Non profit
Mr. Emendamento alla conquista del superwelfare
Chi è Giancarlo Giorgetti
Maroni, Brambilla, Giorgetti. Quando nel pomeriggio del 14 maggio scorso, il totoministri ha cominciato a sparare nomi, quello di Giancarlo Giorgetti da Cazzago Brabbia (Varese), è uscito subito. Non senza provocare sconcerto fra i cronisti politici. Ci vogliono infatti i ?legologi?, i giornalisti che seguono da anni il Carroccio, per spiegare il perché questo ragazzone di 1 metro e 90, bocconiano di ferro e dirigente leghista che preferisce il low profile allo schiamazzo politico, sia insistentemente nelle grazie di Umberto Bossi.
Vita è andata a cercarsi una fonte interna alla Lega, che per questo preferisce restare anonima, per capire come mai, salvo sorprese dell?ultima ora, questo trentacinquenne dovrebbe sedere in cima ad un superdicastero come quello del Lavoro e del Welfare. Perché mai, il senatur si ostina a rilanciare sul piatto questo nome, Giorgetti, ad ogni giro di consultazioni fra gli alleati? «Semplice», risponde il nostro interlocutore, «perché è un lavoratore instancabile, un tecnico competente, un politico fedele e affidabile». Più che lavoratore, il Giorgetti è un culo di pietra: in cinque anni ha presentato 15 progetti di legge, 139 interrogazioni, 4 risoluzioni, 28 ordini del giorno. «Uno che a Roma, mangia al ristorante della Camera e non tira tardi nelle osterie romane come certi suoi colleghi», spiega il nostro consulente leghista.
Nella scorsa legislatura ha fatto in pratica il controrelatore ad ogni Finanziaria. «Ma non con i proclami alla Pagliarini», ricorda, «ma con ore e ore di lavoro, di calcoli, di ricerche esasperate nelle pieghe dei testi». Già perché Giorgetti, approdato «al movimento» come dice lui, nel ?92, è stato subito valorizzato per le sue competenze tecniche di commercialista. E quando in aula prendeva la parola, il ministro del Bilancio di turno cominciava ad agitarsi.
«Non è solo un primo della classe, ma un politico sveglio», avverte il suo biografo non autorizzato, «uno che, due anni fa, ha saputo barattare l?opposizione strenua del Carroccio su alcuni emendamenti con la defiscalizzazione della benzina delle zone frontaliere lombarde, che ha bloccato l?andirivieni con la Svizzera per fare il pieno». Mossa, per la quale migliaia di suoi concittadini, benzinai e non, gli sono ancora grati.
Così come gli sono riconoscenti i padri certosini dell?abbazia di Farneta (Lucca), fra cui un suo cugino di primo grado: vessati da 85 milioni di tasse annue, i monaci si erano rivolti a lui. E Giorgetti, il professionista dell?emendamento, aveva fatto giustizia: dalla scorsa finanziaria anche i conventi di clausura, come gli altri edifici di culto, sono esenti Irpeg.
In attesa di fare il ministro, Giorgetti ha ripreso a fare il deputato: nei primi giorni di legislatura, ha ripresentato una dozzina di progetti di legge ai quali aveva lavorato nei cinque anni precedenti. Oltre ad una norma ?per agevolare la fruizione dei servizi pubblici alle persone di altezza superiore al metro e ottantacinque? – che nasce dalle sofferenze dei seggiolini aerei sulla tratta Milano-Roma – Giorgetti ha già proposto ai colleghi leggi sulla procreazione medicalmente assistita (per negarla alle coppie di fatto), sulla famiglia (per sottrarla agli eccessi del fisco), sulle onlus (per estendere la norma alle scuole materne private), sulle fondazioni bancarie (per dare maggior peso agli enti locali).
Porta la sua firma anche un provvedimento per favorire ?l?immigrazione di ritorno?, vale a dire quella dei discendenti degli italiani emigrati un secolo fa: «Tali ingressi», scrive Giorgetti nell?introduzione, «infatti, creerebbero, inevitabilmente, minori problemi da un punto di vista dell’inserimento sociale, in quanto i cittadini stranieri di origine italiana sicuramente non incontrano gli stessi problemi di integrazione socio-culturale dei tanti immigrati portatori di culture e tradizioni diverse dalla nostra». Soft, ma pur sempre bossiano. «Attenzione», ricorda la nostra camicia verde, «?il Giancarlo? è appassionato ma non è mai stato un esaltato».
A differenza di tanti protoleghisti, da Borghezio a Speroni, lui non si è mai fatto coinvolgere nel folclore politico del Carroccio: niente insulti al tricolore, niente piazzate razziste, niente eccessi. I vari giudici che, come il veronese Papalia, a Bossi e compagni non ne ha perdonata una, (Pagliarini, ad esempio, ha un paio di richieste di autorizzazioni a procedere pendenti), su Giorgetti non hanno avuto mai nulla da dire. E in compenso, ha dimostrato tutta la sua abilità nel navigare nei mari spesso impetuosi della Lega, andando a pacificare la rissosa federazione di Varese, tanto cara al senatur.
Giovane moderato o politico furbo? Per gli industriali varesotti che lo guardano con simpatia, sono buone entrambe le definizioni. Il sindaco di Cazzago – il ?dottorino? figlio del capo dei pescatori del Lago di Varese, cattolico «come tutti da quelle parti» – è una garanzia contro gli estremisti che spingono per riportare il Carroccio sull?aventino.
Lui, il delfino che Bossi ha collocato in tutti i consigli d?amministrazione della galassia leghista (Padania in primis), lui che va ad attaccare personalmente i manifesti elettorali (è successo anche nell?ultima campagna), cresce. Innamorato delle devolution, l?idea che nove anni fa, lo portò sotto le insegne padane. Su di lui il senatur scommette per far risorgere il Sole delle Alpi.
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