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Msf: In Siria è urgente più aiuto umanitario

Intervista a Loris De Filippi, presidente di Medici senza frontiere Italia, l'unica ong presente in modo continuo nel paese dilaniato dalla guerra civile. "Le condizioni sanitarie sono disastrose, dobbiamo tutti rimboccarci le maniche"

di Daniele Biella

“La situazione in Siria è di una drammaticità assoluta. Tutti dobbiamo fare qualcosa di più: l’Onu, le ong, ogni cittadino”. È senza riserve la denuncia di Loris De Filippi, presidente della sezione italiana di Msf, Medici senza frontiere, che ha visto con i propri occhi l’inferno a cui deve sottostare la popolazione siriana oggi, in preda a una guerra civile che, a due anni dall’avvio, non vede una soluzione a breve. Msf, che riceve fondi solo da privati per lavorare in modo indipendente, "è presente sul campo in quattro regioni controllate dai vari gruppi dei guerriglieri (vedi l’ottima mappa con cifre aggiornate, in allegato, ndr) mentre per ora, nonostante i tentativi diplomatici, non opera nei luoghi filogovernativi", è l’unica ong che attualmente ha una presenza fissa nel paese: “250 persone tra stranieri e siriani che ha realizzato 2.095 interventi chirurgici, più di 37.400 visite mediche, oltre 8.500 vaccinazioni , 120 parti al mese nelle zone di Idlib e Aleppo e ha distribuito 166 tonnellate di materiali medici, garantendo assistenza medica ai rifugiati siriani in Libano, Giordania, Turchia e Iraq”, spiega De Filippi, che Vita.it ha raggiunto proprio nei giorni in cui Usa e Russia tentano la via di una Conferenza di pace alla presenza, per ora non confermata, sia del regime di Assad che dei ribelli del Fsa, Free syrian, army, l’esercito siriano libero, e mentre l’Unione europea, con una scelta che fa discutere, ha revocato l’embargo all’invio di armi alle forze antigovernative.

E’ possibile fermare quanto sta accadendo oggi in Siria?
Bisogna stabilire priorità urgenti, prima fra tutte una maggior presenza internazionale nel paese. Le condizioni peggiorano di ora in ora, ma ci sono zone in cui si può operare, come testimonia la nostra permanenza e i numeri di quello che facciamo nelle quattro zone del Nord, in cui abbiamo cinque ospedali e decine di convogli sanitari mobili. L’Onu deve entrare nel paese con i programmi umanitari, e fare presto, e lo stesso vale per le organizzazioni non governative: sei mesi fa la credibilità internazionale era alta, oggi la popolazione è scoraggiata, tende a fare da sé e non avere più fiducia in un aiuto esterno, con tutte le conseguenze del caso. Il fatto tragico è che le condizioni di vita hanno superato ogni limite accettabile.

Quali le maggiori emergenze?
La salute materno-infantile è quasi del tutto lasciata a sé. Centinaia di migliaia di bambini non ricevono vaccinazione da due anni, le patologie croniche imperversano, e a livello di sanità mentale c’è un aggravamento senza precedenti, causato dallo stress delle bombe e degli spari. È saltata ogni rete sociale, il sistema sanitario nazionale non c’è più, i disturbi alimentari sono diffusi ovunque, mancando l’energia elettrica i cibi non si conservano. E non c’è limite al peggio: con l’arrivo dell’estate, la scarsa potabilizzazione dell’acqua in tutto il Nord provocherà patologie certe a tutta la popolazione. Mi rendo conto che si tratta di un quadro generale davvero catastrofico, ma questa è la realtà.

In Italia la guerra siriana non ‘buca’ più i teleschermi. Cosa possono fare i cittadini in questo momento?
Chiamare o scrivere alle televisioni, ai giornali. Partecipare alle campagne, a ogni azione utile a far parlare di quanto sta accadendo. Sensibilizzare le stesse ong ad avere la forza d’animo per portare aiuto umanitario nel paese. Ancora più del supporto economico, serve quello mediatico, perché è aprendo gli occhi sulle sofferenze della gente comune che qualcosa può cambiare in questo momento di stallo internazionale.


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