Adapt, tra il 2018 e il 2023 il numero di Neet si sia ridotto in modo significativo da 3 a 2,1 milioni (- 859 mila unità). In termini percentuali significa una riduzione di circa 7 punti percentuali, dal 24,6% al 18,0%.

«Il dato è positivo – conclude Silvestre – ma le politiche messe in campo stanno mancando il bersaglio: i giovani del sud; i giovani con un basso tasso di istruzione; le giovani donne continuano ad essere Neet. Sta migliorando solo la condizione dei maschi laureati del nord».

Foto di Kristina Flour su Unsplash


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