Mondo

Nairobi: un Forum pieno di incognite

Al via il settimo Forum sociale mondiale. Il primo organizzato in Africa, terra in cui si gioca il futuro di un movimento altermondialista in cerca di rilancio

di Joshua Massarenti

Da Nairobi – ?Karibu! Karibu! Karibu!?. A colpi di ?benvenuto!?, oggi Nairobi ha dato il via alla settima edizione del Forum sociale mondiale (Fsm), la prima organizzata dal movimento altermondialista nel continente più martoriato del pianeta. I mali dell?Africa sono tutti iscritti qui, a Kibera, una baraccopoli dove la povertà estrema e l?esclusione sociale fanno tutt?uno. E? qui, alle porte di un cancro urbano africano conclamato, che gli organizzatori del Forum sociale mondiale hanno dato appuntamento alle decine di migliaia di partecipanti previsti da qui al 25 gennaio. Al cospetto di una presenza piuttosto fiacca (le stime, molto approssimative, parlano di 5-15mila persone), la marcia in direzione di Uhuru Park (situato nel cuore della capitale keniota) si è contraddistinta per il clima effervescente generato dagli africani (nettamente maggioritari). Tra i canti e i balli sostenuti dai ritmi indiavolati dei tamburi, un serpentone umano coloratissimo ha attraversato parte della città sotto gli occhi increduli dei residenti locali. ?Ma è vero che giungono da Kibera?? chiede un passante prima di sentenziare che ?una roba così non si era mai vista a Nairobi?. Già, che una manifestazione popolare potesse partire dal luogo della relegazione per eccellenza (e quindi temuto dalle autorità politiche) per irrompere nel centro affaristico della città è roba dell?altro mondo. Anzi, di un altro mondo che i protagonisti del Social forum vogliono rendere possibile e rispetto al quale la ?marcia della pace? è apparsa come il primo segno tangibile. ?Si è trattato di una scelta molto simbolica? rivela Flavio Lotti nella doppia veste di presidente della Tavola della pace e di membro del Consiglio internazionale del Fsm. ?L?emarginazione sociale subita dagli slum di Nairobi simboleggiano in qualche modo quella parte del pianeta devastato dai danni provocati dalla globalizzazione?. Che nel Sud del mondo, e in particolar modo in Africa, le cose non vanno per il verso giusto ce lo ricordano bandiere e magliette su cui i manifestanti ricordano i motivi della loro presenza in Kenya: ?Salvate l?ambiente?, ?No alla guerra?, ?Insieme per una giustizia sociale?, L?acqua, un diritto per tutti?, ?Per una solidarietà internazionale? sono gli slogan più martellati di un?edizione che, paradossalmente, dovrà farne a meno se vuole rendere i suoi messaggi più convincenti. Tra gli organizzatori della manifestazione c?è infatti la consapevolezza che quello di Nairobi è chiamato a diventare il Forum social mondiale della svolta. Da quando fu istituito nel 2001 a Porto Alegre, il Forum sociale sta attraversando un periodo di crisi che François Houtard, teologo e direttore della rivista francese Alternatives Sud riassume ?con la necessità di dover superare la semplice recensione dei disastri provocati dal neoliberismo per delineare strategie e obiettivi comuni che possano sfociare su idee di natura propositiva?. ?Basta accuse, ma proposte? sarebbe quindi la nuova parola d?ordine lanciata dal Consiglio internazionale del Fsm. Da qui al 25 gennaio, ci saranno quattro giornate di dibattiti e incontri fittissimi al termine dei quali si saprà o meno se il Forum sociale mondiale avrà ripreso lo slancio che tutti attendono. ?E? importante che il movimento ponga fine alle sue incertezze? confida un rappresentante della società civile italiana. ?Non si può andare avanti con la paura di parlare a nome degli altri?. Sin qui, infatti, i summit organizzati dal Fsm si limitavano a riunire un coro di proteste di cui nessuno intendeva appropriarsi. Una scelta strategica che potremmo definire democratica, ma che sul lungo termine rischia di condurre il Forum in un vicolo cieco. ?Non ci sono alternative? ammette Flavio Lotti, ?la nostra capacità di cambiare le cose è vincolata alla necessità di fare rappresentanza?. Con oltre 500 presenze, la delegazione italiana prova a dare l?esempio. ?C?è qualcosa che si sta muovendo? sostiene Laura Ciacci, responsabile dell?area cooperazione internazionale del Wwf Italia. ?Il processo è lento, ma ci stiamo avviando verso una piattaforma collettiva che riunisce attori molto diversi fra loro, dalle ong agli Enti locali, passando per una miriade altre realtà associative e istituzionali. Questo per sottolineare che fare consenso?, il primo scoglio della rappresentanza, ?non è cosa facile?. E se non lo è all?interno di un singolo paese, figuriamoci a livello internazionale. ?Ma non abbiamo altra scelta? ammonisce Raffaella Bovini dell?Arci. ?Gli africani ci hanno chiaramente fatto capire che senza una svolta politica da parte dell?Unione europea o degli Stati Uniti sui temi della povertà, le loro battaglie sono destinate a morire. Ciò significa che sui nostri movimenti incombono delle responsabilità enormi che dobbiamo assumerci fino in fondo. Da noi dipende la svolta che gli africani attendono da decenni?. Una sfida tra tante altre che, almeno qui a Nairobi, passa per una capacità di ascolto molto alta nei confronti di una società civile africana profondamente fragile, ma le cui richieste, tese ad estirpare milioni di esseri umani dalla povertà, non fanno una piega.


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