Formazione
Nairobi: un dopo forum nel segno dellincertezza
Lultima giornata di lavoro. Spicca la battaglia commerciale tra Europa e Africa. Attesa per il documento finale del Consiglio internazionale di un Forum sociale mondiale dal futuro incerto
Da Nairobi – Epa, Economic Partnership Agreement. Non fidatevi del linguaggio burocratico europeo. L?accordo commerciale che i 77 paesi dell?area Acp (Africa-Caraibi-Pacifico) si apprestano a firma entro il 1 gennaio 2008 con l?Unione europeo non ha nulla a che spartire con lo spirito di partnership economica professato da Bruxelles. Al primo piano del Gate 19, un pezzo di movimento altermondialista è in ebollizione. In tutto, una trentina di rappresentanti di organizzazioni africane e europee si sono raggruppati nella sessione dedicata a un accordo, quello relativo ai rapporti commerciali Europa-Acp, di cui si temono ripercussioni devastanti per la già fragile economia africana. ?In ballo è la vita di centinaia di milioni di contadini? spiega con tono allarmato Caroline Dorémus-Mège, responsabile delle campagne ?anti-liberiste? di Oxfam-Francia. ?Se questo accordo verrà firmato, i paesi Acp dovranno ritirare tutte le loro barriere doganali nei confronti dei prodotti di esportazione europei. Finora?, prosegue Dorémus-Mège, ?i rapporti commerciali tra l?Europa e i paesi Acp erano regolati dagli accordi siglati a Cotonou nel 2000?. In base a questi accordi, ?gli africani potevano esportare i loro prodotti in Europa con prezzi preferenziali, cioè con tariffe doganali inferiori rispetto a quelle imposte ai prodotti provenienti dai paesi ricchi come il Giappone o gli Stati Uniti. Sul versante opposto, i prodotti esportati dall?Europa verso i paesi Acp erano confrontati a tariffe doganali africane che l?Ue intende azzerare proprio con l?Epa?. Dal conto suo, ?la Commissione europea giustifica l?accordo con la necessità di allinearsi con le regole sottoscritte dai paesi Acp in sede Wto?. Ora, ?queste regole avevano consentito ai governi africani di rinviare l?applicazione degli accordi di libero-scambio entro e non oltre il 1 gennaio 2008. Questa data sancirà la morte definitiva del continente africano?.
In realtà, il processo di impoverimento di centinaia di migliaia di contadini africani ?è in corso dagli anni ?90". Francois Traore, presidente della Confédération paysanne du Burkina Faso, ricorda ?che le politiche di aggiustamento strutturale avviate negli anni ?80 da Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale hanno liberalizzato con la complicità dell?Organizzazione mondiale del commercio i rapporti commerciali tra Nord e Sud del mondo?. Concretamente cosa significa? ?Bisogna partire da un presupposto. L?economia africana riposa in larga misura sul settore agricolo. Ora, imponendo un accordo di libero-scambio, l?Unione europea mette sullo stesso piano Davide e Golia, cosa già di per se ridicola. Purtroppo, contrariamente ai produttori agricoli europei, i contadini africani non dispongono di sovvenzioni agricole in grado di contrastare l?invasione dei prodotti provenienti dall?Unione?. Il fenomeno è già in marcia: ?Sul mercato burkinabé il litro di latte venduto dall?azienda francese Bridel costa 200 franchi Cfa, mentre quello prodotto dai contadini locali supera i 300 franchi Cfa. Secondo lei, quale latte predomina sul mercato nazionale??.
La risposta è scontata. Più sorprendente, ma non meno preoccupante. è scoprire che il fenomeno ha ormai una dimensione regionale. Sempre Francois Traore: ?Poco tempo fa sono stato a Lomé, in Benin. Sui tre negozi alimentari che ho visitato, sugli scafali c?erano soltanto due prodotti togolesi?. E che prodotti! ?Il primo era un?acqua minerale, il secondo uno yogurth a base di latte in polvere importato dall?Europa?. Peggio, ?quei negozi vendevano sacchetti di plastica contenenti noci di cocco rapate e seccate. Ero convinto che fossero prodotti togolesi, al massimo importati dall?Africa occidentale. E invece no! Provenivano dall?Europa?. Come se non bastasse, ?un mese dopo ho ritrovato lo stesso prodotto a Dakar, in Senegal?.
Per contrastare l?impatto tentacolare delle regole commerciali internazionali, gli altermondialisti sono confrontati alla necessità di avviare campagne d?informazione di dimensione mondiale. Dopo quattro giorni di dibattiti intensissimi, la sessione ?Epa? è chiamata a elaborare una sintesi dei lavori svolti durante il Forum per poi formulare proposte concrete in vista del 1 gennaio 2008. Sin dalle prime battute, si capisce che la battaglia sarà irta di ostacoli. ?Siamo alle strette? annuncia la coordinatrice della sessione Valérie Traoré, burkinabé trapiantata a Nairobi per conto di Acord (African for Co-operation and Research Development) , un organismo panafricano impegnato nella lotta alla poverta' in Africa sub-sahariana. ?La Commissione europea sta esercitando pressioni fortissime sui paesi Acp. Lo scopo è quello di chiudere grande parte degli accordi entro il 1 marzo nel corso della Riunione tra i ministri del commercio dei paesi Acp e i ministri europei prevista a Bruxelles. Dopo di che il secondo semestre sarà riservato a piccoli accordi complementari insignificanti?. Troppo tardi quindi. Per questo, ?è necessario organizzarci sin dai prossimi giorni per lanciare una vasta campagna d?informazione mondiale?.
Dagli spalti, si alza il presidente della Confederazione contadina del Burkina Faso: ?E? inutile combattere in Africa. Qui abbiamo già perso. La nostra lotta va invece portata avanti in Europa?. Non solo. ?Sarà fondamentale mobilitare i mass-media. Molto dipenderà da loro e lo sappiamo. Quindi propongo di promuovere un?operazione tende uguale a quella che è stata organizzata in Francia a favore dei senza tetto. L?operazione va effettuata in tutte le principali capitali europee. Solo così possiamo sperare di scuotere l?opinione pubblica e sconfiggere gli accordi Epa?.
La proposta è allettante, ma non convince tutti. Tre gradini più giù, prende la parola un rappresentante della società civile senegalese. Barry, membro della Piattaforma studentesca per il commercio equo, è convinto ?che le battaglie vanno portate avanti anche in Africa. Dal canto nostro, comunico che in Senegal ci saranno due grandi appuntamenti. Il primo riguarda una sessione d?informazione nell?Università di Dakar. Poi a maggio ci sarà una marcia anti-Epa a Saint-Louis in cui parteciperanno i contadini senegalesi?. A ruota libera, dal Mali si apprende che, oltre al Forum sulla sovranità alimentare prevista a Bamako tra il 23 e il 28 febbraio, è in corso di elaborazione una vasta campagna di raccolta-firme organizzata da un network di organizzazioni nazionali e internazionali (tra cui Oxfam e Acord). Lo stesso fermento si riscontra in Burkina Faso, Ghana e Gambia, insomma paesi africani noti per la forte capacità di mobilitazione della società civile. Al contrario, le altre regioni dell?Africa sub-sahariana spiccano per assenteismo. Barry è sulle spine: ?La Commissione europea si confronta con l?Africa a livello regionale. Quindi è necessario mettere in piedi un network inter-regionale che possa fare pressione sulle varie Cedeao o Comesa?.
Intanto, sugli spalti circolano fogli su cui ognuno dei partecipanti iscrive nome, cognome e un preziosissimo indirizzo email. Da Internet, infatti, dipenderà la capacità organizzativa della campagna mondiale anti-Epa. Per ora, la lotta è allo stadio embrionale. Al termine della sessione, nessun calendario è stato fissato, così come non c?è traccia del tanto atteso documento riassuntivo. ?Bisognerà aspettare almeno un giorno? spiega Valérie Traoré di Acord. ?Dopo di che rilasceremo al Consiglio internazionale del Forum sociale mondiale una lista di proposte che andranno ad aggiungersi a quelle stilate dalle altre venti sessioni odierne?. Dall?acqua all?Aids, passando per il debito estero, l?infanzia, la parità di genere, etc., il Consiglio internazionale si riunirà tra il 26 e il 27 gennaio prossimi per passare in rassegna ventun documenti programmatici da cui estrarre una sintesi convincente. Un modo come nessun altro per far dimenticare il caos organizzativo che ha contraddistinto la settima edizione del Social Forum Mondiale e rilanciare un movimento altermondialista confrontato a un futuro incerto.
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