Sono in molti ad interrogarsi sull’effettiva sincerità del presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe rieletto per l’ennesima volta con un “voto farsa” lo scorso 27 giugno. Oggi, ad esempio, ha avuto l’ardire di presentarsi in parlamento per inaugurare la nuova legislatura in una cerimonia a cui hanno partecipato anche i deputati del Movimento per il cambiamento democratico (Mcd), malgrado in precedenza avessero annunciato di volerla disertare. “You killed our people, we won’t forget that” (“Hai ucciso la nostra gente, non lo dimenticheremo!”) hanno urlato a squarcia gola i rappresentanti dell’opposizione, mentre Mugabe, senza batter ciglio, si diceva fiducioso sulla risoluzione della crisi politica in corso, dichiarando che “storici accordi si sono conclusi, e l’aspettativa è che tutti li firmeranno”. Insomma una vera e propria provocazione nei confronti degli avversari politici ai quali pretende di dettare le condizioni per un’intesa. Dulcis in fundo, come se non bastasse, al termine della cerimonia, tre deputati dell’opposizione sono stati arrestati con accuse come al solito inventate di sana pianta. Considerando che ieri altri due parlamentari erano finiti in manette, lo scenario politico-istituzionale è sempre più inquietante. I deputati del Mcd rimangono giustamente convinti che Mugabe non fosse autorizzato ad inaugurare la nuova legislatura in quanto le trattative con il regime -in stallo dallo scorso 12 agosto – sul governo di unità nazionale non hanno finora prodotto nessun risultato concreto. Dopo questa seduta il Parlamento si aggiorna ad ottobre, con la speranza che nel frattempo le parti trovino un accordo sulla leadership dell’auspicato governo di unità nazionale. La verità è che se non si perverrà in tempi rapidi ad un accordo, il rischio che corre lo Zimbabwe è quello di una vera e propria guerra civile. Una cosa è certa: Mugabe è stato l’eroe della guerra di liberazione, ma ha drammaticamente fallito nel riscattare il proprio Paese dal colonialismo. La riforma agraria promessa all’indomani dell’indipendenza non è stata mai varata e si è poi risolta, come tutti sanno, con gli espropri violenti dei terreni senza che vi fosse un’equa ri-distribuzione in grado di garantire le attività produttive. Così mentre prima dalle “farms” si esportava di tutto, dai cereali al cotone, dal tabacco ai fiori, ora quelle terre sono diventate terreni incolti e la gente fa la fame. La lunga permanenza al potere di Mugabe ha trasformato questo ex ribelle in un despota sempre più autoritario, che pensava di celare gli errori commessi con gli espropri delle terre. La questione della terra è stata di fatto presa a pretesto dal presidente per ottenere il consenso popolare delle masse, che però ormai non credono più nel suo carisma e che richiedono a gran voce l’alternanza al potere.
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