Mondo

Nairobi: un prima giornata nel segno della confusione

Un riassunto della giornata che ha dato il via ai lavori del Social Forum Monndiale di Nairobi

di Joshua Massarenti

Da Nairobi ? Erano stati annunciati tra gli 80mila e i 100mila partecipanti. Una fiumana che da qui al 25 gennaio avrebbe dovuto sommergere il Moi International Center. Ma nella prima giornata di lavoro, in quello che gli abitanti di Nairobi chiamano Kasarani Stadium (uno stadio di oltre 55mila a circa una quindicina di chilometri del centro della capitale keniota), la partecipazione non superava le 20mila persone, in stragrande maggioranza africani. Dal Camerun al Sudan, passando per il Senegal, il Sudafrica, il Burundi e, ovviamente il Kenya (paese ospitante), gli organizzatori erano pronti ad accoglierne almeno 80mila (di cui 50mila kenioti), ai quali si sommano 3mila partecipanti europei, 2-4mila tra sud e nordamericani e un pugno di asiatici. Ma al pari della manifestazione che ieri ha inaugurato l?avvio ufficiale del settimo Forum sociale mondiale, al cospetto dell?entusiasmo, la massa non c?è. O almeno non si vede. Fino a ieri sera, c?è chi giurava che molti dei manifestanti previsti non erano ancora sbarcati a Nairobi. Sarà, ma al 21 sera, è doveroso prendere atto che mettere in piedi un Social forum in Africa presenta molti ostacoli. ?E? stata durissima? ammette Mathias Mormimo del Tavolo della pace. ?Da parte di tutti, e in particolare modo il comitato organizzativo locale, c?è stato il massimo impegno per consentire agli ospiti di partecipare al Forum senza troppi intoppi?.

I numeri parlano di 400 volontari formati ad hoc per rafforzare la sicurezza pubblica in una delle città più violenti dell?Africa sub-sahariana. Altri mille volontari sono stati messi a disposizione per mandare avanti una macchina organizzativa dannatamente complessa e per la quale il Forum aveva chiesto 400 milioni di schilling (l?equivalente di 6 milioni di euro). ?Non abbiamo ottenuto nemmeno la metà? si lamenta Edward Oyugi, il presidente del Comitato organizzativo del Kenya. ?Alla vigilia del Forum, il nuovo budget si aggirava attorno a 3 milioni di euro?. Il governo keniota ne aveva promessi 350mila, ma contrariamente all?Italia (300mila euro i finanziamenti predisposti dalla vice ministro degli Esteri con delega alla Cooperazione internazionale e all?Africa), ?non si è visto nulla? conclude amaramente Oyugi. Che il regime del presidente Kibaki non si sia dimostrato disponibile a ?cambiare il mondo? lo si era intuito sin da ieri, quando sul palcoscenico allestito a Uhuru Park per la giornata inaugurale del Forum non si era visto l?ombra di una personalità politica di peso del governo nazionale. Un cattivo presagio che trova conferma nella scarsa attenzione prestata dalla stampa locale all?evento: dopo le stringatissime righe di ieri, oggi l?edizione domenicale del quotidiano indipendente The Nation ha riservato in coda di giornale una doppia pagina (occupata per quasi un terzo dalla pubblicità) in cui ampio spazio veniva dedicato al rifiuto da parte delle autorità locali di concedere il visto al Dalai-Lama (mentre in supporto, un breve articolo menzionava la morta accidentale di una partecipante sudafricana investita da un?auto).

Stesso scenario desolante lungo le arterie principali della città, dove i manifesti dedicati al Forum sono letteralmente spazzati via dalle campagne pubblicitarie promosse dalle odiatissime multinazionali. ?Non c? nulla di sorprendente? commenta con tono laconico Edouard. Di professione tassista, passa le ore a combattere il traffico infernale di Nairobi ?ascoltando la radio?. Ma al pari di stampa e televisione, ?si è sentito poco o nulla?. A colmare il vuoto di comunicazione ci hanno pensato gli organizzatori del Forum mettendo a durissima prova i propri ospiti. Fra incontri, dibattiti e spettacoli culturali, in campo si contano oltre 1200 iniziative. Roba da tagliare le gambe per chiunque volesse aggiornarsi sui temi cruciali annunciati alla vigilia: debito estero, guerre e pace, migrazioni e diaspora, diritto di accesso all?acqua, commercio internazionale, pandemie per citare i più importanti. Il programma stampato in decine di migliaia di copie assomiglia a un elenco telefonico, con la differenza che orari e luoghi fissati in agenda spesso non trovano riscontro nella realtà. Sparsi tra lo stadio e i tendoni adiacenti, i workshop si susseguono a ritmi frenetici mentre partecipanti disattenti non sanno più che santo rivolgersi. ?Sa dov?è la porta 12?? chiede una nigeriana alla ricerca di un incontro sui media africani. Pochi metri, ed ecco affacciarsi un francese pieno di rabbia per aver mancato ?un workshop con Aminata Traoré e Samir Amin?, leader storici del movimento altermondialista. ?All?inizio mi avevano detto che si trovava nella warm-up area, al di fuori dello stadio?. Segnato dal caldo e dalla stanchezza, il ragazzo è stato poi invitato a tornare sui suoi passi e recarsi alla porta 5 del Kasarani Stadium. ?Quando sono arrivato lì, c?era un incontro sulle donne e l?Aids. In tutta la mattinata, non sono riuscito ad assistere a nessuno degli incontri che mi ero segnato sul taccuino?. Deluso, deciderà di tornarsene in città.

Al media center, le cose vanno un po? meglio. Dopo un inizio difficile, la linea internet ha preso a funzionare. Toavina Ralambohamhay è giornalista del quotidiano indipendente malgascia L?express. ?Ho già ricevuto due mail da parte del mio caposervizio, è da ieri che aspetta i miei pezzi. Glieli ho mandati adesso, sottolineando che qui è davvero tutto complicato?. Ma Toavina non vuole infierire più di tanto. ?Onestamente, mi aspettavo molto peggio. Al di là dei problemi tecnici, il mio unico problema riguarda il numero eccessivo degli incontri. Quando sfoglio il programma, non so più dove sbattere la testa?. Chi invece non si scompone sono i veterani del movimento, quelli presenti sul fronte della lotta anti-liberista sin da Porto Alegre. Per loro, le critiche formulate alla disorganizzazione del Forum sono fuori luogo. ?Molti paragonano questi appuntamenti ad aria fritta? assicura Miguel, ?ma non è così. Il solo fatto di ritrovarci e confrontarci su temi importanti come il debito estero o il diritto alla salute giustifica gli sforzi che continuiamo a fornire sette anni dopo il primo appuntamento a Porto Alegre?. Ma c?è chi preferisce fare autocritica. ?Venendo qui, molti partecipanti pensano che il Forum possa e debba risolvere i mali di questo mondo. Ma non è così? spiega Michael Ochieng, leader di Africa peace point, un organismo panafricano impegnato nella difesa dei diritti civili e umani, e nella risoluzione dei conflitti. ?Il Forum è invece un?occasione di mettere idee e battaglie a confronto, con l?obiettivo di ampliare il proprio network. Sono le reti che cambiano le cose? insiste Ochieng. Intanto però, c?è chi si aspetta che per il prossimo 24 gennaio, il Consiglio internazionale del Fsm sarà in grado di rendere pubblico una sintesi dei lavori e lanciare linee guida chiare sulle prossime campagne da portare avanti a livello internazionale. Gira e rigira, lo scoglio è sempre quello: la rappresentanza politica.


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