#NataleÈ

Fare posto alla fragilità, per scoprire l’altro come dono

Ragazzini autistici, anziani, persone con disabilità: a Sacra Famiglia sono loro i protagonisti del Natale. Nel grande recital ripropongono la venuta di Gesù, un bambino bisognoso di tutto, che ci riconcilia con le nostre fragilità. «Scendiamo dai nostri scalini, proviamoci a metterci alla stessa altezza dei più fragili. Cambierà tutto», racconta fra Marco Speziale

di Sara De Carli

C’è chi ha aiutato a preparare il presepe, chi ha cantato, chi ha indossato un gilé di pelo, un’aureola o un paio d’ali, chi ha recitato, chi si è soltanto tenuto per mano. Poche parole, non certo grandi ruoli, ma in fondo è bastata una parola piccolissima – il sì di Maria – per cambiare la storia. A Sacra Famiglia il Natale è una cosa semplice: «È prepararsi a ricevere un dono, riscoprire che Gesù è un dono che viene per ciascuno», racconta fra Marco Speziale, frate cappuccino, rettore della piccola comunità che quotidianamente vive in fraternità con i più fragili, all’interno della fondazione di Cesano Boscone, alle porte di Milano.

Il recital che tradizionalmente ripercorre gli eventi del Natale, con protagonisti gli ospiti della Fondazione, quest’anno lo hanno intitolato proprio così: Un dono per te. «Per te vuol dire per ciascuno di noi. A volte chi si avvicina alle persone fragili, per lavoro o per volontariato, lo fa con lo spirito di volere aiutare. Invece quando entri dentro queste realtà, l’esperienza che si fa è che sei tu quello che si arricchisce. Tu sei un dono per gli altri, è vero. Ma ancor più vero è che gli altri sono un dono per te», dice il rettore.

Fra Marco ha fatto una scelta: gira per i corridoi e le stanze di Sacra Famiglia seduto su una sedia da ufficio con le ruote. È un modo per stare alla stessa altezza dei tanti ospiti che sono su una carrozzina o allettati. «La prospettiva influenza la relazione. Quando tu ti abbassi, vedi le cose in una maniera diversa. Non dobbiamo avere paura di scendere dai nostri scalini, di entrare in una relazione vera», spiega. Questa lezione l’ha imparata da ragazzo, molto prima che intuisse la sua vocazione: «Sono di Biella, sono cresciuto alla scuola del Cottolengo e quell’esperienza mi ha fatto capire che la nostra visione della disabilità e della fragilità è limitata. Il Signore ha un linguaggio che sa parlare a tutti, siamo noi che pensiamo “ma quella persona non può capire”. Tu comincia a metterti lì, a stare accanto a quella persona: vedrai che basta poco per iniziare a guardarla soltanto come una persona come te, ad accorgerti che la fragilità dell’altro è anche la tua».


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Fare il presepe, spiega fra Marco, nella tradizione francescana è proprio questa cosa: «Preparare un posto nel tuo cuore per un bambino fragilissimo che viene e che ti chiede il permesso di entrare. Tutti si emozionano davanti al Bambino, anche le persone più fragili, proprio perché lui è ancora più fragile, ha bisogno di tutto. Davanti a quel Bambino, tutti hanno qualcosa da dare. Lui è lì e chiede “c’è un posto dove posso nascere e crescere?”. Accogliere Gesù è farlo nascere dentro di noi e condividerlo».

Il Signore ha un linguaggio che sa parlare a tutti, siamo noi che pensiamo “ma quella persona non può capire”. Tu comincia a metterti lì, vedrai che la fragilità dell’altro è anche la tua

fra Marco Speziale

A Natale è più facile, ma tutti i giorni dell’anno in Sacra Famiglia questa esperienza si ripete. «Se ti apri davvero all’altro, questo ti muove. Non può non farlo. Lo vedo in me e nei miei confratelli, nelle suore di Maria Bambina che insieme a noi animano la quotidianità dell’istituto, ma anche in chi lavora qui, nel modo in cui si prende cura delle persone».

Non per nulla, la recita di Natale si è chiusa con Maria e Giuseppe che – respinti da tutte le locande di Betlemme – bussano alle porte della Fondazione Sacra Famiglia. «Venite, qui il posto c’è».  

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