Il caso

Napoli, 300 lavoratori del sociale a rischio: trema il welfare della città

Da angeli del Covid a disoccupati: 300 lavoratori della Gesco (operatori che assistono anziani, disabili mentali e persone affette da dipendenze) potrebbero trovarsi senza lavoro perché la Asl Napoli 1 ha rescisso anzitempo il contratto con il consorzio. Ne abbiamo parlato con Sergio D’Angelo, fondatore di Gesco: «Così si disperde un patrimonio collettivo. È una tragedia che riguarda tutta la città. Come il caso Whirlpool»

di Alessio Nisi

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Un grido di allarme lanciato alla città perché si possa difendere il lavoro di centinaia di operatori e la continuità dell’assistenza alle persone più fragili. A lanciarlo Sergio D’Angelo, fondatore di Gesco, consorzio di 26 cooperative sociali della Campania («nato nel 1991, è il più grande»): 1500 lavoratori e un bacino di utenza che impatta sulla vita di 5 mila persone fragili, solo nel territorio della Asl Napoli 1. Ebbene, di questi 1500 lavoratori, 300 potrebbero perdere il posto di lavoro il 31 ottobre: parliamo di operatori che assistono anziani, disabili mentali e persone affette da dipendenze. 

Come il caso Whirlpool

Una storia che per dimensioni e per impatto, sottolinea Sergio D’Angelo «rimanda alla vertenza della Whirlpool. È un caso che, come quello, riguarda tutta la città, che ha fame di lavoro. Già questa è una tragedia». E non ci sono solo i 300 che potrebbero perdere il posto, sul tavolo c’è un potenziale effetto valanga e il rischio che a trovarsi disoccupati siano anche gli altri lavoratori delle imprese Gesco che operano nella salute, altri 800 senza occupazione. 

Da eroi a disoccupati

Parliamo di quelle stesse persone che, durante i mesi bui del Covid, sono finite sulle pagine dei giornali come eroi e angeli. «Il Covid le asl della regione Campania non lo gestivano», sottolinea D’Angelo, «negli ospedali accanto agli anziani c’eravamo noi». 

Che succederà adesso? «Abbiamo scritto al prefetto e abbiamo promosso una vertenza legale nei confronti della asl, perché riteniamo di avere ragione in punta di diritto. È sbagliato risolvere un contratto dalla sera alla mattina prima della sua scadenza  naturale collocata a dicembre 2025. Non escludiamo nemmeno», aggiunge, «che si possa dover essere costretti a ritornare in piazza».

Ora quei 300 sono a rischio disoccupazione perché  la Asl Napoli 1 ha deciso di ridurre i tempi del contratto che li lega alla sanità pubblica campana, dal 31 dicembre 2025 al 31 ottobre 2024. Quasi un anno e mezzo prima. Una scelta unilaterale quella della Asl, sottolineano da Gesco.

«Il contratto  impegnava i nostri operatori sociali nelle strutture di salute mentale per la cura nella terza età delle persone con disabilità e di chi soffre di dipendenze, l’Asl ha deciso di interromperlo 15 mesi prima, perché ora ha le risorse per assumere e quindi noi non serviamo più». 

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Sergio D’Angelo, fondatore di Gesco, consorzio di cooperative sociali

Dopo il commissariamento


A monte di questa vicenda, c’è l’uscita della sanità campana dal commissariamento, con l’effetto che la stessa «ha potuto riprendere a reclutare direttamente il personale». Il corto circuito, precisa D’Angelo, «nasce dalla convinzione, non si sa per quale motivo, che noi avessimo sostituito il pubblico e in qualche modo surrogato funzioni pubbliche e non integrato le medesime funzioni pubbliche, come risulta invece da tutti i documenti».

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Striscione comparso nel corso della protesta davanti alla sede della regione Campania

Il sistema di accoglienza

Partner della sanità pubblica campana, «da prima che esistessero le aziende sanitarie locali», D’Angelo rivendica il contributo dato nei 33 anni di attività di Gesco nel «realizzare tutto il sistema di accoglienza alternativa sostitutiva dei manicomi, parliamo delle prime rsa, dei centri diurni per la salute mentale come di quelli per le tossicodipendenze». Aggiunge poi: «Abbiamo integrato il personale del pubblico, assicurando quella parte di lavoro per il pubblico era meno incline al saper fare». 

Effetti sulla collettività

Il lavoro che Gesco ha fatto non ci si è esaurito «nell’ambito circoscritto della relazione d’aiuto che coinvolgeva l’utente e la famiglia di quell’utente». La riconciliazione del rapporto tra un tossicodipendente, un sofferente psichiatrico e la comunità di appartenenza, chiarisce, «serve certamente a quell’utente e alla sua famiglia, ma ha effetti sull’intera collettività, perché costituisce un contributo per rendere più sicuro un territorio». 

In questi anni abbiamo contribuito ad ampliare e potenziare la capacità di risposta del pubblico in ambiti in cui non arrivava ad intercettare la domanda. Penso al sostegno ai percorsi dell’autonomia, dell’abitare, dell’integrazione lavorativa

Sergio D’Angelo – fondatore di Gesco

Un patrimonio collettivo

Un corto circuito, quello che si è verificato tra Asl Napoli 1 e Gesco, che si farà sentire su quei 5 mila fragili, di cui si occupava Gesco. «Avranno un problema di qualità dell’offerta».

Oltre il Covid e gli oltre 30 anni di attività, D’Angelo spiega a proposito della vertenza: «Non ne faccio una questione di riconoscenza, che pure potrebbe essere un valore, ne  faccio piuttosto una questione di calcolo di convenienza. Quello che si è fatto è stato conveniente sia economicamente  che socialmente. Non avere questo argine creerà problemi di gestione all’intera collettività e conseguenze dal punto di vista della qualità di servizi di dei mancati percorsi di integrazione».

Senza contare «il rischio di dissipare un patrimonio di conoscenze ed esperienze che percepiamo collettivo». Ecco, si chiede, «conviene dissipare questo patrimonio?», su cui la stessa asl ha investito anche in termini di «formazione».

In apertura i lavoratori di Gesco protestano davanti alla sede della regione Campania. Tutte le foto sono di ufficio stampa Gesco

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