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Nanni Salio, le sue parole per ricordarlo

Figura tra le più alte della nonviolenza italiana, il fondatore del Centro studi Sereno Regis di Torino si è spento la sera di lunedì 1 febbraio 2016 all'età di 73 anni. Un ricordo commosso attraverso la sua voce, sempre in prima linea per fare prevalere il dialogo anche dove era assordante il rumore delle armi

di Daniele Biella

Arrivederci Giovanni "Nanni" Salio, e grazie. Si è spento ieri sera, lunedì 1 febbraio 2016, il ricercatore fisico torinese classe 1943 stimato da tutto il mondo della nonvioenza e del pacifismo italiano, fondatore tra l'altro dell'Ipri, Italian peace research institute e del Centro studi Sereno Regis di Torino. Di seguito alcuni estratti di un'intervista rilasciata tempo fa da Salio a Giselle Dian, pubblicata sul sito della Rete dei Corpi civili di pace.

E' sempre piu' evidente la coerenza e la saldatura tra impegno per la pace, affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani, scelta della nonviolenza, femminismo ed ecologia. Come e perche' si realizza questa convergenza? Quali frutti rechera' all'umanita'?
A mio modo di vedere la nonviolenza e' alla base di tutte le altre forme di impegno, ma storicamente molti movimenti e molte lotte si sono sviluppate a partire da temi specifici. Da un lato assistiamo con piacere al fiorire di molteplici attivita', che Paul Hawken descrive in un suo libro (Una moltitudine inarrestabile, Edizioni Ambiente, Milano 2009) come “la seconda superpotenza mondiale”, sorta “senza che nessuno se ne sia accorto”, con centinaia di migliaia, addirittura milioni, di gruppi e iniziative sparse in tutto il mondo.
Dall'altra, ci sembra che l'enormita' dei problemi e delle crisi che stiamo vivendo richiedano un impegno coordinato e ancora maggiore. Che cosa succedera' non lo sappiamo, ma di certo abbiamo bisogno di una nuova tappa evolutiva, e la nonviolenza costituisce il collante e la base di questa evoluzione futura dell'umanita'. Occorre un impegno ancora maggiore di ricerca, educazione e azione per creare e diffondere una cultura della nonviolenza che ci permetta di vivere in modo piu' armonioso e ricco interiormente.

Quale eredita' ha lasciato nella cultura statunitense e mondiale l'esperienza di Martin Luther King, la lotta contro il razzismo e il movimento per i diritti civili?
La lotta guidata da Martin Luther King, ma, non dimentichiamolo, avviata da una donna, Rosa Parks, ha ridato speranza alle minoranze oppresse in molte parti del mondo, Sudafrica compreso. Come recitava il rap di un famoso rapper, Jay-Z, durante l'ultima campagna campagna presidenziale: "Rosa Parks sat so Martin Luther King could walk. Martin Luther King walked so Obama could run. Obama ran so we can all fly": "Rosa Parks si e' seduta perche' Martin Luther King potesse marciare. Martin Luther King ha marciato perche' Obama potesse correre. Obama corre perche' tutti noi si possa volare". Ma le altre due lotte importanti avviate da Martin Luther King, contro la guerra (del Vietnam allora, e oggi Iraq e Afghanistan) e contro la miseria estrema dei ghetti e degli slum abitati dalla minoranza nera, non hanno avuto pieno successo. La cultura e la politica Usa e' ancora profondamente permeata di militarismo e di capitalismo estremo (neoliberismo) di cui oggi vediamo e subiamo gli immensi costi. Negli Usa come in India i grandi personaggi (Martin Luther King e Mohandas K. Gandhi) vengono spesso usati come icone inoffensive dai leader politici al potere, contraddicendo il loro insegnamento.

Da alcuni anni si ha la sensazione che almeno in alcune parti del mondo finalmente i diritti delle persone omosessuali vengano almeno formalmente riconosciuti, e che il pregiudizio e la violenza omofoba non godano piu' di una complicita' diffusa. E' realmente cosi'? Ed attraverso quali tappe di impegno civile e di progresso culturale si e' giunti a questa situazione, e quanto cammino c'e' ancora da percorrere, e quali iniziative occorre intraprendere affinche' ad ogni persona sia riconosciuto il diritto alla libera autodeterminazione ed autogestione del proprio orientamento sessuale e delle proprie scelte di vita?
La questione sessuale, oltre a quella piu' specificamente omosessuale, rimane una delle problematiche piu' importanti per uomini e donne, giovani, ragazzi, adolescenti. Nonostante vi sia, soprattutto in Occidente, una diffusa liberta' di comportamenti, non esiste una buona educazione alla sessualita', affettivita', sensualita'. Questa e' una lacuna che riguarda anche i movimenti e la cultura della nonviolenza.
Eppure non mancano opere straordinarie in tutte le principali culture che potrebbero costituire una buona base di riferimento. In Occidente i processi di liberalizzazione e di maggiore e piu' profonda conoscenza della sessualita' hanno condotto anche a forme, ancora parziali, di riconoscimento della diversita' sessuale e del diritto di scelta in questo campo. Ovviamente le contraddizioni sono ancora molte e anche gli ostacoli. Da un lato la Chiesa cattolica, stretta tra “pedofilia” e “sessuofobia”; dall'altra forme integraliste di pensiero e di concezione maschilista che continuano a essere presenti in alcuni settori della societa'.
In altre aree culturali il problema e' ancora piu' acuto, anche se lentamente qualcosa sta cambiando.

Quale puo' essere lo specifico contributo dell'arte all'impegno per la pace, l'ambiente, i diritti umani di tutti gli esseri umani?
Una nostra amica, Daniela Minerbi, una pittrice che vive alle Hawaii, ha lanciato un progetto, che abbiamo accolto e contribuito a realizzare in Italia, chiamato Papp (Portable Art Portable Peace). Sono una cinquantina di piccoli quadri, che si possono comodamente spedire e far circolare da una citta' all'altra, da un luogo all'altro, per organizzare iniziative sul tema del rapporto arte-pace, coinvolgendo bambini, studenti, gente comune nel realizzare in modo semplice e spontaneo opere artistiche sulla pace, senza l'ambizione di avere solo grandi artisti. Abbiamo sperimentato questa proposta in alcune citta', in particolare ad Aosta, con buoni risultati. C'e' tuttavia una difficolta' che occorre tenere presente: e' piu' facile intendere il rapporto arte-pace come occasione di denuncia della guerra (pace negativa) che come capacita' di rappresentazione di pace positiva e nonviolenza. Ne abbiamo parlato, anche in occasione di momenti seminariali, con la presenza di Johan Galtung che ha contribuito a sviluppare questo nesso problematico. Le rappresentazioni artistiche invadono anche lo spazio esterno e non solo i musei. Abbiamo contribuito a realizzare un piccolo museo-laboratorio della pace a Collegno, una cittadina vicino a Torino, ma sarebbe molto bello riuscire man mano a trasformare lo spazio esterno in una sorta di museo diffuso che non ricordi solo gli eventi bellici, come oggi avviene con monumenti e altri simboli di guerra, ma diventi capace di veicolare immagini di pace positiva e di nonviolenza. C'e' tanto lavoro da fare e aspettiamo “nuovi artisti di pace”.

L'opposizione alla bomba atomica ha caratterizzato la seconda meta' del Novecento; negli ultimi decenni essa si e' sviluppata anche contro le centrali nucleari, cogliendo una serie di decisivi nessi ed implicazioni. Quali sono state le esperienze cruciali e quali sono le riflessioni fondamentali del movimento antinucleare?
La questione nucleare e' tale per cui civile e militare sono due facce della stessa medaglia: non c'e' l'uno senza l'altro. Ma il nucleare civile rientra nella piu' ampia questione energetica, che e' segnata dal “picco del petrolio” e dagli effetti climatici (global change) dell'uso dei combustibili fossili (oltre a petrolio, gas e carbone). Il nostro stile di vita e l'attuale modello economico dominante e' totalmente dipendente dai fossili in generale e dal petrolio in particolare. Occorre agire in fretta per evitare che la concentrazione di CO2 e di altri gas serra continui a crescere ulteriormente, raggiungendo un punto di non ritorno. Purtroppo, al momento non ci sono scelte e decisioni incisive. Il nucleare serve “solo” a produrre energia elettrica che, agli usi finali, conta per meno del 15% di tutto il fabbisogno. Qualora si volessero elettrificare tutti, o gran parte, dei trasporti (punto cruciale dell'intero sistema economico, produttivo, energetico), la quota di energia elettrica salirebbe di molto. L'eventuale scelta nucleare non sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno elettrico, perche' la disponibilita' di Uranio 235 (quello a tutt'oggi usato nelle centrali) si esaurirebbe in poco tempo, un paio di decenni. Occorrerebbe utilizzare l'Uranio 238 trasformandolo in Plutonio 239 mediante reattori autofertilizzanti, che non sono in commercio. Il Plutonio e' l'elemento piu' tossico che esiste, oltre che radioattivo su tempi dell'ordine delle decine di migliaia di anni. In breve, la questione energetica e nucleare richiede una totale revisione del nostro sistema socioeconomico: insediamenti urbani e produttivi su piccola scala; efficienza energetica sia nella produzione sia nella progettazione di qualsiasi bene (ciclo di vita dalla culla alla culla) evitando obsolescenza programmata degli oggetti e “usa e getta”; fonti rinnovabili decentrate di piccola potenza. Un modello di questo genere e' possibile e desiderabile, ma non si presta alla concentrazione di potere nelle mani di pochi, ne' a soddisfare avidita' e invidia di altrettanti pochi, come diceva il Mahatma Gandhi. Sta a noi scegliere, e quanto prima opteremo per questa transizione tanto meglio, per evitare di cadere in una situazione fuori controllo che produrrebbe un collasso con conseguenze inimmaginabili.

La solidarieta' internazionale con il movimento antiapartheid in Sudafrica ha caratterizzato gli anni Ottanta; e ad essa anche gli artisti (delle arti visive, della musica, della letteratura, del teatro e del cinema) hanno dato un contributo rilevante, particolarmente sul versante della sensibilizzazione. Poi, negli anni '90, la liberazione di Nelson Mandela, la sua elezione a primo presidente democratico del Sudafrica, e l'esperienza straordinaria della Commissione per la verita' e la riconciliazione, costituiscono eventi di portata mondiale ed epocale. Quali riflessioni si possono trarre da questa vicenda?
La prima e' la grande capacita' di Nelson Mandela e di Desmond Tutu di avviare un processo di riconciliazione su larga scala. Poi e' stata importante la solidarieta' di esponenti della comunita' bianca, che man mano si sono coinvolti nella lotta. Un terzo elemento importante e' stato il boicottaggio internazionale e l'isolamento che il Sudafrica ha subito rispetto al resto del mondo: Questo e' cio' che si sta tentando di fare anche nei confronti dello stato di Israele, per indurlo ad affrontare seriamente la questione palestinese. La componente artistica e' anch'essa importante, perche' costituisce una forma di diffusione di un pensiero molto efficace. Il lavoro di riconciliazione e' lungo e impegnativo, indispensabile se non si vuole ricadere in errori e conflitti laceranti.

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