Non profit

Napolitano “intercetta” il Governo

Nel giorno della protesta, le critiche del Presidente sul ddl

di Franco Bomprezzi

Non c’è bisogno di intercettazioni per raccontare che cosa pensa il presidente della repubblica Giorgio Napolitano del disegno di legge, nel giorno della protesta in piazza dei giornalisti. E così le critiche del Presidente suggellano una giornata difficile per i propositi di Berlusconi e del governo, alle prese anche con le tensioni interne alla maggioranza.

“Intercettazioni, le critiche di Napolitano”, al solito molto asciutto – su questi temi – il titolo del CORRIERE DELLA SERA che riassume così la questione: «Nel giorno della protesta di piazza dei giornalisti contro il decreto sulle intercettazioni, arrivano, da Malta, le osservazioni di Giorgio Napolitano: “i punti critici risultano chiaramente, ma non spetta al presidente indicare soluzioni da adottare”». “Il cortocircuito” è il titolo del fondo di Massimo Franco che dice: «Una tensione così evidente (da parte del Quirinale, ndr.) si spiega con la volontà di scongiurare un pericolo: che il centrodestra finisca per scaricare sul paese i suoi contrasti interni. È nel recinto della coalizione berlusconiana che le cose non funzionano». Sul tema il CORRIERE sente l’avvocato del premier, il parlamentare Nicolò Ghedini che contrattacca: «Non è vero che non l’abbiamo ascoltato sulla precedenza alla manovra» e poi “«Per muovere certi rilievi  dovrebbe farsi eleggere»”, mentre a pag 3 “Fini torna all’attacco: si deve riflettere”. La manifestazione di Roma contro la legge anti-stampa è infine raccontata a pag 5. Il CORRIERE enfatizza la presenza della D’Addario, al cui arrivo è esploso un vero e proprio bailamme. Sul caso parla Roberto Natale, presidente del sindacato dei giornalisti, Fnsi: «Non potevamo mica proibirle di venire. Fino a prova contraria siamo in democrazia…spero che non venga assurta a simbolo della nostra manifestazione…se dovessi scegliere un simbolo non sceglierei lei…la sensazione è che Patrizia D’Addario qui sia venuta più a cercare pubblicità personale che non a manifestare realmente. Davanti alle telecamere ha continuato a tirar fuori il suo libro». 

LA REPUBBLICA apre drasticamente: “Legge-bavaglio, l’alt di Napolitano”. Titolone cui collega la foto-notizia sulla manifestazione di ieri: “Il popolo dei post-it: è la nostra Resistenza”. Il presidente della Repubblica ieri ha ammonito: «i punti critici sono chiari. Mi riserverò di valutare il provvedimento al momento della firma». Contemporaneamente la legge è sotto l’attacco di Fini (in un confronto con Bondi, il presidente della Camera non le ha mandate a dire: «serve una riflessione sulla ddl intercettazioni», «non voglio che nel Pdl ci sia il sospetto che qualcuno di faccia nominare ministro per evitare il tribunale»). E questo fa temere il premier. Nel suo retroscena Liana Milella racconta di un vertice serale con Letta, Alfano e Ghedini. Il cavaliere furioso detta gli ordini: «nessuno attacchi il Quirinale, non dobbiamo fornire altri spunti polemici». Pronto a dar battaglia invece contro Fini. Intanto però passa una linea prudente: rinvio della legge a settembre, ma sarà approvata solo se effettivamente efficace. Le opposizioni continuano a chiedere il ritiro del ddl (e scaldano i motori contro l’ipotesi di una estensione del Lodo Alfano, cui Bossi ha già dato il via libera). Seguono l’intervento dal palco di Roberto Saviano (“Il diritto di raccontare”: «la privacy che loro vogliono difendere è la privacy degli affari anzi dei malaffari»), il commento di Aldo Schiavone (“La solitudine del cavaliere”) e quello di Curzio Maltese (“La battaglia del malaffare”).

«I punti critici» titola IL MANIFESTO a sfondare una grande foto di piazza Navona ieri. «La protesta contro la legge sulle intercettazioni riempie decine di piazze italiane di giovani, personalità della cultura e testimoni della cattiva giustizia. Al diktat di Berlusconi risponde il presidente della repubblica Napolitano da Malta, interviene con decisione sui “punti critici” del provvedimento contro la libertà di indagine e di informazione» recita il riassunto che rinvia alle due pagine interne dedicate al tema. «I post-it dopo Silvio» titola il commento che inizia in prima pagina di Matteo Bartocci. «(…) Per una volta i numeri sui partecipanti contano nulla. Fuori dal parlamento c’è un’opinione pubblica che reagisce ed è forte. Il ddl Alfano è solo l’ultima di una collana di perle infinita, di leggi forti. Dalle norme ad personam o pro aziendas ai periodici pacchetti sicurezza che hanno riempito le carceri (…) Una piazza che consegna un messaggio un messaggio chiaro alla destra tutta, da Fini a Bossi a Berlusconi: in democrazia ci sono soglie che non vanno oltrepassate. (…) Ma sui post-it gialli del dopo Berlusconi tocca scrivere parole non intercettabili dalla destra (…)» l’articolo prosegue poi a pagina 2 che si apre con il titolo «Un colle vista piazza». «Mentre il popolo antibavaglio manifesta, Napolitano sbotta: i punti critici sono chiari. Fini invece esplode, litigio pubblico con il ministro Bondi: “No al pensiero unico nel Pdl. Sulla legge urge una riflessone, comunque il diritto al dissenso non può essere cancellato». Nella stessa pagina lo “zoom” intitolato «Per Berlusconi sembra il luglio del ’94» che conclude il parallelo con sedici anni fa «Isolato, timoroso di mostrarsi debole, Berlusconi lascia filtrare un giorno sì e uno no la minaccia di elezioni anticipate. Che però negli anni ha sempre detto senza mai praticare. Andreottianamente, sa che è meglio tirare a campare. Fini e Berlusconi non possono rompere. Prigionieri della vittoria, lasciandosi hanno tutto da perdere. Ma come nel ’94 il primo che cede subirà la vendetta dell’altro».

Su IL GIORNALE il tema è la legge anti bavaglio, ma la protagonista è Patrizia D’Addario. La vera intercettazione, secondo il pezzo “La sinistra va in piazza a litigare con la D’Addario“ l’ha fatta Patrizia D’Addario. «Non invitata si presenta alla manifestazione contro la legge sulle intercettazioni. Foto, sorrisi, capelli al vento, sobrio tailleur nero, finche dietro il palco, non riesce a intercettare i giornalisti  e a pubblicizzare il suo secondo libro fresco di stampa». I fischi e le pernacchie, sostiene il pezzo, hanno rubato la scena agli interventi sul palco.  Il commento sulla legge è invece affidato a Pierangelo Maurizio, consigliere nazionale Fnsi-L’Alternativa. Nel suo pezzo “Ma in Inghilterra la stessa legge non è censura“, l’autore sostiene che nella patria della libertà di stampa le intercettazioni si fanno ma nessuno le pubblica.  Il pezzo non è però una difesa a spada tratta delle legge. Pierangelo Maurizio  fa notare un problema tecnico che riguarda le intercettazioni ambientali. «Prevedere che queste siano possibili solo quando si hanno già dei gravi indizi in mano è una contraddizione in termini e una follia».
 
“I giornalisti italiani sono la malattia del Paese“: sulle intercettazioni ITALIA OGGI fa outsourcing da www.thefrontpage.it, il sito diretto da Claudio Velardi e Fabrizio Rondolino, « i boys di Massimo D’Alema quando guidava Palazzo Chigi» ed ora battitori liberi. Un testo a favore della legge sulle intercettazioni che ITALIA OGGI sottopone ai propri lettori  come «contributo ad un dibattito che sinora è mancato. Quando tutti sono d’accordo, diceva Leo Longanesi, c’è da preoccuparsi». Ecco alcuni dei passi più rilevanti: «I giornalisti italiani non praticano l’inchiesta giornalistica perché lavorare stanca. Normalmente, per sapere quant’è brutto il mondo, vanno su Dagospia, guardano Striscia o ricopiano le carte che le Procure comodamente forniscono loro in formato elettronico. In quest’ultimo caso, l’evidente urgenza dello scoop impedisce loro di fare l’unica cosa che deve fare un giornalista: il cross-checking, cioè la verifica incrociata delle notizie e delle fonti. E chissenefrega se qualcuno il giorno dopo perde il lavoro o la famiglia o la vita. E chissenefrega se dopo due giorni si scopre che è tutto falso. E chissenefrega, soprattutto, se dopo due anni tutti gli imputati sono prosciolti in istruttoria perché «il fatto non sussiste». Ancora ITALIA OGGI da FRONTPAGE: «I giornalisti italiani sono uno scandalo, e una malattia del Paese. La campagna forsennata e intollerante per il diritto allo sputtanamento vuole sopperire con gli schiamazzi e l’autocelebrazione martirologica alla clamorosa perdita di prestigio e autorevolezza che s’è consumata in questi anni. Così, l’8-9 luglio i giornalisti italiani sciopereranno combattivi (e naturalmente segnandosi di “corta” perché tengono famiglia) per la felicità dei loro editori, ben lieti di limitare la perdita di copie, di tenere sotto scacco la politica, e di ingraziarsi le procure d’Italia. È il governo dei tecnici – dei padroni e dei Pm – e i giornalisti italiani ne sono i portavoce naturali.

IL SOLE 24 ORE dedica alla questione intercettazioni un trafiletto in prima “Napolitano: sul Ddl intercettazioni inascoltati i consigli”. Il servizio è pagina 15. L’apertura è dedicata alla dura presa di posizione del presidente “Napolitano: inascoltati i miei consigli – Manovra più importante di intercettazioni, i punti critici sono chiari, valuterò”. Di spalla la cronaca della manifestazione di ieri (“Giornalisti in piazza: disobbedienza civile, è una legge ingiusta”). Sulla questione il Punto di Stefano Folli: “Dopo l’intervento del Quirinale, Berlusconi non può più tacere”: «Berlusconi poteva rinviare a tempi migliori  la legge sulle intercettazioni in  accordo istituzionale con il Quirinale. Sarebbe stata una mossa saggia. Invece si è impuntato, come è noto, chiedendo alla maggioranza di presentare il testo alla Camera il  29 luglio, quando di solito ci si prepara  alle vacanze. Lo ha fatto per ragioni politiche ormai chiare: riaffermare la sua leadership e magari «punire» Fini il temporeggiatore.   Risultato. Difficilmente il presidente del Consiglio otterrà quello che vuole: la legge  non passerà, nonostante il tentativo di prova di forza, a meno di uno scontro con il Capo dello Stato che a questo punto sarebbe  l’errore più grave da parte di un premier  indebolito e forse logorato. La giornata di ieri sotto questo aspetto è illuminante.   A Malta Napolitano ha lasciato capire in modo inequivocabile che non intende firmare  il testo su cui il governo insiste, a meno  di sensibili modifiche. In sostanza, dovrebbe  trattarsi di un’altra legge. Forse mai in passato il presidente della Repubblica era stato così categorico, e se vogliamo persino irrituale nel suo voler entrare nel merito o quasi  di ciò che il Parlamento è chiamato  a discutere».

AVVENIRE: “Napolitano amaro: sulle intercettazioni non mi ascoltano” è il titolo in prima che annuncia i servizi di pagina 8 sulla giornata di protesta della Fnsi. Ieri la legge sulle intercettazioni ha ricevuto l’attacco concentrico del capo dello Stato, del presidente della Camera e dei giornalisti che sono scesi in piazza in tutta Italia, invocando una “nuova resistenza”. Il Quirinale si duole per la scelta della maggioranza di calendarizzare a luglio il criticato provvedimento. Napolitano ha ribadito che restano molti punti critici e si riserva valutazioni finali nell’ambito delle sue prerogative. Anche il presidente della Camera Fini (che ieri è stato anche protagonista di un duello in pubblico con Bondi e ha parlato di “crisi di legalità”)  ci va giù duro: «Se il procuratore antimafia Grasso sostiene che il ddl archivia il concetto di criminalità organizzata vogliamo discuterne? Se sono i sindacati di polizia a esprimere preoccupazioni, ci vogliamo fermare a riflettere?». E chiosa minaccioso: «Su alcune questioni non ho alcuna intenzione di fare finta di non vedere». Ma il vero e proprio requiem per l’approvazione del ddl entro l’estate arriva dal presidente del Senato Schifani che ha fatto sapere: «Non c’è spazio per approvare il ddl prima di agosto. Se ne riparlerà a settembre». Musica per le orecchie dei giornalisti riuniti a Piazza Navona per la manifestazione di protesta insieme a molti politici dell’opposizione. A Milano, dove si è riunito il “gotha” del giornalismo italiano, i direttori dei principali giornali e periodici nazionali hanno partecipato a un dibattito sulle ripercussioni che avrà il decreto intercetttazioni (definito “contorto, complicato e penalizzante”), una volta trasformato in legge, su chi svolge attività di cronaca. Concludendo che è «meglio uscire con pagine dedicate alla vicenda e informare i lettori su quanto succede e sulle ragioni della protesta che scioperare».

 “Napolitano: non mi ascoltano”. E’ questo il grido di allarme lanciato dal Presidente della Repubblica e che trova spazio in apertura sulla prima de LA STAMPA. Sul caso intercettazioni approfondimenti, inoltre, da pagina 2 a pagina 5, compreso di due editoriali in prima. Oltre alla cronaca dei fatti, agli sgarbi ricevuti da Giorgio Napolitano, al tentativo dei cosiddetti “falchi” all’interno della maggioranza di chiudere il capitolo “intercettazioni” il prima possibile – oltre a tutto ciò – il quotidiano di Torino dedica in taglio basso un ampio spazio alla posizione di Piero Grasso, procuratore nazionale antimafia, che individua nella norma una serie di punti non chiari che potrebbero addirittura mettere in pericolo le indagini antimafia. Pagina 5, invece, è dedicata alla manifestazione contro quella che i manifestanti definiscono la “legge bavaglio”. Molti i volti noti dello spettacolo e della cultura. Ma a tenere banco ci pensano le centinaia di associazioni accorse per protestare contro la norma. «A mancare – semmai – è il popolo. Ma non i politici» chiosa Raffaello Masci nel suo “Piazze d’Italia contro il bavaglio”. Intanto nel backstage di una protesta sotto il sole cocente di Piazza Navona, scoppia il caso D’Addario. La escort  – dice lei – invitata dagli organizzatori viene contestata dai presenti. I toni sono duri. Non tutti sono d’accordo sulla sua presenza. Ma a salvare il clima c’è per fortuna il solito Roberto Saviano. Applausi.

E inoltre sui giornali di oggi:

PENSIONI
AVVENIRE – Il quotidiano cattolico dedica il titolo di apertura in prima pagina al “refuso” del ministro Sacconi e allo choc pensioni. In un emendamento al Senato del relatore della manovra, Antonio Azzollini, era scritto che i 40 anni di contribuzione non sarebbero bastati, dal 2016, per lasciare il lavoro. Il ministro ha smentito l’intenzione di cambiare la norma che aggancia i requisiti d’età all’aspettativa di vita: “Verrà cancellato. Non era intenzione di nessuno introdurre questa norma”.

SANITA’
IL SOLE 24 ORE – Apertura del giornale dedicata alla sanità: “Tassa sanità da 630 milioni”: «Arriva la super stangata Irpef  e Irap da circa 630 milioni per cittadini e imprese delle regioni  che hanno chiuso in profondo  rosso i conti 2009 della sanità: Lazio, Campania, Calabria  e Molise. Mentre sale lo scontro tra governo e regioni sulla manovra 2011-2012,dal ministero dell’Economia è arrivata  la comunicazione ufficiale: le addizionali regionali scatteranno  oltre la soglia massima  dello 0,15%per l’Irap col secondo  acconto di novembre. Per l’Irpef la maggiorazione oltre il valore massimo attuale sarà invece  dello 0,30% e verrà applicata a decorrere dalla busta paga di  gennaio 2011».

NON PROFIT
LA REPUBBLICA – Inchiesta dura, estiva e piuttosto sommaria sui «furbetti del non profit». Una doppia pagina per indagare il fenomeno delle strutture falsamente senza fini di lucro. Dalle palestre agli agriturismi, dai bar ai ristoranti. Un fenomeno che secondo il quotidiano diretto da Ezio Mauro produrrebbe fatture false per milioni e una altissima percentuale di evasione. In particolare sotto il mirino dell’Agenzia delle entrate per ora sono finiti i centri sportivi dilettantistici. Su 62 controllati solo 5 sono risultati in regola. Quanto ai meccanismi, su suggerimento del commercialista, molti iniziano ad aprire piccole iniziative avendo cura di inserire nello statuto la possibilità di fare anche altro. Partono così dal piccolo bar  e arrivano a vere e proprie holding sostenute formalmente da volontari (che in realtà prendono compensi in nero). In appoggio intervista al presidente dell’Arci, Paolo Beni, secondo il quale i controlli sono benvenuti ma si deve colpire il vero abusivismo (che danneggia gli onesti). Tenendo conto della complessità del non profit, delle sue regole, soprattutto non agendo in via pregiudiziale.

COOPERATIVE SOCIALI
AVVENIRE – Nelle pagine milanesi un articolo dedicato alla cooperativa Re Tech Life Onlus che si occupa dal 2006 del reinserimento di persone svantaggiate, soprattutto detenuti ed ex detenuti, facendoli lavorare nella rigenerazione di computer. Da oggi l’iniziativa “Re-Turn”, promossa in collaborazione con la Fondazione Casa della Carità, inizia la fase di start up su tutto il territorio nazionale e attiva un call center (8700.98.53.74)a disposizione di privati e aziende.

AMBIENTE
LA STAMPA – Nessun pericolo “Bp” in Italia secondo i dirigenti del Ministero allo sviluppo economico. Ma per Ermete Realacci – deputato e responsabile Green economy del Pd – «occorre “filtrare” gli operatori autorizzati ad effettuare ricerche  trivellazioni». Tutto questo succede a pagina 12, a firma di Paolo Baroni.

IMMIGRAZIONE USA
IL MANIFESTO – Richiamo in prima e una pagina per raccontare il progetto di Obama sugli immigrati da regolarizzare negli Usa «Il presidente democratico chiede al Congresso di occuparsi nei prossimi mesi della questione degli stranieri senza documenti. Il discorso è abbastanza generico, ma la sfida è grande, in un paese sempre più attraversato da spinte xenofobe (come dimostra l’Arizona) e in un anno elettorale in cui, a novembre, metà Congresso sarà rinnovato». Il commento è affidato a Marco d’Eramo: «L’ultima sfida impossibile dell’ostinato Barack».

LA STAMPA – Obama lo aveva promesso in campagna: no all’amnistia, no all’espulsione. Della nuova politica sull’immigrazione annunciata ieri dal numero uno della Casa Bianca ne parla il corrispondente Maurizio Montanari a pagina 17. Una politica che si muove sulla scia delle leggi vigenti, e che cercherà di regolarizzare 11 milioni di clandestini. Questi dovranno pagare le tasse e studiare l’inglese e il tutto sarà gestito attraverso sistemi informatici e il Web per velocizzare il processo. Sullo sfondo, però, l’appoggio dei repubblicani, senza il quale la riforma annunciata e promessa in campagna elettorale rischia di non passare.


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