Cultura
Natale 2001, New York scopre i poveri di casa sua
Questo sistema che sembra produrre benessere continua a lasciare troppa gente ai margini di un indubbio progresso
Il più bel regalo che il Natale 2001 potrebbe portarci è quello di darci il coraggio di condividere il bisogno di troppi e di ripensare davvero il sistema nel quale viviamo. Martedì 18 dicembre, sulla prima pagina del New York Times, compariva una notizia destinata a diventare tristemente abituale nei mesi prossimi: le città americane stanno registrando un boom di homeless. Nelle stesse ore, le notizie paurose che rimbalzavano da Buenos Aires, parlavano, tra le pieghe, di 2,5 milioni di disoccupati e di 4 milioni di lavoratori senza nessuna copertura assicurativa e sanitaria. In una grande città come Cordoba, i senza tetto sono aumentati del 40%, e ogni giorno le bidonville che circondano la città vedono arrivare famiglie di operai e di piccoli commercianti che non sono più in grado sostenere le spese di una vita in città. Anche in Italia, malgrado l?innalzamento delle pensioni minime a un milione di lire al mese, resteranno ben 1.628.000 individui a vivere con meno di 12 milioni l?anno, secondo dati confermati dal governo stesso.
Questo sistema che ha prodotto benessere e ha suscitato grandi speranze di una qualità di vita migliore, è un sistema che continua a lasciare troppa gente totalmente ai margini di un indubbio progresso.
E questo non accade solo con i miliardi di poveri nel Sud del mondo, non accade solo con l?Africa che ha visto in dieci anni precipitare l?attesa di vita da 56 a 46 anni; non accade solo nell?Afghanistan affamato dai Talebani e sfiancato dalle bombe. Questo accade vicino a noi: nelle nostre città dai redditi pro capite da 25mila dollari di media. Il caso americano, in questo senso, è davvero emblematico. Nel 2001, le richieste di aiuto da parte di senza casa sono aumentate del 13%, secondo i dati resi pubblici settimana scorsa dalla Conferenza dei sindaci delle grandi città Usa. «È una crescita senza precedenti» ha detto Xavier De Souza Briggs, uno studioso della Kennedy School di Harvard. «Questa è davvero una crisi». Ma quello che colpisce è l?analisi del nuovo homeless: non più persone spiantate, costitutivamente incapaci di una vita normale. No, si tratta in gran parte di famiglie con bambini, di uomini che lavorano ma il cui reddito è insufficiente per vivere in una casa normale. Secondo la Coalition for homeless, a New York il numero delle famiglie nei rifugi è aumentato del 50% in tre anni, quello dei bambini addirittura del 60%: oggi sono oltre 12mila. La situazione naturalmente è precipata dopo l?11 settembre, perché molti hanno perso il lavoro e perché le amministrazioni pubbliche, per problemi di bilancio, stanno tagliando le spese sociali. Intanto, le raccolte delle charity sono crollate perché la generosità degli americani si è ovviamente concentrata sulle persone colpite dalla tragedia delle Twin Towers.
«La guerra alla povertà si sta trasformando in una guerra ai poveri», scriveva settimana scorsa su queste colonne Marco Revelli, cercando un nesso tra i tanti fatti, piccoli e grandi, che hanno sconvolto questo 2001. Una sintesi amara, che non può non ferire il cuore di chi ha ancora un residuo di sentimenti umani. E non può non mettere in moto l?intelligenza e la passione per costruire un sistema in cui parole come benessere, qualità della vita e progresso non siano patrimonio esclusivo di una minoranza. E miraggio per tutti gli altri miliardi di uomini. È questo il nostro augurio per il Natale 2001: quello di una capacità appassionata e intelligente di condivisione che con parole stupende, ha augurato a tutti anche uno dei più autorevoli personaggi della Chiesa di oggi: «Siete chiamati a rinnovare lo spettacolo della condivisione gratuita del destino dei fratelli uomini, a imitazione di Gesù di Nazareth, che ha dato la vita per i suoi amici, anche soccorrendoli nei bisogni fisici quando li sfamò a migliaia moltiplicando i pani e i pesci. Di questo miracolo, che solo la grazia di Dio può compiere attraverso lo strumento fragile delle nostre persone, il mondo ha bisogno per ritrovare una speranza che sostenga l?infinita fatica del vivere».
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