Cultura

Murdoch, lo squalo azzannato

Il giorno più lungo a Londra per il magnate dell'editoria

di Franco Bomprezzi

Giornate durissime per uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo, il magnate Rupert Murdoch, travolto dallo scandalo delle intercettazioni fuorilegge di News International. Ieri l’audizione di due ore davanti alla commissione parlamentare della Camera inglese è diventato l’avvenimento mediatico mondiale della giornata, contrappasso singolare per il re delle televisioni e della carta stampata. Un’audizione con tanto di aggressione a colpi di schiuma da barba. Ecco come i giornali italiani raccontano e commentano.

Fotonotizia in palco alto della prima del CORRIERE DELLA SERA per Murdoch, e servizi alle pagine 2 e 3. “Murdoch, due ore alla sbarra «È il giorno più umiliante»” è il titolo di apertura di pagina 2 con il racconto dell’udienza, firmato da Paola De Carolis: “Due ore di audizione davanti ai 10 membri della commissione parlamentare per la cultura e i media che sono cominciate con le scuse dei Murdoch — «Questo è il giorno più umiliante della mia carriera» , ha detto Murdoch senior — e che si sono concluse con la promessa del magnate ottantenne di andare avanti. «Ha intenzione di dimettersi?» , gli ha chiesto la deputata conservatrice Louise Mensch. «No» , ha risposto. «Perché no?» , ha incalzato Mensch. «Perché sono stato tradito da gente di cui mi fidavo, ma sono la persona giusta per ripulire tutto» . A pochi minuti dalla conclusione, un colpo di scena. Rupert, anziano, a volte titubante, incapace a tratti di interpretare le domande poste dai deputati, è stato aggredito da un uomo che dalla quarta fila si è alzato, ha raggiunto il banco dove il magnate era seduto e gli ha gettato addosso un piatto di schiuma da barba al grido di «ingordo » . Wendi Murdoch, che era seduta dietro al marito e che più volte è intervenuta per ricordargli di non sbattere il pugno sul tavolo, è scattata in piedi e, con agilità e velocità sorprendenti, ha colpito l’aggressore a mano aperta. Ha raccolto poi il piatto e lo ha schiaffato sulla faccia dell’uomo. Si tratterebbe dell’attivista Jonnie Marbles, che pochi minuti prima aveva annunciato l’intenzione di colpire Murdoch su Twitter e che è stato immediatamente arrestato. Ai Murdoch è stata data la possibilità di sospendere l’audizione, che padre e figlio hanno declinato conquistando l’ammirazione e le lodi dei deputati”. Fabio Cavalera ricostruisce la vicenda: “Così il burattinaio è finito nel tritacarne dell’informazione”. Un passaggio: “Un burattinaio di prima classe. Feroce, astuto, conservatore quando gli serve essere conservatore, laburista quando gli serve essere laburista, col fiuto del business costruito sulle disgrazie altrui. Tabloid e televisioni li ha usati come se fossero il boia sul patibolo: chi sale lassù ha chiuso, non fa niente se colpevole o innocente, ciò che conta è lo spettacolo per la gente attorno che guarda assetata e vuole vedere il morto. È una formuletta semplice e terribile quella del giornalismo che gioca con le paure e con i risentimenti peggiori dell’opinione pubblica. Rupert Murdoch ne è stato il grande demiurgo. Vincente fino a ieri. All’improvviso il teatro dell’informazione drogata, il suo teatro, è crollato. E il tycoon si è ritrovato nello sgradevole ruolo dell’imputato che rischia di finire male, del mostro sbattuto in prima pagina, come i mille «mostri» che lui ha sbattuto e fatto sbattere sulle prime pagine di News of the World o del Sun, come le mille «vittime» delle sue trasmissioni spazzatura. Le parti si sono tragicamente (tragicamente per l’ottantenne editore globale) invertite o ribaltate”. Ma è Beppe Severgnini, grande conoscitore dell’Inghilterra e dei media anglosassoni, a scrivere un ampio pezzo che parte in prima e si conclude a pagina 3: “Il gancio destro di Wendi in soccorso del vecchio squalo”. Scrive fra l’altro Severgnini: “Ma il protagonista è lui, il patriarca: finisce con la camicia bianca, visto che ha perso la giacca, macchiata in combattimento. Un vecchio Humphrey Bogart dei media, capace di prendersi titoli di testa e titoli di coda. Non ha vinto, Rupert Murdoch: perché, dopo quello che hanno combinato i suoi giornali, non poteva vincere. In un’interminabile audizione, davanti a una commissione della Camera dei Comuni, ha ammesso che qualcuno dei suoi ha pagato la polizia, s’è infilato nelle segreterie telefoniche di povere vittime. Si è scusato e vergognato, saccheggiando il vocabolario in cerca di termini adeguati (sorry, apologies, regret, frustration, shocked, appalled, ashamed, sickened, angry). Si è piegato, e a una certa età non è facile. Si è rialzato, e non è semplice neppure quello. C’era tensione teatrale nel pomeriggio d’estate, mentre il multimiliardario rischiava molto, se non tutto, davanti a una commissione parlamentare, nel paese dei grandi attori. «This is the most humble day of my life» , questo è il giorno più umiliante della mia vita. Rupert Murdoch, interrompendo il figlio, ha indicato subito la trama dello spettacolo che stava per cominciare. Una tragedia umana, giornalistica e societaria: Shakespeare avrebbe potuto cavarci qualcosa”. 

Foto notizia su LA REPUBBLICA per lo scandalo intercettazioni: “Murdoch, mai così umiliato nella mia vita Un manifestante l’aggredisce in Parlamento”. Servizi in doppia all’interno. Il quotidiano riporta i passaggi più salienti dell’audizione dell’imprenditore e del figlio. Entrambi si sono detti molto dispiaciuti e all’oscuro: «Quando ne siamo venuti a conoscenza abbiamo agito con rapidità e trasparenza. Non c’è prova che i vertici dell’azienda… fossero a conoscenza delle intercettazioni». Murdoch senior ha anche spiegato perché passava dal retro di Downing Street: glielo avevano chiesto (lo faceva anche quando il premier era Gordon Brown). Nel merito: «Le intercettazioni illegali sono una cosa diversa, ma il giornalismo investigativo, in particolare quello d’inchiesta, serve per una società libera e trasparente per quanto scomodo possa essere per molta gente e siamo una società migliore perché c’è il giornalismo». Parole che Vittorio Zucconi decodifica molto bene con un pezzo intitolato: “E in Parlamento lo Squalo divenne preda ma sotto la recita dell’umiltà cova la rabbia”. «Per sopravvivere alla scoperta del suo “metodo Boffo planetario” di calunnie e di giornalismo corrotto e corruttore, Rupert Murdoch che controlla 200 giornali e network televisivi in tre continenti, deve pagare tributo a quella democrazia che credeva di poter manipolare con i ricatti, i 18 miliardi del suo portafoglio, i 56mila dipendenti e i rapporti personali con i grandi». Di fatto il magnate ha, secondo Zucconi, recitato una parte: il pentito, il patriarca sorpreso, addolorato, ignaro. «Umiltà fittizia, pentimenti ipocriti da bambini scoperti a rubare le caramelle». Ma non pentiti al punto da dimettersi, in ogni caso. Sul versante politico riferisce da Londra Cristina Nadotti : «C’è chi scommette che David Cameron non arriverà alla fine della settimana e che la sua testa sarà la prossima a cadere». Oggi dovrà comparire in Parlamento per rispondere alle domande sui suoi rapporti con i vertici di News international e sul perché assunse Andy Coulson, ex direttore di News of the World, come capo ufficio stampa quando c’erano dubbi sul suo operato. Ieri Cameron ha fatto un mea culpa preventivo: «Parte dei media ha commesso terribili atti illegali, la polizia deve rispondere a domande serie su forme di potenziale corruzioni e i politici sono stati troppo vicini agli editori di giornali».

IL GIORNALE dedica una pagina (13 degli esteri) al caso del tycoon inglese. Tony Damascelli firma “Murdoch fa l’offeso e rilancia: non mollo”. «Giornata di comiche. Tipicamente inglese. Homer, Marge, Bart, Lisa e Maggie. Sono i testimoni chiave che possono dimostrare che i Murdoch non hanno mai messo bocca e altro nello scandalo delle intercettazioni. Chi sono quei cinque di cui sopra? Elementare, i Simpson, i protagonisti della fumettistica americana by Fox. La tesi è sostenuta e scritta da Robert Pollack, responsabile degli editorialisti del Wall Street Journal. Quel quintetto di americani può ribadire di essere assolutamente libero, indipendente, non intercettato. La premessa è la carta di credito per comprendere il cartone animato di ieri a Londra, compreso finale a sorpresa. La Murdoch family si è presentata alla Camera dei Comuni, padre, moglie, figliastro. Rupert e James uniti dalle stesse amnesie, l’inquietante cinese Wendy Deng alle spalle della coppia, seduta in prima fila, addobbata di un tailler color lampone, i belli capelli sciolti, le mani nervosissime unite, strette, annodate. Pomeriggio duro, roba tosta che i Murdoch non avevano immaginato, impegnati in cose più importanti come lo stesso shark, nel senso di squalo, ha ammesso: «News of The World è l’1 per cento delle mie proprietà. Non potevo occuparmi di tutto quello che lì accadeva». Una brava persona, un motivo che spiega la chiusura, in minuti due, della testata ultracentenaria con annesso licenziamento di duecento dipendenti». La linea difensiva è evidente, «Rupert and James hanno cercato di buttare la palla in corner, secondo astuzia da repertorio e con un candore bastardo, tipico di chi sa tutto e finge di essere all’oscuro dello stesso. La colpa è degli altri. Le domande dei vari deputati della commissione Cultura, Media e Sport, hanno tolto il burka ai padroni del vapore, affumicati dai fatti, dalla montagna di sterline spese per tacitare o per pagare le sontuose spese legali anche a colpevoli, pentiti, giornalisti che con le intercettazioni illegali hanno fatto fortuna, propria (a parte la morte di mister Hoare o gli altri finiti in galera) e dell’editore. Ma costui, per l’appunto, ha dichiarato pubblicamente di non essere mai stato informato della vicenda se non a processo avviato e celebrato, se non con i documenti di Scotland Yard sul tavolo e ha anche avuto la faccia di squalo di negare la conoscenza di Alex Marunchak (da venticinque anni responsabile della edizione irlandese di News of The World) come se quell’identità appartenesse al custode di uno stabile di Colchester». In taglio basso spazio alle ripercussioni politiche. “Cameron tenta di salvarsi la pelle: andremo a fondo dello scandalo”. «Trema David Cameron. Il tabloid gate minaccia la sua poltrona. E ora arriva l’ultima gatta da pelare: il partito ha ammesso che forse l’ex vicedirettore del News of the World, Neil Wallis, avrebbe dato qualche “consiglio informale” a Andy Coulson, il portavoce del premier, poco prima delle elezioni. “Andremo a fondo dello scandalo”, ha detto anche Cameron nel tentativo di salvare la pelle. Ma i bookmaker scommettono sulle sue dimissioni già alla fine della settimana». 

Su IL MANIFESTO foto di apertura dedicata all’audizione di Murdoch vista attraverso diversi schermi sotto il titolo “Lo scoop in faccia” con riferimento al tentativo di tirare una torta in faccia a Rupert Murdoch fatta da un comico anarchico “scuse pubbliche ma niente assunzione di responsabilità per il vecchio Tycoon, mentre lo scandalo si allarga e traballa il premier Cameron” riassume il sommario che rinvia alle due pagine dedicate al tema, la 2 e la 3. Anche l’editoriale firmato da Tariq Ali è su quanto sta accadendo in Inghilterra “C’è del marcio in Gran Bretagna”. «Tutto il marciume della politica britannica è stato esposto alla pubblica vista nelle ultime settimane. Il più potente barone mediatico del paese è stato costretto dagli eventi a chiudere il suo profittevole foglio domenicale (…) Hanno esagerato, mettendo sotto controllo il cellulare della vittima di una vittima di omicidio e rubandone i messaggi, creando quindi l’impressione che fosse ancora viva. È stato questo a scatenare la ripulsa nazionale, gettando uno squarcio di luce sui politici e sul più alto grado della polizia nel paese. (…) È uno scandalo  molto britannico, del tipo che erutta all’improvviso e diventa subito una preoccupazione nazionale (…) L’impero dei Murdoch ha dominato la politica britannica dai tempi di Margareth Thatcher. Lei diede loro le televisioni via satellite e loro distrussero i sindacati della stampa, creando una cultura che glorificava le privatizzazioni, i dogmi del libero mercato, le guerre (tutti i quasi 300 giornali di Murdoch in ogni parte del mondo hanno supportato la guerra in Iraq) eccetera. (…)» e conclude «Ma se la lava politica di questo vulcanico scandalo continuerà a scorrere, il primo ministro britannico, oggi ferito dalle rivelazioni, non avrà altra scelta che gettarsi sulla sua spada. Ma non siamo ancora a questo punto. Nel frattempo il consenso trilaterale New Labour – Lib – Dem – Conservatori all’interno del parlamento non romperà con il neoliberismo e i suoi dogmi, che stanno devastando molti paesi europei. Questo è il problema che non se ne andrà, a differenza dell’impero mediatico di Murdoch». Nelle due pagine interne gli articoli che passano in rassegna i diversi aspetti dello scandalo dalla posizione dell’opposizione a Cameron “Ed Milliband non chiede la testa di Cameron «per ora»” fino all’articolo che passa i rassegnata “La rete degli sciacalli” con dodici nomi dei protagonisti. 

A Murdoch è dedicata la fotonotizia in prima pagina de IL SOLE 24 ORE, con un commento di Leonardo Maisano “La finta morale e lo squalo che fu”: «La Gran Bretagna, in questa vicenda, non ha niente da insegnare, anzi l’intreccio mima sempre più trame di potere ambigue, avvolte nell’ipocrisia, fenomeno carsico scandito, e in parte attenuato, dall’ossessione del formalismo e della procedure. Nessuna lezione di morale, intendiamoci, alla moralista Londra, ma il “metodo News of The World” è uscito, negli interrogatori di ieri di Murdoch senior e junior e della loro ex top manager Rebekah Brooks, ancor più netto. Una trama di “non ricordo”, “non spettava a me”, “non ne ero a conoscenza” inzuppata nella protervia e avvolta in scuse rituali, lascia irrisolti gli interrogativi sulle intercettazioni telefoniche, vicenda destinata a cambiare la percezione più diffusa della Gran Bretagna nel mondo. Il gruppo Murdoch ha goduto di appoggi vasti e da parte di tutto lo spettro parlamentare, per decenni, fino ad abbandonarsi alla sensazione di impunità che ha accecato il management giornalistico e non, e ha annebbiato l’autonomia della politica, (….)Non c’è dubbio che il network sociale ad alta tecnologia detti sempre più il ritmo degli eventi, a Londra come a Roma, a Washington come a Tripoli. In appena due settimane, si noterà, un impero editoriale sul ciglio di sparigliare il mondo dell’informazione globale con un progetto televisivo planetario (l’acquisizione di BskyB) si ritrova a dibattere – solo dibattere – la fine di se stesso. Vero, ma i tempi della politica inglese sono stati in forte distonia. Si nominano commissioni d’inchiesta, si invoca la riscrittura delle regole fra media e potere, si promette che si farà. Vedremo e ce lo auguriamo, ma per ora s’è scorto David Cameron muoversi al ritmo di Guttenberg, più che a quello di Google. Il prezzo, il premier britannico, potrebbe pagarlo molto presto con una crisi che nessuno esclude più».

ITALIA OGGI ha la sua verità “E’ Obama il vero nemico di Murdoch. Intercettazioni pretesto per una battaglia transatlantica” è il titolo dell’articolo di Luigi La porta che scrive. «Fra morti sospette,  arresti,  e dimissioni il caravanserraglio della stampa internazionale fa passare lo scandalo come intreccio di piccoli interessi, assunzioni compiacenti, vacanze prepagate e cenoni sontuosi, un bunga bunga dell’information system. In queste ore come si conviene in una guerra quando il nemico è sufficiente mene ammorbidito all’artiglierie, partono all’attacco le fanterie dal cuore dello schieramento nemico. Il New York Time è  all’offensiva contro Murdoch ed è il più accanito sostenitore di Hussein Barak Obama, bersaglio di Fox, emittente televisiva di Murdoch. Il NYT ha difeso assale cosa piuttosto imbarazzante a meno che come osservò Italia Oggi, Assange e il Dipartimento di Stato americano non siano sulla stessa sponda.  Qual è l’obiettivo? Il riposizionamento dell’informazione internazionale, quella che conta  è indispensabile perché regga la ricandidatura di Obama alle prossime presidenziali.  L’addomesticamento  di Fox-Murdoch è parte del pacchetto delle nuove relazioni fra Washington e Londra.  Una centrale  londinese di ricatti internazionali  è palese almeno dai tempi del “suicidio” -diagnosticato da Scotland Yard- di Roberto Calvi e della morte nel carcere di san Vittore di Gabrielle Cagliari». A pagina 18 Andrea Secchi  riporta le risposte di Murdch fra cui: «Sui rapporti con il premier Cameron, Murdoch  ha raccontato di essere stato invitato  dopo le elezioni e di essere passato dal retro non dall’ingresso principale. Lo stesso era accaduto  con Gordon Brown».

“Murdoch si piega, ma non lascia. A Londra giorno ad alta tensione” è il titolo del taglio medio sulla prima di AVVENIRE che rimanda alla doppia pagina (6 e 7) del Primo Piano. I servizi cominciano con una intervista a Charles Moore, biografo ufficiale della Tatcher ed ex direttore del Daily Telegraph che rivela: «Ho detto no al magnate: è un genio senza scrupoli. Nel passato c’era labitudine di corrompere qualche poliziotto per ottenere notizie. Ma ora è un sistema marcio che arriva ovunque». E su Cameron: «È stato sfrontato nel gestire le amicizie, ma probabilmente non ha violato la legge». Nella corrispondenza da Londra Elisabetta Del Soldato ricostruisce “Il giorno più umiliante” di Murdoch e ricorda che «un quarto dei portavoce della polizia veniva dai media dell’editore. Che cita anche Berlusconi come “concorrente difficile”». Il commento di AVVENIRE sulla vicenda in un boxino intitolato “Fulminea rivincita”: «Quella che è andata in scena ieri, in diretta tv è una rivincita. La fulminea rivincita della democrazia britannica, che aveva visto calpestati diritti fondamentali, primo fra tutti quello di non vedersi ricattata con gli stessi mezzi con i quali si può difendere: i media… Nel giro nemmeno di una settimana si è passati dallo scandalo agli arresti all’udienza pubblica. Sotto gli occhi di tutti. È raro, nel mondo, inimmaginabile nell’Italia dove si traparla di “processi brevi”. Ma a Londra è successo ancora».

LA STAMPA apre in prima col titolo “Il mio giorno più umiliante. Murdoch sotto tiro: non lascio”. Oltre la cronaca dell’audizione in tribunale raccontata da Andrea Malaguti spazio ai commenti. Bill Emmott firma “La trasparenza di uno scandalo”, «gli scandali inglesi, ora dovrebbe essere abbondantemente chiarito, funzionano in modo diverso da quelli italiani. In Italia gli scandali iniziano con una rivelazione apparentemente enorme ed enormi quantità di attenzione, ma poi diventano sempre più piccoli e l’attenzione svanisce. In Gran Bretagna è il contrario: i nostri scandali partono in sordina ed emergono lentamente, ma poi diventano sempre più grandi. E così non possiamo ancora prevedere quanto si allargherà ancora lo scandalo, ormai di ampia portata, che ha investito i giornali di Rupert Murdoch e la polizia di Londra. Quello che appare chiaro è che Rupert Murdoch, 80 anni, architetto e forza trainante del più grande gruppo mediatico del mondo, ieri ha interrotto la testimonianza del figlio James davanti alla commissione parlamentare ristretta per dire: «È il giorno più umiliante della mia vita». Non possiamo giudicare quanto fosse sincero quando l’ha detto. Ma possiamo dire che lui, la sua famiglia e la sua compagnia hanno sofferto sia una grande umiliazione sia un colpo mortale per il loro potere politico. E’ molto probabile che lo scandalo causerà anche un vero e prolungato danno commerciale». Il secondo commento invece è a cura di Vittorio Sabadin con il suo “Il connubio media-politica seppellito a Westminster”. «Messa in difficoltà dalle rivelazioni delle ultime settimane e dalle dimissioni del capo della polizia metropolitana, la politica ha rialzato la testa e ha processato l’uomo che più lusingava per ottenerne i favori. Come capita a ogni gigante ferito, Murdoch viene ora azzannato da quelli che ne avevano paura e dai vecchi amici che fanno finta di non conoscerlo. Tra questi c’è il primo ministro David Cameron, che ha certamente dimenticato l’estate del 2008, quando un jet privato lo portò nell’isola di Santorini per un meeting sul suo yacht. Pochi mesi dopo, i Conservatori cominciarono ad attaccare la Bbc, imponendole di non aumentare il canone e di fare “meglio con meno soldi” contro la tv dell’editore australiano. Murdoch si è servito della politica per anni e la politica si è servita di lui senza preoccuparsi troppo dei metodi che i giornali del gruppo usavano».
 
E inoltre sui giornali di oggi:

ECONOMIA
LA REPUBBLICA – Torna l’Irpef sulla prima casa: nella denuncia dei redditi 2014 la tassa sarà calcolata sul 20% della rendita catastale. Per 80 metri quadri pagheremo da 50 a 90 euro, a seconda della fascia di reddito. È l’effetto previsto dai tagli agli sconti fiscali. Nella stessa pagina un pezzo intitolato “Manovra, il no del fronte cattolico e Formigoni attacca Tremonti”. I ticket continuano ad animare il confronto tra regioni e governo e si alza la protesta dei cattolici. Famiglia cristiana definisce la manovra “macelleria sociale”.

IL MANIFESTO – “Le borse respirano, gli italiani no” titola a pagina 5 IL MANIFESTO nell’articolo che analizza quanto sta accadendo tra mercati, tagli e ticket, con una sottolineatura per la presa di posizione di Famiglia Cristiana, richiamata nel sommario “durissima: salvi i privilegi della casta, macelleria sociale per gli altri cittadini”. Nella stessa pagina prosegue l’articolo di Joseph Valevi, iniziato in prima pagina dal titolo “L’inevitabile impoverimento”: «L’austerità finanziaria votata dal Parlamento venerdì 15 luglio sancisce l’impoverimento assoluto, non relativo, cui viene soggetta la grande maggioranza della popolazione italiana almeno da quando il passaggio all’euro ha comportato una massiccia redistribuzione del reddito a favore degli strati più ricchi. L’Italia si situa ormai in una dimensione che va oltre la crisi in corso. Solo un utopistico boom europeo, da anni Sessanta per intenderci, può arrestare l’immiserimento continuo (…)» si parte dalla manovra di Giuliano Amato del 1992 per analizzare la situazione e la linea seguita dalla politica economica fino a oggi per concludere «L’Italia era quindi un vaso di coccio pieno di crepe, non di ghiaccio come la torrida Grecia, già prima della crisi del 2008. È in quest’ottica che bisogna capire perché l’obiettivo di pareggiare il bilancio per il 2014 – anticipando la stessa Germania che entrerà in anoressia solo nel 2006 – significa l’impoverimento assoluto del popolo senza la possibilità di uscire dalla crisi».

GOVERNO
IL MANIFESTO – Taglio medio in prima pagina per le difficoltà che agitano  la maggioranza “Rifiuti e Papa, la Lega spacca la maggioranza”. «A Montecitorio la destra non regge alla prova del decreto rifiuti, che probabilmente oggi sarà ritirato. La Lega punta i piedi: per accogliere la spazzatura dalla Campania le altre regioni dovranno dare il nulla osta. Si prova a riportare il testo in commissione, ma la maggioranza va sotto per sei voti. Alla fine si ottiene il rinvio della discussione a questa mattina (…) Ma ogni giorno ha la sua pena e oggi alla camera si voterà sul deputato Alfonso Papa. Sì al suo arresto, dice il capogruppo del Carroccio Marco Reguzzoni, ma i deputati avranno “libertà di coscienza”. E il Pd punta al voto segreto» si legge in prima. Accanto il richiamo alla crisi rifiuti di Napoli “«Pronti a fare da soli, il decreto non serve più» La rabbia della giunta De Magistris. Nuovi roghi”, entrambi gli argomenti sono a pagina 7 dove l’apertura è “Maggioranza nel cassonetto”
 
CARESTIA
AVVENIRE – “Fame, chi risponde?” strilla oggi riprendendo l’appello di Benedetto XVI per la Somalia e sottolineando anche la «Sostanziale inerzia di fronte al dramma della carestia che nel Corno d’Africa minaccia quasi 11 milioni di persone mentre arrivano altri tagli alle ong: nel nuovo decreto sulle missioni internazionali appena l’1,5% ai cooperanti». Di “quattro conti e qualche pensiero” ragiona anche Fulvio Scaglione nell’editoriale sull’emergenza umanitaria, dove ricorda che «C’è una sola “organizzazione” che riesce sempre a muoversi con passione ed efficienza, precisione e generosità: la Chiesa…». A pagina 4 l’inchiesta sul “Volontariato internazionale al capolinea” riporta la denuncia di Olivero «Si smantella un sistema che dà prestigio all’Italia» e di Marelli del Focsiv: «Si tarpano le ali ai giovani che vogliono impegnarsi». Infine il quotidiano cattolico parla dell’appello per la Somalia, tra “imbarazzi e silenzi laici” a cui rispondono invece alcuni artisti e intellettuali, da Piero Angela a Emanuele Severino e Margherita Hack. 

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