Welfare

Navigator, cronaca di un disastro annunciato per le politiche attive del lavoro

L'ex Ministro del Lavoro Luigi di Maio li definì «alfieri di un nuovo modo di portare avanti le politiche attive in Italia». Eppure, per quasi 3 mila navigator le acque cominciano a diventare tempestose: il loro contratto è in scadenza e i risultati del loro impegno non si vedono. Non per colpa loro, ma a causa di un dispositivo inadatto e fallimentare tra app mai giunte a destinazione e un reddito di cittadinanza a cui non basterà un tagliando per ripartire

di Marco Dotti

Le rivoluzioni? Non sono pranzi di gala, ma nemmeno marketing istituzionale a colpi di slogan. Se ne sono accorti i 2800 navigator che, in queste ore, in tutta italia, stanno protestando davanti alle sedi dei governi regionali.

Il loro contratto è in scadenza il 30 aprile e rischiano – come ampiamente prevedibile e previsto – di ritrovarsi dall'altro lato della scrivania, tra quei disoccupati (in realtà: i soli beneficiari del reddito di rittadinanza) che avrebbero dovuto «aiutare a orientarsi nel mercato del lavoro» servendosi di Big Data, algoritmi e app mai giunte a destinazione.

Il 31 luglio 2019, proprio di rivoluzione parlava un allora raggiante Ministro del Lavoro, delle Politiche Sociali e dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio.

Partecipando alla giornata di formazione e orientamento dedicata ai navigator, giunti anche allora (ma non per scioperare) da tutta Italia, alla presenza del Presidente dell'ANPAL, Mimmo Parisi, ideatore del progetto-navigator (e di una app-trovalavoro finita in chissà quale scatolone ministeriale), l'ex Ministro senza mezzi termini dichiarava: «Oggi inizia una rivoluzione nel mondo del lavoro, mettiamo un tassello fondamentale che è quello dei navigator. Molti giovani italiani quando arriveranno ai centri dell'impiego avranno un'opportunità».

Rincarando la dose, il futuro Ministro degli Esteri aggiungeva: «sono stato preso in giro sui navigator ma questi ragazzi sono gli alfieri di un nuovo modo di portare avanti le politiche attive in Italia. Faremo in modo di rasserenare anche tanti genitori affinché i loro figli non vadano all'estero per lavorare». Di Maio, va detto, ha poi cambiato opinione oltre che ministero, arrivando a dire che l'intera struttura Anpal andrebbe cancellata. «Oltre al danno, la beffa» – commentano oggi gli indignatissimi navigator che protestano davanti a Montecitorio.


Nel Manuale operativo per Navigator (scaricabile a futura memoria dal sito Anpal), Domenico Parisi scriveva nero su bianco che grazie al combinato navigator+reddito di cittadinanza+app «entriamo nelle politiche attive del lavoro 4.0», aggiungendo che «la sfida è complessa ma affascinante, perché unisce la potenzialità della Data Science e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche con le migliori qualità dell’Uomo». Come sia andata a finire lo vediamo tutti.

In Toscana i navigator a rischio sono 150, mentre in Lombardia sono 293. Quasi il doppio quelli che, in Campania, non si vedranno rinnovare il contratto con l'Agenzia nazionale politiche attive per il lavoro. Un problema, quello del 471 navigator campani che si aggiunge a una crisi storica dei centri per l'impiego al Sud.

Altre Regioni, da parte loro, si stanno riorganizzando, offrendo nuove opportunità, ma l'esperienza "rivoluzionaria" dei navigator è tristemente fallita.

In Veneto, ad esempio, spiega l’Assessore Regionale al Lavoro Elena Donazzan «sono circa 120 i navigator attualmente presenti, dei 142 assegnati alla nostra regione. I navigator sono stati, assieme al reddito di cittadinanza, un’idea infelice, ma alcuni di loro, una ventina per l’esattezza, hanno già colto l’opportunità di una assunzione a tempo indeterminato grazie al piano di rafforzamento dei Centri per l’Impiego, affrontando e superando il concorso pubblico ed entrando così nei ranghi di Veneto Lavoro».

Da parte sua ANNA, associazione di categoria dei navigator, invita a non considerarli un mero fallimento, ma un patrimonio importante per il Paese in termini di competenze, visto che i quasi tremila navigator sono laureati e su di loro è stato fatto un cospicuo investimento in formazione.

Tra chi, fin dalla prima ora, non ha ceduto alle sirene delle "magnifiche sorti e progressive" e ha denunciato il fallimento dei navigator c'è l'esperto di politiche del lavoro Natale Forlani, già Direttore generale della Direzione dell’Immigrazione presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Spiega Forlani che «nei Paesi che le praticano con successo, le politiche attive sono finalizzate a migliorare l' occupabilità delle persone che, insieme a quelle formative e di sostegno alle famiglie, svolgono il compito primario di prevenire i rischi di impoverimento».

Il nodo gordiano è sempre quello, non vederlo allora ha creato un problema ora: il reddito di cittadinanza è stato concepito come una misura jolly, pensato (male) per mettere una pezza alla carenza delle politiche del welfare e del lavoro con l' erogazione di sussidi indiscriminati, rilasciati sulla base di autocertificazioni e con la pretesa di inserire al lavoro una parte dei beneficiari con l'ausilio di assistenti (navigator) assunti per 17 mesi.

Non bastasse ciò, spiega ancora Forlani, «ai beneficiari dei sussidi viene consentito di rifiutare ogni proposta di lavoro che non sia a tempo indeterminato e superiore a 856 euro mensili. In pratica di rifiutare tutte le proposte di contratto a termine, part time, stagionali, che rappresentano il 70% dei rapporti di lavoro avviati presso le imprese e che svolgono regolarmente il resto dei cittadini».

Perché prendersela con i navigator? Forse perché hanno il torto di ricevere 27 mila euro di compenso annuo pro capite per un lavoro, non per loro demerito, inutile? Forse dobbiamo uscire dall'incantesimo che chiedere conto a «chi hanno teorizzato questo schema sulle politiche attive che non troverebbe spazio in nessun altro Paese europeo».

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