Cultura

Nazzarena, 60 anni di clausura. E uno strano senso di giovinezza

Riflessioni dopo un incontro speciale. Chi mi aspetta vive qui dentro da 60 anni: si chiama Mariolina Rivi, è nata nel 1929 e nel 1947 è entrata in clausura prendendo il nome di Nazzarena.

di Gino Girolomoni

Sono nel parlatoio delle Clarisse Cappuccine di Mercatello sul Metauro nell?Urbinate, a un?ora da dove vivo. In questo monastero è vissuta una santa che non starebbe male fra i dottori della Chiesa come Caterina da Siena e Teresa d?Avila: Veronica Giuliani. Chi mi aspetta vive qui dentro da 60 anni: si chiama Mariolina Rivi, è nata nel 1929 e nel 1947 è entrata in clausura prendendo il nome di Nazzarena. Da bambina la madre, che aveva capito bene cosa aveva in testa la figlia, la svegliava alle 4,30, l?ora in cui le suore di clausura che stavano dall?altra parte della via si alzavano per la preghiera. La bambina le poteva seguire ascoltando il leggero bisbiglio delle lodi. Giuda era laureato Il giorno della prima Comunione, Mariolina aveva dato un ?ultimatum? al Signore: «O mi fai entrare nelle Cappuccine o ti prendi la mia vita ora». Patti chiari e amicizia lunga. Sono passati tanti anni e suor Nazzarena si scusa. è imbarazzata perché le dico che vorrei usare le sue parole per un?intervista. Cerco di metterla a suo agio dicendole quello che penso della sua categoria e cioè che fa il ?mestiere? più importante che ci sia: quello di pregare. E poi le confesso che le suore di clausura mi appaiono sempre tutte belle e giovani, anche quando hanno 80 anni come lei. Il suo sorriso, la spigliatezza, l?arguzia ne sono la prova. Si dice ancora preoccupata per gli studi mancati. Io le dico di non preoccuparsi perché anche intorno al Signore tra quelli che lo hanno seguito non c?era nessun laureato e il più istruito fu quello che lo tradì. Riprendiamo il discorso sulle giornate nel monastero. Sveglia alle 0,30 per l?ufficio divino. «Questa è la regola più dura a cui non ci si abitua mai», mi confessa. Si torna a letto fino alle 6. Alle 6,30 l?atto comune e le Lodi, Messa alle 7,30. Una colazione frugale e ritorno in coro per l’adorazione a turni di mezz?ora, una per volta. Nel pomeriggio chi ha dei ruoli da svolgere può dedicarsi: cucito, orto e pollaio, fabbricazione delle ostie per qualche parroco, la cucina, l?infermeria dove c?è quasi sempre una sorella o due che stanno male. Alle 13,30 c?è il pranzo: una delle suore legge loro le vita dei santi, le encicliche o un discorso del Pontefice, la Regola, le Costituzioni o la conferenza di un dotto della Chiesa, sia di ieri che di oggi. Dalle 15 alle 15,30 ricreazione in laboratorio: è il momento in cui le giovani possono far esplodere l?esuberanza che portano e nel viale giocano perfino a pallone. E’da quand?ero bambino che il calcio non mi interessa, ma devo ammettere che mi piacerebbe vedere giocare le sorelle di Mercatello: la visione sarebbe più bella di quella dei pretini del grande fotografo di queste terre, Mario Giacomelli. Dalle 15,30 alle 16 in coro per la nona. Alle 16 letture e meditazione. Poi si torna alle proprie occupazioni fino alle 18 ora dei vespri a cui segue un?ora di meditazione. Cena alle 19,30, compieta alle 20,15 e alle 21 si conclude la giornata con il ritiro nelle proprie celle. Una volta al mese una giornata di ritiro: si può stare nella propria cella anche per mangiare un solo pezzo di pane come fa suor Nazzarena. Sono in 21 le sorelle, fra cui la superiora Donata di Ancona, che ha festeggiato 25 anni di professione come suor Letizia che mi ha aperto il parlatoio. Non hanno la tv. «Non è mai entrata lì dentro», mi dice Nazzarena. «Che fortuna», le ribatto io, «non sapere chi sono Mara Venier, la De Filippi e le veline». Suor Nazzarena mi racconta la gioia di quando 20 anni prima fecero la scelta all?unanimità, mentre lei temeva che le più giovani optassero per far entrare quella scatola luminosa. Leggono Avvenire e l?Osservatore Romano, ascoltano la radio. Per testare il livello di informazione di quel che succede fuori, faccio a suor Nazzarena qualche domanda. Degli attentati alle torri gemelle del 2001 si dice informata, ma quando chiedo i loro commenti e se cioè pensassero che dalle grotte dell?Afghanistan si potesse organizzare un colpo all?Occidente come quello, mi risponde che «lei alla sua età non ha approfondito, ma è certa che le sorelle più giovani ne abbiano discusso perché i due giornali che ricevono li leggono e li commentano». Anche lei, da dopo il Concilio, va regolarmente a votare e mi sorprende che ai referendum contro caccia e pesticidi non ci siano andate. Faccio notare il mio stupore, la natura e la vita sul pianeta sono minacciate seriamente, il Maligno attenta alla creazione perché la vuole distruggere, sarebbe la sua grande rivincita contro il Creatore. è triste suor Nazzarena per il mio rimprovero, ma qui dipende dai pastori. «Che pastori sono quelli che pensano che l?unico pericolo per il gregge sia il lupo?», ho detto tante volte anche davanti a questi pastori. Oggi c?è una maggiore sensibilità, ma non quanto basta. Vorrei sentire il grido di dolore di Benedetto XVI sulla terra ferita a morte. Le chiedo: «In tutti questi anni vi è mai mancato il sostentamento, avete mai sofferto la fame?». Mi risponde: «Mai. La Provvidenza ci vuole bene, certo che a tavola nessuna di noi può dire ?questo non mi piace?, si mangia quello che c?è, anche il poco e pochissimo». Come avete preso l?elezione di Papa Ratzinger? Gli occhi di suor Nazzarena si illuminano di luce intensa, sorride è felice pensando al Papa e risponde: «Noi ci fidiamo dello Spirito Santo, non sbaglia mai». E mi racconta di quando con altre nove consorelle andò all?incontro a Bologna con Giovanni Paolo II e la gioia per la carezza di saluto che ricevette. Mi racconta di santa Veronica Giuliani. «è una santa straordinaria, bruciata dall?amore per il suo Dio. Si mortificava pensando di non meritare il privilegio di sentirsi ricambiata. Fuori dal monastero la chiamavano la penitente inimitabile , possedeva una carità infinita». Nel segno del perdono Sono passate due ore e non mi sono accorto del tempo passato a fare domande a questa umile sorella ripiena di serenità, protetta dalle mura del monastero dal frastuono incomprensibile del mondo. è giunta l?ora di salutarci e prima di stringerle la piccola mano dalla grata gli racconto cosa pensava un grande sacerdote di Fano, don Guido Berardi, di quelle che fanno il suo ?mestiere?. Una volta gli chiesero: «Ma ci sa spiegare a cosa servono le monache di clausura?» E don Guido tirò fuori il racconto di un padre che aveva quattro maschi e la più piccola una bambina, il fratello più grande era un mezzo delinquente e il padre minacciava di cacciarlo di casa. Ogni volta accorreva la figlia più piccola a supplicarlo di perdonarlo: ecco, disse Guido Berardi, quella figlia più piccola sono le suore di clausura. I presenti si dissero soddisfatti. Ma dissero che nessuno gliele aveva descritte in quel modo.


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