Cultura

Napoli, Italia

In Campania l'emergenza continua e in essa si rispecchiano le crisi italiane. L'approfondimento

di Riccardo Bonacina

Conviene provare a rileggere l?assommarsi di notizie, roghi, ordinanze, imperizie, rivolte ed invettive che hanno caratterizzato gli ultimi trenta giorni dell?emergenza campana. Giorni che vanno ad assommarsi ai 5.100 (da tanto dura l?emergenza rifiuti in Campania riconosciuta per decreto) che hanno avvelenato aria, terra e anche l?anima dei napoletani. Rivedere, come in una sala di montaggio, lo svolgersi dei fatti in un replay che ha molto da dire non solo sulla Campania ma sullo stato dell?intero Paese. Ha da dire e da insegnare più delle baruffe volgari delle aule parlamentari o di una campagna elettorale che già s?annuncia fatta di proiettili via posta. Chi voglia capire qualcosa in più dello stato della politica e dell?amministrazione in questo Paese, chi voglia considerare quale sia il ruolo e il peso della Chiesa dentro i territori al di là delle contrapposizioni ideologiche romane, chi voglia cercare di capire quale sia oggi la mossa prima di rivolta e di insurrezione deve leggere e riconsiderare questi intensissimi trenta giorni campani. Proviamo a rileggere questo mese attraverso le parole della società, quelle della politica e quelle della Chiesa. Le parole della rivolta Sono decine, anzi centinaia i comitati nati dal 1994 ad oggi, riuniti in coordinamenti come Napoli Assise, o sparsi come polvere sui territori delle province campane. Da anni protestano contro le discariche, la gran parte abusive (2.500), raccolgono dati sulla quantità di rifiuti tossici sversati nelle campagne (3 milioni), fanno foto e filmati, sollecitano indagini sullo stato di salute delle popolazioni e delle terre. Qualche volta le loro proteste vengono ascoltate. Come nel 2004 quando, su spinta della popolazione, venne resa nota una ricerca dell?Organizzazione mondiale della sanità in collaborazione con l?Istituto superiore della sanità, Cnr e Agenzia regionale per la protezione dell?ambiente. Titolo: «Trattamento dei rifiuti in Campania: impatto sulla salute umana. Correlazione tra rischio ambientale da rifiuti, mortalità e malformazione congenita». Gli esperti che avevano lavorato in 196 comuni campani, analizzando i dati sui decessi per vari tipi di tumori e mettendoli in relazione con la «pressione ambientale» legata alla presenza dei rifiuti, divisero i paesi in cinque categorie. La quinta riuniva i comuni disastrati: Acerra, Aversa, Bacoli, Caivano, Castel Volturno, Giugliano, Marcianise e Villa Literno. La gente sa che si sta giocano la vita in un inferno di fumi velenosi provocati dai rifiuti in fiamme e di miasmi sprigionati dalle sostanze chimiche provenienti da tutt?Italia e qui sotterrate. Sa, ad esempio, che le donne si ammalano 12 volte più che altrove di nove tipi di tumore. Sa, ancora, che il rischio di morire di cancro al fegato è più elevato del 29%. Sa, infine, che il rischio di malformazioni congenite per i più piccoli cresce dell?84%. E poi ci sono gli animali. Da anni ad Acerra, per esempio, le pecore muoiono a centinaia, o nascono deformi. I giorni di Pianura È successo così anche a Pianura, non lontano da Pozzuoli e dalla solfatara dove nel 305 fu decapitato San Gennaro. Gli abitanti di Pianura hanno a che fare con fumi diversi e più velenosi, quelli di una collina di immondizia ricoperta di verde, alta 220 metri che sprigiona gas velenosi. Per questo, quando il 29 dicembre il commissario straordinario Cimmino (nominato il giorno prima dal Consiglio dei ministri) dice che per pulire le strade del napoletano bisogna riaprire la discarica chiusa dal gennaio 1996 e da 11 anni in attesa della promessa bonifica, la gente scende in strada per protestare. Ma come, dicono, dovevate bonificare la discarica perché qui muoriamo e oggi, non solo non avete fatto nulla, ma la volete riaprire? E i giorni di Ariano Irpino Un film che si ripete in questi giorni per gli altri siti individuati dal nuovo supercommissario Gianni De Gennaro. Per esempio ad Ariano Irpino dove la rabbia per la decisione di riaprire Difesa Grande si traduce in una lettera al presidente della Repubblica: «Chiediamo che la legge da Lei promulgata venga integralmente rispettata». Il riferimento è alla legge approvata il 5 luglio 2007 che sanciva la chiusura definitiva della discarica di Difesa Grande insieme alla esclusione del territorio di Ariano Irpino da future localizzazioni di siti per lo smaltimento dei rifiuti. Il problema per gli abitanti del napoletano e del casertano è che le promesse sui siti da bonificare sono rimaste promesse. La sveglia di Zanotelli Quello della società civile è un sentimento che Alex Zanotelli ha riassunto così già lo scorso 30 dicembre: «Napoli, svègliati. Napoletani, reagite. Ci stanno ammazzando. Ci stanno soffocando con i rifiuti, ci tolgono l?acqua, ci costringono a livelli di vita sempre più bassi. E non è solo la camorra ad aver firmato la nostra condanna a morte, ma un potere dai due volti, quello sporco della mafia e quello che si definisce pulito delle istituzioni». La convinzione che la vita propria e quella dei propri figli sia in pericolo è la causa prima di mobilitazione e di insurrezione, altro che i sobillatori della camorra. Come sottolinea Erri De Luca, «la salute, l?integrità fisica, la difesa della propria biologia è divenuta la causa prima di mobitazione sociale, dalla Val di Susa alla Basilicata passando per casertano e napoletano». Le parole della politica Più che di parole, dovremmo dar conto di tragiche battute o di afasie (cioè l?alterazione o la perdita della facoltà del linguaggio). Emblematica è la situazione del sito del Commissariato di governo Emergenza rifiuti Campania, con tanto di simbolo della Repubblica italiana (www.cgrcampania.com): il sito è aggiornato al 22 novembre, ovvero a due commissari straordinari fa. Così com?è emblematica la situazione di crack del Consiglio regionale della Campania e della sua Giunta: la presidente del Consiglio regionale (la signora Lonardo Mastella) agli arresti domiciliari, così come l?assessore all?Ambiente e quello al Personale (la Campania ?vanta? una quota del 18% della spesa del personale dipendente di tutte le 20 Regioni), un consigliere regionale della Margherita, Roberto Conte, componente dell?ufficio di presidenza del consiglio regionale campano, all?epoca dei fatti a lui contestati candidato per i Verdi, accusato di associazione camorristica. Un presidente, Antonio Bassolino al potere (dal 1994 al 2000 come sindaco di Napoli, dal 2000 come governatore della Regione) da 14 anni, che non riesce più a guardare in faccia la gente né dal vivo né in tv. Una situazione che in un paese normale sfocerebbe nella convocazione urgente di nuove elezioni, come in Sicilia. Ironia della sorte la tragedia rifiuti avviene nella regione in cui, più che in qualsiasi altra parte d?Italia, i Verdi sono stati e sono davvero al governo, con assessori e consiglieri in Regione, nelle Province e nei Comuni, da qui tutto l?imbarazzo silente del ministro all?Ambiente, Pecoraro Scanio. Appena insediato il governo Prodi, nel maggio 2006, Francesco Notaris di Napoli Assise firmò una lettera che diceva così: «Tanti giovani prendono consapevolezza di quanto accade e fanno politica nel deserto dell?informazione e sul ciglio di discariche dove rifiuti tossici e la buona politica sono sepolti da uomini formalmente responsabili e sostanzialmente collusi e distruttori del futuro. Presidente Prodi, lei è chiamato a ricostruire un Paese, ma non si costruisce con gli uomini che hanno già distrutto. Bisogna che lo Stato ritorni ad essere Stato». Il mostro del Commissariato Ma lo Stato in questi 14 anni ha avuto il volto e la struttura del Commissariato di governo che più che risolvere i problemi è stato causa di disastri ancor peggiori, sprecando risorse intorno ai 2 miliardi di euro in un regime di contabilità semplificata, bloccando il decollo della differenziata, dando vita ad appalti inconcludenti e sospetti. Una struttura che proprio in quanto emergenziale ha potuto svicolare ogni normale regola. Paolo Russo, presidente della Commissione parlamentare sui rifiuti nota: «Si pensi che nel 2003 (commissario Bassolino) solo per gli stipendi di un vice e due subcommissari sono stati spesi 1,140 milioni nel 2003. Poi ci sono 400mila euro corrisposti al Verde Riccardo Di Palma (ora presidente della Provincia di Napoli, ndr), nominato da Bassolino subcommissario per il Sottosuolo». Nel 2006 la relazione della commissione parlamentare d?inchiesta avvertiva: «Bisogna ?disfarsi? dei commissari straordinari e delle conseguenze delle gestioni straordinarie protratte nel tempo, per porre mano ad una vera politica dei rifiuti». Il dies ad quem era fissato al 31 dicembre 2007, ma poi con il decreto dello scorso 28 dicembre si rinviava una volta di più la liquidazione del carrozzone al 30 novembre 2008. Sino al ripensamento del 7 gennaio di quest?anno, quando il governo, sulla spinta della rivolta nelle strade, con un nuovo decreto ha affidato l?incarico al superpoliziotto De Gennaro, affiancato come vicario dal generale dell?Esercito, Franco Ginnini. Obiettivo: pulire il napoletano e liquidare l?ente per il 30 aprile 2008. Insomma, il massimo dell?afasia della politica che così passa la mano al poliziotto e al generale e per uscire dal caos affida loro poteri più che speciali. Poteri che se – il condizionale è davvero d?obbligo giacché blocchi stradali e ferroviari e roghi continuano – potrebbero far sì che i rifiuti siano tolti dalle strade campane, certo non avvieranno la soluzione dei problemi. E la Chiesa che dice? Monsignor Antonio Riboldi, vescovo emerito di Acerra e nemico giurato della mafia prima, quando era in Belice, e della camorra poi, fu messo sotto scorta nel 2004 perché lo rimproveravano di non essere abbastanza solidale con la protesta contro il termovalizzatore («Sono scelte della politica e dei suoi consulenti, che c?entra la Chiesa?», spiegava). Oggi ci dice: «Cercare le colpe in questo momento non serve, anche se sono a tutti evidenti. Questa è l?ora della responsabilità per tutti, singolarmente». Una riflessione, la sua, che è quella di tutta la Chiesa (vescovi, parrocchie, gruppi sui territori), tirata in ballo il 7 gennaio scorso da un?imbarazzata e imbarazzante lettera del governatore Antonio Bassolino pubblicata sulla prima pagina di La Repubblica. «Ho lottato e fallito, ma non lascio», scriveva Bassolino. Che poi accusava «comitati civici, ambientalisti fondamentalisti, vescovi che predicavano contro i rifiuti-demonio». È un registro, quello del ?chi è la colpa?, a cui la Chiesa locale si sottrae. Come appare chiaro nel messaggio lanciato dai vescovi campani il 10 gennaio: «I tanti errori individuali stanno purtroppo diventando delle vere e proprie strutture di peccato, di cui siamo singolarmente responsabili». L?urlo di Sepe Una chiamata alla responsabilità individuale che sfugge da ogni gabbia ideologica e di parte, rilanciata con forza settimana scorsa dall?arcivescovo di Napoli, il cardinale Crescenzio Sepe. Ha invitato tutti ad una veglia di preghiera. Veglia che nella cattedrale si è svolta il 25 gennaio. Di fronte all?ampolla con il sangue di San Gennaro estratta dai forzieri al di fuori di ogni canonica scadenza, il cardinale ha quasi urlato: «I rifiuti non sono la corteccia da mettere via alla società del benessere, ma rappresentano sempre più il simbolo della sua escrescenza, un tumore maligno che aggredisce e devasta. Nessuno può chiamarsi fuori dallo scempio di una città, mai così umiliata e mai così in pericolo, come in questi giorni: troppi sacchetti neri insudiciati dagli egoismi, dalle inadempienze, dalle incapacità e – Dio non voglia – dalle connivenze con il malaffare, sono andati ad ammassarsi come rifiuti, sporcando non solo mani ma anche la coscienza». Nota acutamente Erri De Luca che il cardinale «parla di etica ma non per suscitarla nei poteri, verso i quali ha la distanza abissale di non nominarli. Nega loro il diritto di spacciare per emergenza il loro fallimento di amministratori. Chiede invece alla sua assemblea di scatenare esempio». Un esempio che i cronisti de Il Mattino confermano: quasi ogni parrocchia ha in questi giorni promosso attività di raccolta differenziata. In attesa che i poteri costituiti si attrezzino perché questo sforzo non sia una volta di più vano.


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