La testimonianza

Napoli, caso Gesco: «Mia zia, 83 anni, ogni giorno sballottata per ore in pulmino»

Non sono passati neanche 30 giorni dal licenziamento dei 300 operatori sociali della cooperativa Gesco, ma gli effetti su famiglie e fragili si fanno sentire. Una caregiver, che si prende cura di sua zia di 80 anni con problemi di memoria, racconta di come sia diventato difficile comunicare con il centro diurno e di come la donna «sia in grave sofferenza per questa situazione»

di Alessio Nisi

Gesco

Questa è una storia di lavoro e di fragilità, è ambientata a Napoli, dove 300 operatori sociali sono stati licenziati da parte della Asl Napoli 1, che ha unilateralmente anticipato la chiusura naturale del contratto, prevista per la fine del 2025. Dalla fine di ottobre sulla strada ci sono tanti che si occupavano di anziani, tossicodipendenti, di fragilità mentali. È più di un mese che protestano. Ma questa è anche la storia delle persone che i servizi di quei lavoratori li utilizzavano e le loro famiglie. Ed anche la storia di Rosa, 83 anni, e di sua nipote Anna, 55 anni, che si prende cura della sua fragilità, perché è sola al mondo e ha problemi di memoria. «Terrificanti problemi di memoria», specifica. «Nonostante stia bene, sia curiosa, tonica e attiva», assicura Anna.

Dopo il 31 ottobre qualcosa si è rotto

Per Anna e Rosa abbiamo utilizzato nomi di fantasia, ma la storia di Rosa è assolutamente reale. Come è vero che è entrata nel centro diurno anziani “Frullone”, specializzato nella cura di demenze e Alzheimer, dove per tre anni è stata seguita dagli operatori Gesco (consorzio di 26 cooperative sociali della Campania, un bacino di utenza che impatta sulla vita di 5 mila persone fragili, solo nel territorio della Asl Napoli 1), attivi nella struttura.

«Ha necessità di fare terapia occupazionale, non di essere stroncata con un farmaco e messa su una poltrona. Era ed è fondamentale che mia zia sia seguita, con la possibilità di conservare le sue capacità». Rosa «va tutti i giorni al centro».

In un percorso così delicato, che si basa sulla relazione, dove gli operatori dovrebbero essere stabili e avere un rapporto continuativo con i pazienti e i caregiver, nessuna famiglia è stata informata delle vicende che hanno coinvolto gli oss

Anna

Le fragilità di Rosa

Ma con i licenziamenti del 31 ottobre qualcosa si è spezzato. Per Rosa e per Anna. Le fragilità di Rosa hanno infatti bisogno di continuità. È importante che gli operatori, oltre ad avere competenze ed esperienza, siano dei riferimenti e siano sempre gli stessi. Per Anna, appena dieci giorni i licenziamenti, sono emersi problemi di comunicazione con gli operatori.

Ex insegnante, si annotava le cose da fare

È stata Anna ad accorgersi dei problemi di memoria di sua zia. «Aveva iniziato», racconta, «a scrivere tutto quello che doveva fare. Da ex insegnante, per lungo tempo è riuscita a compensare il problema con le sue conoscenze ed è stata completamente autonoma fino al al periodo del Covid. Poi il tracollo», continua Anna, «tale che era diventato indispensabile che venisse controllata e che avesse una persona vicino». Una badante può «preparare da mangiare e aiutare a vestire», ma non è una persona adatta quando si tratta di «conservare le capacità cognitive» di una persona anziana.

Non mi sembrava vero

Tre anni fa Anna si è rivolta al centro diurno. «Mi è sembrata la Svizzera. Non mi sembrava vero di aver trovato tutti questi operatori, che avevano un’enorme esperienza specifica». Si sofferma in particolare su questa verticalità della professionalità degli operatori.

Capacità specifiche. «Non è sufficiente un operatore socio sanitario qualsiasi, o una psicologa qualsiasi, o una persona che sa svolgere l’attività prassica qualsiasi». Con le persone che soffrono di demenza, puntualizza, «ci vogliono capacità specifiche».

Emozioni ed empatia

Quali capacità? Per Anna «ci vuole una grande capacità di interagire sul piano emotivo. Il ragionamento con le persone che soffrono di mancanza di memoria non ha motivo di esistere, perché dopo un secondo che tu hai fatto un ragionamento, lo hanno dimenticato». Serve anche «empatia e capacità di entrare in sintonia sul piano emotivo. Bisogna lavorare sulle emozioni, avere la capacità di essere accoglienti e di avvertire di cosa quella persona ha bisogno».

La relazione e la continuità. È fondamentale, dunque, in questo quadro creare «una relazione», un rapporto che «si costruisce con la continuità e la stabilità oltre che con l’esperienza». Se «mia zia la faccio stare un giorno con una persona, un giorno con un altra, non ottengo lo stesso risultato».

Tre anni

Continuità, empatia, professionalità, alla fine sono stati i punti cardine del progetto integrato che ha permesso agli operatori socio sanitari Gesco di seguire zia Rosa e tante altre persone che hanno avuto bisogno di sostegno. «È un progetto che ha dato supporto ai pazienti, ma anche alle famiglie e ai caregiver».

In concreto ricevere supporto vuol dire anche, ma non solo, «avere dei referenti quotidiani che avevo la possibilità di contattare in caso di necessità o per avere un’informazione. «C’era un referente per i trasporti. Ci sono stati operatori che mi hanno mandato i video e gli audio di mia zia mentre faceva gli esercizi».

Ora, lamenta Anna, «se a mia zia la notte viene la febbre e la mattina alle 8.30 non devono venire a prenderla, ecco io non ho chi chiamare».

Disorganizzazione

Con pazienti in questa condizione di fragilità ogni alterazione dei ritmi e della continuità è un problema. «Le differenze rispetto a prima? Si notano subito. Una volta mi hanno chiamato perché volevano andare a prendere mia zia ad un vecchio indirizzo». E ancora, «non sapevano che dovevano chiamare prima di arrivare, in maniera tale che la badante accompagni mia zia al portone». Cosa questa che «gli altri operatori hanno sempre fatto».

Sballottata nel pulmino per ore

Anna racconta inoltre. «Il centro diurno è organizzato in modo che i pazienti vangano presi la mattina alle 8.30 e riportati intorno alle 15.30». I pulmini organizzano il giro «in base al numero dei pazienti» e «in maniera tale che gli anziani non vengano scarrozzati per ore. Mia zia», sottolinea, «è stata presa a volte anche alle 10 di mattina e portata a casa oltre le 16, in stato di grande stanchezza, perché sballottata nel pulmino per ore».

Ma sta succedendo anche che Rosa venga riportata a casa prima dell’orario previsto, «creando problemi di organizzazione dei tempi con la badante. Sì, mia zia sta sicuramente patendo per questa disorganizzazione».

La lettera delle famiglie

In ogni caso, prova a tirare le fila di questa storia Anna, «tra gli operatori del centro e le famiglie si sono interrotti i rapporti». Proprio le famiglie però hanno deciso di fare fronte comune. Ne è testimonianza una lettera appello al presidente della regione Campania Vincenzo De Luca, firmata da chi si prende cura dei fragili, ospiti dei centri in cui sono attivi gli operatori della cooperativa.

«È importante», sottolinea Anna, «che le famiglie dichiarino, sottoscrivendo la lettera, che non ha alcun senso non essere tenuti a conoscenza di quello sta avvenendo e che dichiarino la gravità del cambiamento degli operatori in questo tipo di struttura».

Il testo. «In questi anni», si legge nella lettera, «abbiamo potuto contare sul supporto prezioso degli operatori sociali che, in diversi ruoli e modi, ci hanno affiancato nel delicato compito della cura». Anni in cui «questi lavoratori» si prosegue, «sono stati accanto alle persone cui vogliamo bene, diventando per loro punti di riferimento indispensabili».

Una presenza «fissa, costante, quotidiana». Una continuità che «viene meno, a causa della scelta della Asl di sostituire operatori sociali validi e qualificati con personale interno, interrompendo prima della scadenza naturale il rapporto di lavoro con le cooperative». Nella lettera si parla di familiari che a causa di questa situazione si sentono «confusi, spaesati e certamente più soli» e si chiede al presidente di intervenire perché «questa sensazione di disorientamento e di abbandono si trasformi in paura paralizzante di vivere e andare avanti». 

In apertura e nel testo le proteste dei lavoratori di Gesco. Tutte le foto sono di ufficio stampa Gesco

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