Famiglia

Napoli perde una chance

Maestri di strada Così muore la "scuola" di Cesare Moreno e Marco Rossi Doria

di Redazione

L’iniziativa ha tolto dalla strada, nei quartieri difficili della città, oltre 600 ragazzi. La Regione aveva destinato oltre un milione di euro per sostenerla. Ma i fondi non sono mai arrivati. L’unica via d’uscita «è sganciarsi dal rimorchio della politica», si augura Moreno
« P rofesso’, quanno cummencia ‘a scola? M’aggio sfastidiato e’ sta a casa». Dal 1° settembre sono tornati alla carica con un’unica, insistente domanda: «Allora, sto’ progetto riparte o no?». Il progetto in questione è Chance , la “criatura” di Cesare Moreno e Marco Rossi Doria che da dieci anni mette in campo un team di “maestri di strada” contro la dispersione scolastica nelle aree emarginate del capoluogo campano. I postulanti, invece, sono proprio gli “evasori”, i cosiddetti “drop out” dell’istruzione napoletana, strappati ai marciapiedi dei Quartieri Spagnoli, di Barra San Giovanni, Soccavo o Pianura. «Ironia della sorte, tocca a loro sollecitare i professori», dice Moreno, che subito assicura: «Anche quest’anno le lezioni riprendono con cinque mesi di ritardo sull’inizio del calendario scolastico. Un disastro, se pensiamo che solo la pratica d’iscrizione dura un mese, perché implica un processo di accettazione reciproca e la sottoscrizione di un patto educativo insieme ai ragazzi». Recentemente finito sui quotidiani per essersi incatenato davanti agli uffici della Regione, Moreno punta il dito contro i ritardi cronici della burocrazia napoletana, che impediscono il regolare svolgimento della formazione. E ancor più contro il disinteresse delle pubbliche amministrazioni nei confronti di un progetto che, nonostante i numerosi attestati di stima (dal premio Unicef alla fiction televisiva ‘O Professore con Sergio Castellitto), rimane «voce di uno che grida nel deserto». E in quel caso, lo sappiamo, non è andata a finire bene?
Vita: Perché ritiene che il progetto sia destinato a morire?
Cesare Moreno: Perché la sua mission non è sufficientemente condivisa. In dieci anni la nostra metodologia educativa ha dimostrato di funzionare e i numeri lo confermano: 600 allievi seguiti, ragazzi “cognitivamente inappetenti”, assuefatti alla grammatica della violenza e alle sue due uniche declinazioni possibili, esercitarla o subirla, e che tornano a vivere. Il 95% raggiunge la licenza media e la metà un titolo professionale. Ma Chance è una goccia nell’oceano di una dispersione scolastica nazionale che supera il 30%. A Napoli va anche peggio, le scuole producono esclusione sociale su scala industriale: abbiamo mille casi di drop out all’anno, 3mila con i sommersi, a fronte degli appena 45 nuovi alunni che riusciamo a inserire nei nostri programmi. Da anni, per esempio, puntiamo a Scampia, ma niente, non ce la si fa…
Vita: Eppure la giunta Bassolino ha destinato un milione e 300mila euro per allargare l’utenza di Chance a 300 ragazzi, portando le classi da 9 a 16. Non basta?
Moreno: Gliene rendo atto, ma ad oggi non si è ancora visto un centesimo. Questi ritardi ci impediscono di stipulare i contratti con gli esperti incaricati di gestire le attività pratiche. Un particolare non da poco per un progetto che si basa molto più sui laboratori che sulle lezioni frontali.
Vita: Quali sono dunque le vostre richieste alle amministrazioni pubbliche?
Moreno: Da anni chiediamo un tavolo di discussione sul futuro del progetto e una procedura di reclutamento seria per rinnovare un corpo docente sull’orlo della pensione: è il secondo anno che arruoliamo supplenti, gli ultimi in graduatoria, che per fortuna hanno voglia di fare e conoscono bene il disagio delle realtà periferiche. Però significa formarli (dieci all’anno) e perderli dopo pochi mesi. Infine, chiediamo la nascita di un contenitore istituzionale in grado di muoversi contemporaneamente sui piani dell’istruzione, del welfare e del lavoro: una struttura autonoma centrata sulla mission di Chance e indipendente da Regione, Comune e ministero. Ci garantirebbe un’agilità d’intervento che oggi, al rimorchio della politica, non riusciamo ad avere.

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