Famiglia
Nasce “Druzi” e sono già 300 i “volontari per l’educazione” che vogliono sostenere i bambini ucraini
Druzi in ucraino significa amici. Questo è il nome del progetto pensato da Save The Children e appena partito in Italia, che prevede l’affiancamento da parte di volontari, in prevalenza appartenenti alla comunità ucraina in Italia, ai bambini e agli adolescenti tra i 9 e i 18 anni in fuga dal conflitto. «Per questi bambini è fondamentale ritrovare spazi di relazione e di socialità ed è preziosa la possibilità di confrontarsi con ragazzi e ragazze che parlano la loro lingua», dice Raffaela Milano direttrice Italia-Europa dell'organizzazione
di Anna Spena
Druzi in ucraino significa amici. Druzi è il nome del progetto pensato da Save The Children e appena partito in Italia. L’iniziativa prevede l’affiancamento personalizzato e continuativo da parte di volontari, in prevalenza appartenenti alla comunità ucraina in Italia con competenze linguistiche, ai bambini e agli adolescenti tra i 9 e i 18 anni in fuga dal conflitto. Attraverso un tablet con connessione internet, questi potranno fruire, con regolarità, di incontri on line con giovani volontari che parlano la loro lingua.
«Abbiamo lanciato un appello ai giovani ucraini che vivono in Italia», racconta Raffaela Milano Direttrice Italia-Europa di Save the Children. «E già raccolto 300 adesioni. Questa esperienza è nata dal progetto “volontari per l’educazione”, nato durante la pandemia, che ha avuto davvero una risposta importante. Con “Druzi” non ci concentriamo sull’aspetto didattico, ma mettiamo i minori in relazione con giovani che parlano la loro lingua, e che li accompagneranno alla conoscenza dell’Italia e delle città dove sono ospitati. Li sosterranno nel mantenimento delle competenze di base, promuoveranno attività di lettura e di gioco. Sono minori che arrivano con una sola figura di riferimento, spesso la mamma o la nonna, e avere qualcuno oltre quel nucleo con cui confrontarsi è fondamentale».
Prima di essere attivati, i volontari che hanno aderito al progetto, seguono dei corsi di formazione sotto la supervisione di una equipe di educatori e di psicologi. «La formazione», continua Milano, «riguarda principalmente le regole di base che devono essere seguite quando ci si relazione con un minore, ancora di più in un contesto di emergenza. Per fare in modo che il confronto e la relazione con il volontario sia serena e non portare la conversazione su temi che possano rendere emotivamente complessa la situazione».
Già nelle prime videochiamate volontari di “Druzi” hanno registrato la grande voglia dei ragazzi ucraini di capire e conoscere meglio la nuova realtà nella quale si trovano: hanno richiesto libri in italiano per esercitarsi con la nostra lingua, informazioni sulla città e sull’Italia, e in generale hanno dimostrato di apprezzare uno spazio di confronto nella loro lingua per porre domande e esprimere i loro pensieri. Molti di loro proseguono il percorso didattico in DAD con la loro scuola o con i loro professori che si collegano dall’Ucraina, ma hanno comunque espresso il desiderio di poter al più presto tornare a scuola in presenza e rivedere i propri compagni.
I ragazzi che partecipano al progetto Druzi sono al momento quelli presenti all’interno degli hotel e dei centri destinati all’accoglienza collettiva dei profughi ucraini. Accedono al servizio dopo un breve colloquio informativo che coinvolge anche il genitore o il loro tutore.
«Voglio ringraziare», aggiunge Milano, «tutti i volontari che in poche ore si sono resi disponibili, soprattutto giovani della comunità ucraina italiana che, attraverso l’adesione a questo progetto, hanno trovato il modo per esprimere la loro vicinanza e il loro impegno civico. Questo intervento si colloca, infatti, in una grande rete di solidarietà che coinvolge la società civile, le organizzazioni umanitarie, in collaborazione con le istituzioni a ogni livello. È fondamentale ora fare in modo che, dopo un mese dall’inizio dell’emergenza, questa rete si dia una struttura organica, per assicurare su tutto il territorio nazionale una presa in carico adeguata dei bambini e delle famiglie per tutta la durata della loro permanenza in Italia».
Credit foto: Bryan Smith/Avalon/Sintesi
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