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Napolitano-Berlusconi: atto II

Solidarietà al presidente della Repubblica da Fini e Schifani, ma la tensione rimane altissima

di Franco Bomprezzi

Tentativi difficili di ricucire lo strappo fra il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica. Napolitano incassa l’omaggio di Fini e Schifani, Berlusconi blocca l’idea nata nel Pdl di una manifestazione di piazza. Ma la ferita del Lodo affondato sanguina ancora. E i giornali fanno il pieno di pagine dedicate all’argomento.

«Napolitano rispetta la costituzione», è il titolo del CORRIERE DELLA SERA, che riprende la nota congiunta diramata dalle tre più alte cariche dello Stato, Napolitano, Schifani e Fini. Il quirinalista Marzio Breda firma il retroscena (“Quella richiesta arrivata dal Colle”) che ricostruisce la vicenda. Racconta Breda: «Mancano pochi giorni alla convoca­zione della Corte costituzionale sul lo­do «immunitario» (come l’hanno battezzato gli inglesi, prescindendo dal nome del proponente), quando Angelino Alfano chiede udienza al Quirinale. Il ministro della Giustizia si fa portavoce di un messaggio delicatissimo, che sta molto a cuore a Silvio Berlusconi. Chiede, in sostanza, un intervento del presi­dente della Repubblica sui giudici della Consulta… Così nel governo qualcuno decide di giocare l’ultima carta. Quella estrema, perché chiunque conosca un po’ Giorgio Napolitano sa che considera una proposta del genere qua­si una forma di istigazione a compiere un delitto contro la Costituzione. Inevitabile, dunque, il suo secco diniego all’appoggio invocato. Come inevitabile si rivela, poco tempo dopo, un passag­gio sul Colle di Gianni Letta, plenipotenziario del premier e suo ambasciatore nelle stagioni difficili, per provare a ricomporre l’incidente e sanare il vulnus». “Il regime che non c’è” è invece l’editoriale del vicedirettore Pierluigi Battista: «In Italia non c’è il regime. Un regime non prevede una Corte Costituzionale che boccia una legge di fondamentale importanza per il primo ministro. Un regime non contempla un’articolazione di poteri e di contrappesi, la voce dell’opposizione che si fa sentire attraverso la televisione (pubblica), la protesta sociale di chi patisce gli effetti della crisi, la magistratura che, presumibilmente, è in procinto di rimettere in moto un’attività ibernata per il tempo in cui un Lodo faceva da scudo al premier. Il regime non c’è, nei fatti. Ma aleggia il suo fantasma, negli spiriti. In quelli di sinistra che non sanno vivere senza la sindrome emergenzialista di una cittadella democratica sul punto di essere espugnata dal tiranno. E in quelli di destra che intravedono in ogni criti­ca un colpo di mano, in ogni critica un complotto nell’ombra, in ogni sentenza (sfavorevole) la traccia di un cospiratore che trama nell’ombra. È come se l’Italia bipolare fosse incapace di vivere senza il pericolo del Nemico alle porte».  
A pag 9, Dino Martirano intervista il ministro Alfano che dice: “Ora acceleriamo sulle riforme. Si può parlare di immunità parlamentare”. Chiede il giornalista: Procedura penale: ci sarà lo stralcio al Senato per far viaggiare più spedito l’articolo 238 bis che rende inutilizzabili in altri pro­cessi le sentenza passate in giudicato? È una norma che sembra fatta su misura per neu­tralizzare l’eventuale condanna in Cassazio­ne dell’avvocato Mills? Risponde Alfano: Ma no. Noi non immaginiamo lo stralcio di nulla, perché il ddl sulla procedura penale ha una sua organicità basata sul giusto proces­so e sull’efficienza». Ancora Martirano: Berlusconi ora è costretto ad occuparsi dei suoi processi: invocherà il legittimo im­pedimento o sfrutterà il tribunale, oltre che per dimostrare la sua estraneità ai fatti, per rivolgersi al Paese? Alfano: «Il presidente ha già governato senza una sospensione dei processi. Gli ho parlato e non ha alcuna preoccupazione. Con la bocciatura del lodo, però, non si è reso un buon servizio al Paese, mantenendo il contrasto tra il diritto-dovere del presidente Berlusconi di governare e il diritto-dovere del cittadino Berlusconi di difendere il proprio onore in aula di giustizia».

REPUBBLICA titola in prima “Fini-Schifani: «Napolitano corretto»”. L’editoriale di Massimo Giannini si intitola “La notte della Repubblica” e traccia un chiaro retroscena sul vero perché dello scontro violento con Napolitano. Giannini riferisce le parole di Berlusconi a Porta a Porta: «Il presidente della Repubblica aveva garantito con la sua firma che la legge sarebbe stata approvata dalla Consulta, posta la sua nota influenza sui giudici di sinistra della Corte». «Nello schema del Cavaliere, Napolitano (o perché aveva promulgato a suo tempo lo scudo salva-processi per il premier o perché gli aveva “promesso” riservatamente non si sa cosa) avrebbe dovuto fare ciò che la Costituzione gli vieta: interferire nella decisione dei giudici della Consulta, convincendoli a dare via libera al Lodo Alfano. Avrebbe dovuto, lui sì, chiedere ai giudici una “sentenza politica”, che violasse apertamente la legge con l’unico obiettivo di proteggere il “sereno svolgimento” della legislatura. In questa logica, aberrante, non esiste la “leale collaborazione” tra istituzioni, ma il banale “collaborazionismo” tra complici. (…) ! Quali altre estreme forzature del quadro politico-istituzionale dobbiamo attenderci, nei prossimi giorni e nei prossimi mesi? Quale piano inclinato sta prendendo, questa anomala democrazia italiana dove l'”autoritas” del Principe rivendica il primato indiscusso sulla “potestas” delle istituzioni? Già si evocano nuove riforme della giustizia da usare come una clava contro i magistrati, e magari come ennesimo trucco “ad personam” per fermare qualche processo. Viene in mente Ehud Olmert che, sospettato per corruzione, si dimette dicendo: “Sono orgoglioso di aver guidato un Paese in cui anche un primo ministro può essere indagato come un semplice cittadino”. Ma l’Italia non è Israele. Il coraggio dei giudici della Consulta, la tenuta del presidente della Repubblica, la tenacia del presidente della Camera, rappresentano una speranza. Ma non nascondiamocelo: il Potere, quando non vuole riconoscere che la democrazia è limite, fa anche un po’ paura». A pag. 4 Liana Milella prefigura le contromosse per evitare la sentenza Mills: “In arrivo una leggina per tagliare la prescrizione del caso Mills”: «Lungimirante il Ghedini: alla fine del 2008, con il lodo Alfano appena applicato al processo Mills, l’avvocato di Padova era consapevole della sua inconsistenza e sfornava nuove norme per proteggere Berlusconi».

IL GIORNALE dopo la trasmissione di Santoro torna alla difesa o all’attacco per difendere il Premier. Undici pagine che come in un album delle figurine illustrano i nemici del Governo: Napolitano “L’ex comunista che non difese la Costituzione” chiosa Giancarlo Perna in una biografia non autorizzata del Capo dello Stato; poi i magistrati a cui “Questa volta toccheranno le monetine” (con tanto di foto ricordo di Craxi), e che sono protagonisti di “Scandali e segreti” rivelati da Chiocci a pag. 7. E poi Santoro, “ Il conduttore guru della sinistra lascia che Di Pietro dia più volte del delinquente a Berlusconi in prima serata. Poi passa la parola a Travaglio, che lo dipinge come boss. E la Rai continua a pagarli con i nostri soldi” si legge nell’occhiello del titolo in copertina “Dal Lodo all’odio: ci pensa Santoro” che apre il pezzo di Stefano Filippi che analizza la puntata di Annozero  dove c’è stata una “spruzzata di mafia sul Premier”. Nell’album anche Rosy Bindi “La pasionaria che stende i nemici a parolacce” ritratta da Luigi Mascheroni. Infine la sentenza “che peserà sul debito pubblico”.  Sfogliamo dall’inizio e citiamo Vittorio Feltri che a scanso di equivoci scrive sopra al suo pezzo in copertina “L’editoriale” : «24 ore dopo l’emissione della sentenza della Corte Costituzionale non pare sorprendente né gravissima benché le polemiche si siano arricchite di nuovi spunti.  Come ad esempio lo scontro fra Premier  e presidente della Repubblica. Rimane un fatto. Le istituzioni più alte sono incarnate da persone di sinistra. Berlusconi ha detto questo  e ha detto anche che 11 giudici della Consulta sono di sinistra ed è difficile pensare che ciò non abbia contato  nella bocciatura del Lodo Alfano. E’ un’affermazione scevra di ipocrisie, quindi bisogna prenderne atto evitando di stracciarsi le vesti». Francesco Forte spiega perché la sentenza peserà sul debito pubblico: «Lo si desume dal Wall street journal che afferma che il governo italiano  è più debole e che il Premier dovrà dedicare più tempo e attenzione a questi processi. Analoga la valutazione del Financial Times». Continua Forte: «L’effetto negativo sul nostro debito dipende da ciò che accadrà nei processi e dal modo in cui saranno commentati dalla nostra sinistra e dalla stampa che la fiancheggia che sino ad ora è il 70%. E soprattutto da come saranno commentati dai giornali internazionali».

“Lo scontro istituzionale danneggia il premier”: il SOLE24ORE continua ad affidare a Stefano Folli commenti in prima pagina sulla situazione politica post-sentenza della Consulta. La tesi non varia molto rispetto agli scorsi giorni: calma e gesso, supplica il SOLE. Berlusconi – scrive Folli – è «ripiombato in antiche angosce» relative a un presunto golpe ai suoi danni, e fin qui «si può capire», ma «è il passo successivo a suscitare inquietudine», ovvero l’attacco a Napolitano. Sbagliato, per Folli, perché mai come oggi il premier ha bisogno di «interlocutori affidabili» e non di nemici. Ieri sono successi due fatti importanti: Napolitano ha brillato per «sobrietà», evitando di rispondere agli attacchi di Berlusconi, e ha incassato l’appoggio di Fini e Schifani; e Berlusconi ha rinunciato alla manifestazione di piazza per evitare «nuove fratture». Speriamo – conclude Folli – che siano segni di una «tensione superata».

Per ITALIA OGGI lo scontro istituzionale non ha posto in prima pagina, molto più interessante aprire con “Più tempo per lo scudo”, inteso come quello fiscale. Un piccolo richiamo è dedicato sì al Lodo Alfano, ma per dire che «In procura a Mi si è festeggiato con tamburi e cornamuse», riprendendo un articolo di ieri della Stampa. Franco Adriano a pagina 3 scrive nel pezzo intitolato “No al lodo, uno scherzetto da preti. Il voto è stato orientato dai membri cattolici della Consulta”: «Se doveva proprio trovare un capro espiatorio poteva semplicemente guardarsi intorno: al segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone, per esempio che stava inaugurando proprio in quelle ore insieme a lui la mostra “il potere e la grazia. I santi patroni d’Europa” (…) Sono di estrazione cattolica, infatti, i due membri della Consulta, che dati per indecisi fino all’ultimo minuto, hanno poi di fatto orientato il voto collegiale verso il no al lodo Alfano (…) Invece, il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ha deciso di scagliarsi come una furia contro il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, quasi imputandogli di essere venuto meno alla parola data. E guai, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, a chi ancora ieri cercava di spiegargli che forse il Quirinale non ne aveva alcuna colpa. (…)»

Vocabolario da campo di battaglia per la prima pagina odierna del FATTO QUOTIDIANO. “In guerra contro tutti” è il titolo d’apertura. “L’attacco finale” è l’editoriale a firma di Paolo Flores D’Arcais, secondo cui l’approvazione di una legge che metta al guinzaglio i magistrati è l’ultimo atto della «guerra alla democrazia liberale» del premier. «Posseduto da un’incontenibile pulsione totalitaria» (prendendo a modello «l’amico Putin»), «pensa ancora che basti un voto o un sondaggio a renderlo padrone e signore dello Stato». L’editoriale di Marco Travaglio “Bugiardi senza gloria” punta invece il dito contro «le balle spaziali» circolate in questi giorni a proposito della bocciatura del lodo, in particolare quella che sostiene una retromarcia della Consulta rispetto alla sentenza del 2004. «Bastava saper leggere l’italiano per scoprire che anche il lodo Alfano sarebbe stato bocciato. Bisognava pensarci prima di scriverlo. E prima di firmarlo». A pagina 2 Furio Colombo preannuncia “Il 25 luglio del premier”: «Minacce cupe, parole vuote, chiamate alla guerra, ma il Cavaliere è sempre più solo». Per Luca Telese, un articolo tutto dedicato alla resistenza dell’altra destra, quella che si sta raccogliendo attorno al presidente della Camera, alla Fondazione Fare Futuro e al quotidiano Il Secolo d’Italia. Mentre Berlusconi «è in preda della sindrome da bunker»,  per capire dove va Fini nel day after lodo «devi sentire cosa dicono i suoi corsari». Pagina 4 tratta nello specifico gli attacchi al Colle. Il Quirinale ottiene il sostegno dei presidenti delle Camere, ma la decisione della Consulta «lo ha spiazzato». IL FATTO QUOTIDIANO dipinge un Napoletano con «incubo da disarcionamento». A proposito di crisi istituzionale, l’Idv «fa i conti con i mal di pancia di chi non condivide gli attacchi di Di Pietro a Napolitano», Vincenzo Lo Re primo dimissionario. Si compatta invece il Pd, «che seppellisce l’ascia di guerra congressuale». All’”incubo urna” è dedicata l’analisi di Stefano Feltri: elezioni anticipate che, sostiene, nessuno vuole. Il Pd «perso nelle sabbie mobili congressuali», Fini «meglio aspettare mentre il Cavaliere si logora», i leghisti concentrati sulle Regionali. Solo a Di Pietro le elezioni anticipate farebbero gioco «non certo per governare, ma per consolidare il suo 8%». “Arriva lo scudo ad personam” è l’articolo di pagina 5 a firma di Peter Gomez, che descrive il presidente del Consiglio come «un leone braccato, che alterna euforia alla depressione più cupa». Nuovo obiettivo del premier, la riforma della giustizia, con «norme ritagliate apposta per il premier»: una legge che tolga il valore di prova alle sentenze passate in giudicato, una corte d’Assise per giudicare i reati commessi da esponenti del governo, e l’esercizio dell’attività parlamentare come legittimo impedimento a comparire in tribunale.

IL MANIFESTO dedica la grande foto copertina a un faccia a faccia Berlusconi – Napolitano sottolineato dal titolo “Tra capo e colle”. «L’attacco feroce di Berlusconi alla Consulta e al Quirinale impone a Napolitano di convocare i presidenti di Camera e Senato. Fini e Schifani rilasciano una nota congiunta per ricucire lo strappo: “Dal Colle rigoroso rispetto per Carta, serve lealtà tra le istituzioni». Ma il premier insiste: “Gli italiani vedranno di che pasta sono fatto”, rilancia la sfida, “Io eletto dal popolo”, e inizia l’offensiva mediatica. Il Pd teme le elezioni e gli chiede di restare al governo» così la sintesi in prima degli avvenimenti di ieri. Il commento in prima di Andrea Fabozzi è dedicato invece agli “Strateghi del Pd” che secondo l’editorialista de IL MANIFESTO gli unici che sono convinti che politicamente non sia cambiato nulla sono quelli del Pd «(…) A parte l’intempestività di Berlusconi che comincia a zoppicare proprio quando il partito democratico è impegnato con il congresso, i dirigenti del Pd non stanno certo scherzando né facendo gaffe. Di fronte alla valanga berlusconiana contro tutti e tutto sostengono che la cosa più giusta sia proteggere la stabilità del governo. Proprio adesso (…) Tentiamo quindi una spiegazione un po’ banale: il Pd ha una fifa blu che si vada a votare (…)». A pagina 2 il commento sull’offensiva mediatica del cavaliere è affidato a Norma Rangeri: «stiamo per essere sommersi da un altro alluvione berlusconiano. Non che finora non lo fossimo oltremisura, me se le telefonate fiume dell’altra notte a Matrix e a Porta a Porta, sono un antipasto, l’abbuffata è assicurata. (…) Il conflitto di interessi è un nodo che non si scioglie, stringe le sue maglie, mostrando un’organizzazione militare del consenso che non lascia varchi. Il quartier generale del presidente è mobilitato con un filo diretto tra palazzo Grazioli, palazzo Chigi e viale Mazzini, accampamenti strategici per l’offensiva d’autunno (…)».

L’apertura di AVVENIRE è “Lealtà tra le istituzioni”. Il pezzo di cronaca parla di un Napolitano «rinfrancato» dalla dichiarazione congiunta di Fini e Schifani. «Non è ancora la pace istituzionale, ma forse è già lo specchio di una correzione di tiro della stessa maggioranza», scrive Angelo Picariello. Intanto Berlusconi congela la manifestazione di piazza e l’ipotesi del voto subito, e «sembra ignorare Roberto Formigoni che ipotizza un nuovo tentativo di salvaguardare le alte acriche dello Stato».

 “Eletto dal popolo, rispettatemi”. LA STAMPA usa le parole di Silvio Berlusconi per il titolo che apre l’edizione di oggi. Oltre alla cronaca, un articolo a tutta pagina di Federico Geremicca: “Silvio e il Colle, l’equilibrio spezzato” ricostruisce il rapporto fra il premier e Giorgio Napolitano. Si parte dal ’94, quando Napolitano annunciava il “no” del suo gruppo alla fiducia chiesta da Berlusconi e questi andava a strigergli la mano, ricambiato.  Per «quel gesto di cortesia politica e istituzionale» Napolitano suscitò le ire di Cossutta:  «Napolitano ha sempre concepito l’opposizione così» accusò il leader di Rifondazione «una opposizione di Sua Maestà. E’ per questo che piace a Berlusconi». Fra i due presidenti «era cominciata così» scrive LA STAMPA «che meglio non si può», poi «le loro strade si divisero». Dodici anni dopo, quando Napolitano fu eletto capo dello Stato, Berlusconi e con lui tutta Forza Italia non lo votò perché «non appartiene alla nostra parte politica». Pochi giorni dopo, «per il solo fatto di aver conferito un incarico esplorativo a Franco Marini (allora presidente del Senato) per capire se era possibile formare un nuovo governo dopo le dimissioni di Prodi, Napolitano diventa “comunista”». Da allora, scrive Geremicca, il sereno non è mai tornato. «Al centro della contesa c’è sempre stata una diversa interpretazione dei limiti che la Costituzione impone ai poteri dell’uno e dell’altro e – come oggi è chiaro – perfino il valore da attribuire alla nostra Carta fondante».  Visioni diverse e strade divise, quindi, e tensioni continue. Passando per il caso Englaro (con l’opposizione di Napolitano alla decisione del premier di affrontare la questione con un decreto) fino al G8.  All’Aquila «non solo gli inviati al seguito del Presidente americano trovarono nella cartella stampa sette righe di biografia su Berlusconi e tre pagine per Napolitano» conclude il giornalista de LA STAMPA. «Ma Obama ebbe l’ardire di salutare il Capo dello Stato come “un grande leader che gode dell’ammirazione del popolo italiano per la sua integrità morale e la sua finezza”. Integrità morale? Berlusconi se ne ebbe a male: perché, effettivamente, dall’ “abbronzato” uno scherzetto così proprio non se l’aspettava».

E inoltre sui giornali di oggi:

ISLAM

LA STAMPA – “La mappa dell’Islam: uno su quattro nel mondo”. L’ultima ricerca dell’istituto “Pew Forum in Religion & Public Life”, durata tre anni, disegna un’inedita mappa dell’Islam. I demografi sorpresi: “Non immaginavamo che fossero così tanti”. Sono 1.570 milioni le persone di fede islamica nel mondo. «E non si trovano necessariamente dove penseremmo di trovarli» scrive LA STAMPA. «Grandi quantità, per esempio, stanno in Cina, India, e Russia». Il rapporto sottolinea come il terrorismo e il suo legame con l’Islam radicale abbia reso sospettosi gli europei e alimentato i luoghi comuni nei confronti dei musulmani. In Europa vivono 15 milioni di fedeli musulmani, ma nell’opinione pubblica c’è una sola equazione islam = terrorismo. Con due esiti, scrive LA STAMPA citando il libro dello storico francese Oliver Roy “Global muslim”: una minoranza si sente vittima e ripiega sulla propria identità, mentre la maggioranza fa grandi sforzi per guadagnarsi la cittadinanza e il rispetto.

 

POVERTA’
AVVENIRE – Il 4,4% delle famiglie italiane non ha di che comprare da mangiare: è sotto la soglia di povertà alimentare, soglia fissata per due persone in una spesa mensile di 222,29 euro per cibo e bevande. Si tratta di 3,3 milioni di persone. I dati sono stati presentati dalla Fondazione per la sussidiarietà, raccolti tra gli 8mila enti che si riforniscono al banco alimentare e le 1,5 milioni di persone che servono. Alla presentazione del Rapporto sulla povertà alimentare in Italia il cardinal Bagnasco ha detto: «Un sistema economico va messo in discussione se il suo esclusivo obiettivo è il profitto e non lo sviluppo. perché crea povertà, emarginazione, disordine sociale».

SANITA’

LA STAMPA – “La crisi ci toglie la salute”. L’osservatorio svedese sulla sanità in Europa, l’Health Consumer Powerhouse mette l’Italia al quindicesimo posto in quanto a servizi per la salute pubblica. «Da noi, come in Europa, si pagano gli alti e i bassi, e la carta geografica delle buone cure è a macchia di leopardo» scrive in un servizio di due pagine LA STAMPA. Maurizio Sacconi, ministro del Welfare: «gli indicatori di qualità del Mezzogiorno sono disastrosi».

 

DONNE
IL MANIFESTO – Uno dei pochissimi richiami in prima pagina del MANIFESTO di oggi è dedicato a “Donne in rivolta per gli insulti a Rosy Bindi” e all’argomento sono dedicate ben due pagine che annunciano anche un convegno a Roma su sessualità e politica nel post-patriarcato. Il titolo dell’articolo principale alle pagine 4 e 5 è “La bella e la bestia” con la cronaca dei fatti e i primi commenti politici. Sul tema intervista a Manuela Fraire psicologa, che psicanalizza il botta e risposta Bindi-Berlusconi «Come dire: né sei una velina, né hai l’autorevolezza per parlare di politica, per queste cose ci sono i signori Alfano e Casini. E lei gli ha risposto chiaro: non sono a disposizione dell’uso del femminile che tu fai». Per la psicologa dietro in tutto questo e nel fatto che gli uomini sia del Pd sia dello staff di Berlusconi riducano tutto a gossip siamo di fronte alla «crisi del padre, la difficoltà a identificarsi con figure maschili autorevoli. Questo riguarda il nostro paese, che infatti ha il leader che si merita. Ecco perché si tenta di dividere il pubblico dal privato: perché tutto questo non deve essere assolutamente associato a come loro gestiscono il potere. Il fatto che loro gestiscano il potere attraverso la compravendita di chi è meno forte è solo un “fatto privato”».

SCIOPERO METALMECCANICI
IL MANIFESTO – Grande spazio è dedicato allo sciopero generale di operai e impiegati metalmeccanici che oggi vede cinque manifestazioni interregionali. Il titolo scelto per le due pagine è «Prova di forza contro la paura». Si sottolinea in un box che la manifestazione di Roma si concluderà in viale Mazzini «Era dal 1969 che i metalmeccanici non indirizzavano una loro manifestazione verso la Rai. Anche allora, in effetti, c’era molto da dire sull’”imparzialità”informativa del servizio pubblico (…)».

CITTADINANZA
LA REPUBBLICA – Fini: cittadinanza a 11 anni a chi nasce in Italia. «Un bambino straniero che nasce in Italia o che vi arriva molto piccolo, a uno o due anni, merita il riconoscimento della cittadinanza italiana all’età di 11 anni se resta ininterrottamente nel nostro Paese e frequenta il ciclo scolastico», ha detto Fini intervenendo all’assemblea dell’Anci. Quindi non jus soli automatico, ma alla fine di un percorso, è l’idea di Fini.
 
ROM
IL GIORNALE – Sotto al titolo “Proposta anti-scrocco” la vicenda di Prato dove i rom pagheranno l’affitto. Nel dettaglio «Gli zingari maggiorenni che vivono nei campi dovranno versare un contributo, 1 euro, per ogni giorno di permanenza. E per lasciare la loro piazzola dovranno dare il preavviso». L’idea è venuta a Giorgio Silli, assessore alle politiche d’integrazione del comune di Prato. Ma non pare di facile applicazione. Gabrielle Villa  riporta  il dibattito in corso nella cittadina toscana che  per la prima volta da 60 anni a questa parte ha una giunta di centrodestra «C’è chi ha annunciato che il regolamento non potrà avere uno spirito punitivo. E chi, i Servizi sociali, ha avvertito che l’affitto potrebbe essere applicato solo ai nomadi che dimostrano un reddito. Un groviglio tanto che il quotidiano Il Tirreno ha lanciato un sondaggio per catturare gli umori della popolazione di Prato».

IMMIGRATI
SOLE24ORE – “Boom di stranieri in Italia: ormai sfiorano i 4 milioni” è il titolo di un pezzo relativo al censimento Istat sugli immigrati che fotografa la situazione al 1 gennaio 2009. Interessante la distribuzione geografica: le prime 10 province per presenza di immigrati sono tutte al Nord e sono nell’ordine Brescia (12,2% della popolazione), Prato (11,8), Piacenza (11,6), Mantova e Reggio Emilia (11,4), Modena (11,1), Treviso (10,9), Pordenone, Parma e Verona (tutte al 10,6%). Quanto ai gruppi nazionali di provenienza, primi sono i rumeni seguiti da albanesi e marocchini. Nel corso del 2008 gli abitanti immigrati in Italia sono cresciuti di ben il 13,8%.

TEATRO CIVILE
IL GIORNALE – Presentazione dell’ultimo lavoro dell’attore Giulio Cavalli che a Milano al teatro della Cooperativa è di scena con “A cento passi dal Duomo”, spettacolo sulle cosche in Lombardia. Cavalli ha portato in teatro anche la strage di Linate e una piece sul turismo sessuale.


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