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Cronache russe

Navalny: «Io non ho paura, non abbiatene anche voi»

Si intitola così il libro edito da Scholé che raccoglie i post pubblicati sui social da Alexey Navalny, detenuto e infine assassinato in un carcere nel nord della Russia. L’enorme lavoro di traduzione e redazione è stato svolto da Adriano e Marta Dell'Asta

di Alexander Bayanov

A Pavia, alla fine della scorsa settimana si è svolta la presentazione del nuovo libro “Alexey Navalny. Io non ho paura, non abbiatene neanche voi” (Scholé) e ieri un’altra a Milano. Il libro raccoglie i post pubblicati sui social dal politico russo, detenuto e infine assassinato in un carcere nel nord della Russia. L’enorme lavoro di traduzione e redazione è stato svolto da Adriano e Marta Dell’Asta. Nonostante il libro contenga documenti già ben noti ai lettori russi e italiani, così raccolti in un’unica pubblicazione essi forniscono una visione olistica della figura su larga scala di Alexey Navalny.

È particolarmente importante che tale libro sia stato di fatto pubblicato come prologo al libro del politico stesso, intitolato “Patriota“, che Navalny iniziò a scrivere nel 2020, subito dopo l’avvelenamento, e la cui stesura continuò in carcere. Con grande difficoltà lo ha preparato e fatto avere fuori dal carcere attraverso i suoi avvocati, che sono ora agli arresti con l’accusa di partecipazione ad un “gruppo estremista”. La pubblicazione del libro è prevista per ottobre 2024, in molte lingue del mondo.

Il coraggio con cui Alexey ha accettato il suo destino, la sfida che ha lanciato allo Stato tornando in Russia dopo un tentativo di avvelenamento e le cure ricevute in Germania, non può che suscitare ammirazione. La domanda fondamentale che si pone il lettore, come molti in Russia e all’estero, è: perché è tornato? E nelle sue riflessioni su questa decisione, sia per se stesso che per i lettori, in documenti che sono ora storici, Navalny risponde:

Ho il mio paese e le mie convinzioni. Non voglio rinunciare né al mio Paese né alle mie convinzioni, e non posso tradire né il primo né le seconde. Se le tue convinzioni valgono qualcosa, devi essere disposto a difenderle. E se necessario, a fare qualche sacrificio. Se non sei pronto a questo, allora le tue convinzioni non sono vere. Ti sembra di averne, ma non sono convinzioni e princìpi, sono solo pensieri. Naturalmente da ciò non consegue che tutti coloro che non sono attualmente in carcere non hanno convinzioni. Tutti pagano un prezzo. Per molti, pur senza prigione, esso è molto alto.”

Le convinzioni, l’adesione a un ideale, richiamano l’immaginazione ai tempi antichi, quando l’eroe segue la sua strada e inevitabilmente sconfigge il male. Si tratta di cose importanti che hanno una dimensione sia antropologica che esistenziale, e la società moderna cerca di dimenticarle o di ridurle.

Per Navalny seguire la propria strada è diventata una vera vocazione. Le autorità lo hanno deriso e tormentato, avviando procedimenti penali uno dopo l’altro invocando vari e diversi articoli del codice penale, dal terrorismo al vandalismo, lo hanno imprigionato in una cella di punizione dove ha trascorso in totale 308 giorni, ma non sono riusciti a piegarlo e dunque lo hanno ucciso.

Rispondendo alle domande del questionario per i prigionieri politici in Russia, le cui risposte sono state raccolte dallo scrittore di fama mondiale Boris Akunin e pubblicate in occasione della Giornata dei prigionieri politici il 30 ottobre 2023 (i ricavi dalla vendita di questa pubblicazione saranno destinati a sostenere chi si trova oggi recluso in Russia per motivi politici) Navalny scrive:

– In cosa crede?

In Dio e nella scienza. Credo che viviamo in un universo non deterministico e che abbiamo il libero arbitrio. Credo che non siamo soli in questo universo. Credo che le nostre azioni i nostri gesti saranno giudicati. Credo nel vero amore. Credo che la Russia sarà felice e libera. E non credo nella morte.

– Qual è la cosa più importante nella vita per Lei?

Essere utile alla società e restare una brava persona.

– Cosa Le dà più gioia?

I momenti semplici in famiglia. Per esempio quando siamo in macchina, qualcuno inizia a scherzare e a cantare, e tutti si uniscono alla canzone. E non si riesce a smettere finché non si sono cantate un sacco di canzoni. E l’amore e la felicità ci colmano tutti.

– Cosa pensa che porti più male all’uomo e all’umanità?

Tutto ciò che serve per il trionfo del male è l’inerzia delle persone buone. Una frase attribuita a molte persone, anche se nessuno sa esattamente chi l’ha detta (ho controllato). È sorprendentemente precisa. L’ipocrisia della neutralità, dell’“apoliticità” e del tirarsi indietro, che nasconde la pigrizia, la codardia e la meschinità, è la ragione principale per cui nel corso della storia umana spesso un gruppo di delinquenti ben organizzati vive sulle spalle di milioni di persone.

– E cosa porta maggior vantaggio?

Partecipare alla battaglia del bene contro la neutralità.

– Ha una citazione o una massima preferita? Quale?

Non ho solo una massima preferita. Ho una massima preferita, che contiene la parola “massima”: “Agisci in modo tale che la massima della tua azione possa diventare una regola di comportamento generale”.

Questa è una delle formulazioni della legge morale di Kant.

Molto simile alla famosa “regola d’oro” della Bibbia (“Come vuoi che la gente ti faccia, fai tu agli altri”). La versione biblica è più misericordiosa, quella kantiana, mi sembra, è più responsabile, ed è quella che scelgo.

Seguire una o l’altra di queste leggi è molto difficile, ma è a questo che dobbiamo tendere.

– Quale dei libri che ha letto è stato il più importante per Lei?

“Le avventure di Huckleberry Finn.” Dopo averlo letto quando avevo 10 o 11 anni, mi sono reso conto che non ci sono solo libri noiosi e utili, ma che ci sono anche libri dai quali non riesci a staccarti e che ad ogni pagina ti fanno ridere. Allora ho cominciato a leggere. Mi fanno sempre pena le persone che non leggono. Probabilmente da bambini sono stati sfortunati, non è capitato loro il libro giusto.

– Cosa significa per Lei la Russia oggi?

Un posto dove capisco tutti e mi sento a casa. Un paese dove si parla la mia lingua e vive la mia gente. Sono capace di fare la distinzione tra il paese e chi lo governa, quindi in questi tempi drammatici amo la Russia non meno di sempre”.

“Amate la Russia, qualunque cosa accada”, con queste parole si è concluso il convegno “Le voci dei dissidenti russi: da Sakharov a Navalny” e la presentazione del libro a Pavia. Sono le parole di padre Romano Scalfi, fondatore dell’associazione Russia Cristiana. E sembra che siano in conflitto con la realtà odierna. Ma se c’è qualcuno, come Alexey Navalny, che ha dato la vita per loro, rimangono una frase vuota?


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