Non profit

Né statale né privata, ma buonasanità

La tragedia della camera iperbarica di Milano ha messo sotto accusa tutto il sistema sanitario italiano.

di Alessandro Sortino

Dal fuoco della camera iperbarica del ?Galeazzi? di Milano sono emerse vive e vegete due fazioni: i guelfi della sanità pubblica, i ghibellini di quella privata. Chi ha ragione e chi ha torto? Bisognerebbe chiederlo a un bimbo talassemico. Al mondo ha una sola possibilità di essere curato e gliela offrono la divisione ematologica e il Centro trapianti di midollo osseo dell?ospedale di Pesaro, diretto dal professor Guido Lucarelli. L?ospedale è pubblico, ma il 50 per cento del personale che vi lavora è composto da volontari e borsisti. Le borse di studio sono finanziate da una fondazione non profit che raccoglie i fondi, che porta il nome di un imprenditore locale: si chiama fondazione ?Berloni?. Una persona che deve subire un trapianto al midollo deve affrontare una degenza di nove mesi. E con lui il donatore. All?ospedale di Pesaro lavora una associazione di volontari (la sigla è Ail) che gestisce il villaggio Trebbiantico, un complesso composto da nove appartamenti. Ospitano le famiglie dei malati per tutto il tempo della degenza. E non si tratta solo famiglie italiane: «Nel nostro ospedale», spiega Antonella Baldassarri, il braccio organizzativo del professor Lucarelli, «arrivano pazienti da ogni parte del mondo. Avevamo dei problemi all?inizio perché nelle leggi italiane questa possibilità, che qualcuno scegliesse l?Italia per farsi curare, neanche era contemplata». Insomma, l?ospedale è pubblico, ma dove non arriva lo Stato, arrivano i cittadini, i volontari o i donatori. «Io credo nella funzione pubblica della sanità», spiega Lucarelli, «ma tralasciando i discorsi teorici, che non mi competono, constato in che misura la gente, intendo i cittadini, le persone, vogliono partecipare a realizzare questa funzione». Certo. La capacità del professor Guido Lucarelli e di Antonella Baldassarri, di scatenare entusiasmo, di suscitare speranza, di coinvolgere le persone, deriva proprio dal modo di intendere il proprio lavoro. Il professor Lucarelli, pur possedendo conoscenze che pochissimi medici possiedono al mondo, è sempre vissuto del suo stipendio (lavora all?ospedale di Pesaro dall?inizio della sua carriera) . È un ricercatore straordinario, ma ha scelto di restare in Italia, rinunciando agli onori e ai dollari della ricerca Usa. Non ha mai venduto le sue conoscenze agli altri medici, al contrario li ha invitati spesso a Pesaro per trasmettere loro gratuitamente il suo metodo. Insomma: ha scelto di non arricchirsi con le malattie dei suoi pazienti. Né di considerarle una fonte di potere. Per questo il bambino talassemico a quella domanda fatidica: «Quale sanità ti ha guarito? La tua salute di che marca è? Pubblica o privata?» risponderebbe con un sacrosanto «Boh». E lo stesso direbbero gli ospiti sordociechi della comunità ?Kalorama?, di Osimo, fondata nel ?75 dalla Lega del filo d?oro. Risponderebbero, perché questi malati, grazie alla Lega, oggi sono in grado di comunicare. Un tempo finivano nei manicomi, perché la mancanza di canali di comuicazioni, li rendeva ?irrecuperabili? per la sanità publica. Oggi sono giunti all?autosufficienza. Le Asl di tutta Italia inviano i pazienti a Osimo, dove vengono ospitati in un regime di convenzione con le strutture pubbliche. I fondi che vengono dalla convenzione però, col tempo, sono diventati la parte minore delle risorse investite per il recupero dei ragazzi. La ?Lega del filo d?oro?,oltre che gestire la comunità, dispone di un centro diagnostico, organizza e segue un?impressionante attività di formazione per insegnanti, e operatori, possiede tre strutture periferiche, a Roma, Napoli e Milano, e soprattutto svolge un lavoro di riabilitazione continuo che ridà la speranza a migliaia di famiglie. Miracoli della sanità. Pubbica o privata? Chissà. La parola miracolo cade a pennello anche a San Giovanni Rotondo, dove sorge la ?Casa Sollievo della sofferenza?, fondata nel 1956 da padre Pio. Si parla più spesso delle sue stigmate che di questa sua opera: l?ospedale più importante del centro sud, che ospita trecentomila pazienti all?anno, l?unico istituto che attira anche pazienti del nord . E non si tratta solo di devoti, che sperano nella grazia. Ma di persone che conoscono l?affidabilità medica delle strutture della casa. Nacque come clinica privata, oggi la Casa della sofferenza è un ospedale pubblico. Più esattamente: una struttura che fornisce un servizio pubblico, senza essere di proprietà dello Stato. E la ricetta del miracolo forse sta proprio qui. Non è un caso se a Milano, Brescia, Erba, e ancora a Gorizia e Venezia, gli ospedali che funzionano meglio, sono quelli dell?Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio Fatebenefratelli. La ricetta è la stessa: il servizio è pubblico, ma le strutture sono di un ente privato senza scopo di lucro. Ciò che le distinge di più da un ospedale statale tout court è la qualità della ?alberghizzazione?. L?ospedale è parificato al pubblico (dunque i servizi li paga lo Stato) ma i pazienti hanno la sensazione di stare in clinica: le stanze, ad esmpio, non superano mai i due posti letto. Le perdite economiche che si verificano a causa della maggiore qualità dei servizi, sono interamente a carico dell?ente. Spiega il dottor Nizza, uno dei dirigenti della struttura: «È una realtà il fatto che noi attiriamo più volontari rispetto alle strutture pubbliche. Credo sia connaturato alla nostra origine non profit». Ultimo esempio di ?buonasanità? l?Avis, Associazione nazionale volontari del sangue. Parla il presidente nazionale, professor Pasquale Colamartino: «La nostra associazione ormai da sette anni, da quando i centri trasfusionali sono passati allo stato, svolge un ruolo di integrazione. Però c?è un dato di cui tener conto: nelle regioni nelle quali si realizza questa convivenza dello Stato col privato sociale, si ottengono i risultati migliori, che nel nostro caso sono l?autosufficienza e la sicurezza. La ragione è semplice: quando si è in due, si ha necessità di porre dei paletti, di stabilire delle regole e poi di rispettarle. In sintesi: lo Stato realizza una programmazione efficace solo là dove non opera in solitudine». CENTRO TRAPIANTI DI PESARO L?Ail di Pesaro è una sezione della Associazione italiana contro le leucemie nata nel 1974. Da sempre collabora con il Centro trapianti di midollo osseo, presso il reparto di Ematologia dell?ospedale di Pesaro, e con l?équipe di ricercatori coordinati dal prof. Guido Lucarelli. Il Centro, ormai fra i più importanti d?Europa, usufruisce del lavoro di medici, biologi e infermieri, metà dei quali volontari. L?Ail di Pesaro si impegna erogando borse di studio a medici e infermieri LEGA DEL FILO D?ORO La “Lega del filo d’oro” fornisce assistenza e terapie riabilitative a sordociechi e pluriminorati sensoriali. Dal 1967 ha dato vita a un Centro Diagnostico e di documentazione. Un centro di ricerca è inoltre a supporto dell’attività preminente della Lega: i servizi di riabilitazione, che a Osimo nelle Marche, accolgono persone di età diversa ma con problemi simili. L? OSPEDALE DI PADRE PIO La Casa Sollievo della sofferenza, inaugurata da Padre Pio nel 1956 come clinica privata, è stata poi equiparata a ogni effetto a un ospedale pubblico e dal 1991 è anche un Irccs. Costituisce oggi una delle più grandi istituzioni sanitarie, assistenziali e di ricerca scientifica del Centro-Sud. Accoglie o visita ogni anno 300 mila pazienti, ricoverandone ben11 mila provenienti da altre regioni. Tutti ammalati che prima erano costretti ad andare a curarsi al Nord o all?estero. I FATEBENEFRATELLI L?ordine ospedaliero di S. Giovanni di Dio Fatebenefratelli, ente religioso dedito all?attività ospedaliera, dal 1938 è riconosciuto dalla legge italiana. Essendo un ente religioso è ovviamente senza fini di lucro, non ha capitale sociale né soci. Attualmente l?ordine possiede e gestisce 18 case in Italia, di cui la maggior parte sono ospedali accreditati, e poi ci sono istituti di riabilitazione e case di riposo per anziani, per un totale di circa 3700 dipendenti


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